di Filippo Tosatto. In questi giorni chi fa capolino nell’ambulatorio di un medico di famiglia è accolto, quasi sempre, da un manifesto dal titolo esplicito: No alla truffa nella sanità del Veneto.
A firmarlo è la Fimmg, l’associazione che raccoglie il 78% dei camici bianchi “generalisti” impegnati in uno scontro senza precedenti con la Regione, accusata di mentire circa le risorse disponibili per la medicina integrata di gruppo, cioè il circuito di assistenza e cura sul territorio alternativo al ricovero e complementare alla politica di de-ospedalizzazione in atto. E nel crescendo polemico, culminato nello stato d’agitazione della categoria, c’è un argomento che fa letteralmente infuriare i medici, quello che allude alla loro condizione privilegiata: 15 ore settimanali per contratto e compensi fino a 180 mila euro annui, è la vulgata. «Frottole, calunnie, se proprio volete saperlo, gli unici medici che si avvicinano a queste somme sono gli amici vicentini del segretario Mantoan: con noi fa la voce grossa, con loro allarga i cordoni della borsa», sbotta Domenico Crisarà, vicesegretario regionale della Fimmg, un tipo che non le manda a dire. Ma è proprio vero? Ebbene, la risposta è sì. Domenico Mantoan, il top manager della sanità di palazzo Balbi, abita a Brendola, piccolo centro inserito nell’Ulss 5-Arzignano, della quale in passato è stato il direttore generale. Ecco, proprio i quattro medici di famiglia di Brendola (Giorgio Castegnaro, Vittorio Fantuz, Giovanna Stefani, Giuseppe Visonà) per primi nel Veneto si sono costituiti in Utap, l’unità di medicina di gruppo, garantendo otto ore di prestazioni per cinque giorni la settimana secondo le esigenze di volta in volta indicate dall’azienda sanitaria: ciò assicura loro un “premio” di 15 mila euro (lordi) annuali che ne innalza il reddito (lordo) a circa 160 mila euro. Un record nel Veneto e un risultato in assoluto ragguardevole in Italia. Ma cosa determina tanta munificenza da parte di un “mastino” qual è ritenuto Mantoan, diretto ispiratore della sperimentazione? Il criterio esclusivo è quello della convenienza per l’azienda pubblica, cioè del risparmio di risorse garantito dall’«appropriatezza di prescrizioni» del pool in relazione a quattro capitoli cruciali: pronto soccorso, prestazioni, ricoveri, consumo di farmaci. Le cifre. Nel primo semestre dell’anno il quartetto – i cui assistiti variano da 1379 a 1593 unità – ha ridotto gli accessi al pronto soccorso (triage bianco) dei propri pazienti del 17,13% rispetto alla media dell’Ulss di riferimento. La dinamica si accentua sul versante prestazioni specialistiche (screening esclusi) con una flessione pari al 22,8%. Analogamente, i ricoveri ospedalieri segnano un -14,93% ma l’inversione di tendenza più vistosa e redditizia è quella che investe la spesa farmaceutica, scesa del 24,93%. Né si tratta di un’isoletta felice. Il medesimo modello si ripropone in altri bacini del Vicentino, fino a coinvolgere il 20% dei medici di base. Secondo stime attendibili, il vantaggio economico della sanità pubblica – in termini di riduzione degli sprechi – è pari a dieci volte l’incentivo concesso. E i pazienti? In un Paese civile, en passant, la tutela della salute ha la priorità sui quattrini… «Sono i più felici del Veneto», replica Mantoan con l’abituale sorriso volpino.
Il Mattino di Padova – 3 novembre 2013