di Luciano Fassari, Quotidiano sanità . Spentisi i riflettori sulla pandemia (anche se nell’ultima settimana ci sono stati oltre 160 mila casi e quasi 500 morti e l’arrivo dell’inverno rappresenta un’incognita come le nuove varianti) la sanità sembra destinata inevitabilmente a tornare in fondo all’agenda politica del Governo
La Nadef, come ricordato anche dal presidente del Consiglio, Giorgia Meloni è propedeutica alla Legge di Bilancio e per quanto riguarda la sanità non è lecito aspettarsi nessun nuovo incremento oltre ai 2 mld in più già previsti. Spentisi i riflettori sulla pandemia (anche se nell’ultima settimana ci sono stati oltre 160 mila casi e quasi 500 morti e l’arrivo dell’inverno climatico rappresenta un’incognita come le nuove varianti) quindi la sanità sembra destinata inevitabilmente a tornare in fondo all’agenda politica del Governo.
Sarò curioso vedere ora cosa diranno le Regioni che in gran parte sono governate dal centrodestra e che però nel loro primo elenco di priorità inviato al Governo avevano come primo punto la richiesta velata di nuovi fondi (erano già spaventate dalla Nadef di Draghi, figurarsi dopo quella Meloni).
Risorse in più che ai presidenti servono a far fronte alla carenza di professionisti (gli ospedali sono in affanno e il territorio rischia di rimanere deserto in barba ai soldi del Pnrr) e anche perché il caro energia e il conseguente aumento dell’inflazione (mai così alta in questo millennio) unito al mancato ristoro delle spese sostenute durante gli anni duri della pandemia sta mettendo a dura prova la tenuta dei bilanci anche di quelle Regioni che sono sempre state virtuose. Si potranno trovare nuovi artifizi (non ultimo il payback sui dispositivi medici) e qualche risorsa per il caro energia ma è chiaro che la Nadef disegna un triennio di stasi economico per il settore sanitario.
Il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, nelle sue prime uscite ha posto tra le sue priorità l’aumento degli stipendi per il personale sanitario e iniziative per frenarne la carenza, la valorizzazione di medici di famiglia e farmacie, il recupero delle prestazioni inevase durante la pandemia e la ripresa del tema della prevenzione a partire dagli screening.
Ecco partendo dal personale per quanto riguarda i contratti servono risorse (bisognerà vedere in questo senso le scelte anche a livello di tutta la contrattazione pubblica). Per frenare la carenza di personale servono soldi anche solo per limare (per il territorio una limatura di 1 mld c’è stata) o addirittura (pare impossibile) eliminare il tetto di spesa sul personale. Per quanto concerne l’idea di un’indennità per chi lavora nell’emergenza già lo scorso Governo stanziò 90 mln (a valere sul Fondo sanitario e quindi non aggiuntivi) per il personale del Pronto soccorso, ma è chiaro che non sono quei soldi a invogliare ad andarci a lavorare.
Sui medici di famiglia la partita è ampia anche perché bisognerà capire che fine faranno le Case della Comunità (previste da Pnrr e Dm 77) su cui il Ministro ha annunciato una riflessione anche se dal sottosegretario Gemmato è arrivata una sonora bocciatura. E poi c’è tutta la nuova convenzione da giocare. Per quanto riguarda il recupero delle liste d’attesa Speranza mise sul piatto un miliardo ma visti anche gli ultimi dati Agenas praticamente tutte le Regioni faticano a tornare ai livelli del numero di prestazioni ante Covid ed inevitabilmente i tempi di attesa ne continuano a risentire.
Certo, per ottenere nuove risorse si potrebbe pure optare per una nuova stagione di spending review (intanto dovrà farla al Ministero visto il nuovo Dpcm appena varato che taglia circa 30 mln nei prossimi 3 anni) ma oltre ad aver visto la mannaia per oltre un decennio la sanità è uno dei settori pubblici più controllati e praticamente si è raggiunto quasi il fondo del barile negli ultimi anni anche se gli sprechi ci sono sempre.
Una sfida veramente ardua per il Ministro che se vorrà ottenere qualcosa di concreto (visto che non potrà usare l’arma del ricatto politico non avendo alle spalle un partito) dovrà costruire alleanze in primis con le Regioni e con gli stakeholder di settore. Schillaci come ha già dichiarato non vede l’ora di guardare oltre la pandemia ma vista la Nadef servirà ben più di una luce di una torcia per uscire da questo nuovo tunnel in cui la sanità pubblica si appresta ad entrare e la cui uscita rischia di avere un solo traguardo: l’erosione del Ssn.
Luciano Fassari