È il giorno della Nadef, la nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza che arriverà in Consiglio dei ministri l’ultimo giorno utile. Un po’ tutti gli occhi della politica – e non solo – sono puntati lì, su quel testo che definirà i paletti entro cui il governo Meloni si dovrà muovere per scrivere la prossima legge di Bilancio. Dopo settimane di annunci e voci aggiunte a un’ipotetica lista della spesa del centrodestra, fatta di misure bandiera più o meno realizzabili, da giorni il Mef di Giancarlo Giorgetti predica prudenza: prima bisogna vedere quanti soldi ci sono nella Nadef, poi si può discutere delle misure.
La Nadef è, di fatto, il primo passo per la scrittura della manovra economica. Si tratta di un aggiornamento del Def, presentato in primavera, con stime aggiornate e più attendibili. Nel testo vengono anche rivisti gli obiettivi programmatici, alla luce di un quadro macroeconomico aggiornato. Tutto dipende da una serie di fattori, come la crescita e il deficit, sotto la lente di ingrandimento della Commissione europea, che vigila come sempre sulla situazione economica dei vari Paesi. In questo senso, sarà fondamentale mantenere l’asticella del deficit sotto al 4%.
La prima misura in lista, che il governo spera di finanziare sbloccando 4,5 miliardi che arrivano proprio dall’extra-deficit, è il rinnovo del taglio del cuneo contributivo che confermerebbe l’aumento di stipendio per milioni di italiani anche il prossimo anno. È un provvedimento vitale per il governo Meloni, che al di là delle promesse non può permettersi di tornare indietro e sgonfiare le buste paga di gran parte dei lavoratori dipendenti. Per sapere la portata totale della manovra bisognerà aspettare ancora qualche ora, poi, con l’approvazione della Nadef, sarà tutto più chiaro. Dalle pensioni agli aiuti alle famiglie, starà al governo trovare la quadra per fare tutto ciò che ha promesso.
L’economia cresce meno del previsto.
Ma almeno il fardello del Superbonus scaricherà tutti i suoi effetti sul 2023. E’ con queste premesse che il governo lima le stime sul deficit 2024 e quindi la base di partenza della prossima manovra di bilancio. Tutti i numeri saranno nero su bianco nella Nota di aggiornamento al Def attesa domani in consiglio dei ministri. Ma la direzione in cui si lavora punterebbe a ricavare proprio dalla leva del deficit un tesoretto che potrebbe aggirarsi anche sugli 8-10 miliardi. Per chiudere la stesura della Nadef il governo attendeva solo un ultimo tassello. Il verdetto di Eurostat sul Superbonus, che è arrivato in tarda mattinata. I crediti fiscali relativi a quest’anno vanno classificati “come ‘pagabili’ nel 2023”: ciò significa che l’impatto sul deficit dei bonus attivati nel 2023 sarà solo sul 2023. Una notizia positiva, se si considera che quest’anno è ancora salvo dai vincoli delle regole europee. L’altra variabile da considerare è l’andamento dell’economia, che si è rivelata meno positiva del previsto, sia per quest’anno che per il prossimo.
Tanto che nella Nadef il governo si appresta a fissare per il 2023 un Pil in crescita solo dello 0,8%, rivedendo al ribasso il +1% indicato ad aprile nel Def. Per il 2024 il dato tendenziale, ovvero la base di partenza per calcolare la stima del Pil programmatico, si aggirerebbe invece intorno all’1% dall’1,4% stimato nel Def. E così, anche alla luce della decisione di Eurostat, l’indebitamento 2023 potrebbe aumentare verso il 5-6%, rispetto al 4,5% indicato ad aprile. Ma è sul deficit del 2024 che si concentrano le attese, perché è da lì che si capirà la dimensione che assumerà la prima vera legge di bilancio dell’esecutivo. L’orientamento sarebbe di alzare l’asticella sia del dato tendenziale che del programmatico, che ad aprile erano stimati rispettivamente al 3,5 e 3,7%.
Si ragionerebbe su un deficit tendenziale al 3,7-3,8% e un programmatico al 4,2-4,3%: questo aprirebbe uno spazio in deficit di 0,4-0,5 punti percentuali, ovvero risorse per circa 8-10 miliardi da destinare in primis al tagio del cuneo fiscale. Osservato speciale è anche il debito, cui guarda con attenzione il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, preoccupato per l’effetto della stretta sui tassi e i 14-15 miliardi di interessi tolti alle possibili risorse per il prossimo anno. L’obiettivo è proseguire sul sentiero di riduzione: il percorso indicato dal Def passa da un debito al 142,1% del Pil nel 20213 al 141,4% nel 2024, per poi scendere al 140,9% nel 2025. La cornice della Nadef è solo il punto di partenza per la manovra 2024. Ora parte una corsa che in poco meno di un mese dovrà portare la legge di bilancio in Parlamento. Si guarda ad una manovra leggera rispetto agli anni passati: la base di partenza sarebbe di 20 miliardi, che potrebbero arrivare a 22-23. Oltre al tesoretto in deficit la caccia alle risorse è ad ampio raggio.
Si va dalla tassa sugli extraprofitti delle banche, che secondo gli analisti potrebbe dare un incasso di 1,5-2,2 miliardi, fino al Lotto, con la possibilità di una nuova gara per assegnarne la gestione che potrebbe far arrivare in cassa fino a 800 milioni. Si guarda anche alla riforma del fisco, dalla potatura delle tax expenditure che potrebbe garantire risorse fino ad 1 miliardo, al concordato preventivo biennale. Non si escludono nuove privatizzazioni, mentre rispunta l’idea di qualche condono edilizio. La spending garantirà 300 milioni. C’è poi da valutare la sorte di plastic e sugar tax, pensate nel 2019 ma sempre rinviate: se si decidesse di farle scattare, sarebbero un incasso, altrimenti finiranno alla voce costi. La mole delle risorse consentirà di definire meglio il menù delle misure, dove al momento sono sicuri il taglio del cuneo fiscale e le misure per la natalità e le famiglie: per tutto il resto, dalle pensioni alla sanità, dalla riduzione delle aliquote Irpef alla detassazione delle tredicesime, fino all’una tantum per la p.a, c’è quindi da attendere.
continua su: https://www.fanpage.it/politica/cose-la-nadef-e-perche-e-fondamentale-per-capire-che-manovra-fara-il-governo-meloni/
https://www.fanpage.it/