Quanto agli spazi, si tratta di sette sale, otto nicchie e un salone con teatro anatomico vesaliano. Un percorso che mette al centro il visitatore, che può attivare le tecnologie nascoste e silenziose, che fanno parte dell’ambiente: 35 computer, 15 workstation, 28 monitor, 24 proiettori, 12 sistemi multitouch e 32 sensori.
Sia al piano terra che al primo, si è accompagnati dai geni del passato. Attori recitano la parte di Giovanni Battista Da Monte, di Vesalio e Santorio Santorio, e accompagnano i visitatori. Si attivano «bussando» con un battente di metallo; si fanno sentire, e vedere, da schermi di grandi dimensioni.
Ieri pomeriggio è stato inaugurato il Musme, museo di storia della medicina e della salute in Padova. Ci sono voluti anni, ma alla fine l’obiettivo è stato raggiunto. Si sono alternati, a questo fine, tre presidenti della Provincia: Vittorio Casarin, Barbara Degani e Enoch Soranzo, che ieri ha fatto gli onori di casa. Insieme a Francesco Peghin, ex presidente di Confindustria Padova e ora al vertice della Fondazione che (dal 2008; ma un progetto c’era già da anni) guida il museo, e di cui fanno parte la Provincia, il comune e l’università di Padova, nonché l’azienda ospedaliera, l’Usl 16 e la Regione.
Con una certa spesa (6,88 milioni di euro per la ristrutturazione; 800mila per lavori su pertinenze esterne; 900mila per l’allestimento. Ha contribuito anche la fondazione Cariparo; ma, per lo più, è la Provincia che ha aperto il portafoglio) si è dato vita a un museo interattivo, didattico e multimediale «che tuttavia risponde – ha affermato il presidente del comitato scientifico della fondazione Vincenzo Milanesi, ex rettore del Bo – alle domande classiche del paradigma meccanicistico: come è fatto il corpo umano? Come funziona? Come si guasta? Come si aggiusta?». Che corrispondono a branche della scienza medica, note come anatomia, fisiologia, patologia e terapia.
Nel percorso è possibile ascoltare suoni, del cuore e dei polmoni; osservare agenti patogeni, come microbi e batteri; e altro. Si possono consultare libri antichi e dare un’occhiata a strumenti di dissezione d’altri tempi. Chi vuole, può farsi un selfie con uno scheletro. Quanto al teatro anatomico, spicca un modello di corpo umano di oltre otto metri, con apparati e organi che si illuminano a scopo didattico.
La location è molto suggestiva. Si tratta del complesso monumentale dell’antico ospedale San Francesco, costruito nel 1414 e finanziato, con mezzi propri, da Baldo dei Bonafari e Sibilia de Cetto. La struttura fu attiva sino al 29 marzo del 1798, quando fu sostituita da altra fuori della porta di Ponte Corvo, nella vecchia sede del convento dei Gesuiti. Prima della soppressione, aveva contribuito alla grandezza storica dell’ateneo. Erano i tempi in cui Padova era come l’Harvard dei tempi nostri: sinonimo stesso di università e ricerca.
«Nell’ospedale si trasferivano nella pratica gli insegnamenti teorici impartiti dai grandi docenti del tempo», ha commentato il rettore del Bo, Giuseppe Zaccaria. E qui si potrebbero snocciolare decine di nomi: si pensi, appunto, a Santorio, Vesalio, Da Monte; ma dopo, anche Girolamo Fabrici d’Acquapendente, Gabriele Falloppio, William Harvey. Secondo molti studiosi, la rivoluzione scientifica è nata a Padova. E non solo per merito di Galileo Galilei. Comunque sia, oggi le cose non stanno più così: Qs world university rankings pone Padova al 262esimo posto, insieme alla Universidad de Los Andes (per Arwu, dopo il 151esimo posto).
Ma tornando al museo, ci sono grandi aspettative. «Insieme al nuovo orto botanico e a palazzo cavalli, costituirà una grande attrattiva per i turisti, a beneficio del territorio». Nel museo, tuttavia, non c’è una riga in inglese. «Provvederemo subito» ha fatto sapere Soranzo. Per il pubblico, il museo apre oggi e domani. Costo biglietto, 5 euro. Nel chiostro, la Croce Verde esporrà mezzi di soccorso storici, e saranno presenti associazioni di Pet-therapy con animali.
Marco de’ Francesco – Corriere del Veneto – 7 giugno 2015