Proseguono le inchieste di ItaliaOggi sul sistema delle quote latte e sulle relative multe. E si scopre che una missiva della Commissione europea sconfessa il vecchio meccanismo italiano di restituzione. L’Italia ha sbagliato le compensazioni sulle quote latte fino al 2002/2003. Le quote assegnate, ma non prodotte, dovevano essere redistribuite in misura paritaria tra i produttori che superavano, di volta in volta, le quote individuali assegnate. E la compensazione poteva avvenire solo a condizione che il prelievo supplementare (cioè la multa a chi ha splafonato, ndr) fosse stato effettivamente versato ad Agea. Così, in caso di eventuale superamento successivo della quota nazionale assegnata da Bruxelles all’Italia, le multe sarebbero dovute ricadere su tutti gli splafonatori.
In base a contributi che lo stesso stato avrebbe dovuto fissare. Ma lo stato italiano non ha rispettato i precetti della commissione europea tout court. E per alcune categorie di allevatori ha scelto una via alternativa di compensazione, «ordinando» ai primi acquirenti di latte di restituire il prelievo supplementare riscosso, cioè l’importo delle trattenute fatte a questi produttori durante il periodo di commercializzazione, per aver sforato la quota individuale assegnata. Queste somme, questi prelievi supplementari, queste multe che dir si voglia, dunque, non sono mai arrivate nelle casse Aima-Agea.
Ma sono tornate al 100% nelle tasche di alcuni splafonatori agevolati dalla legge. Si tratta in sostanza di allevatori che operano in zone svantaggiate e in zone montane; allevatori a cui la legge 118/1999 considerava prioritario ripartire le compensazioni, per alleviarne il gap competitivo strutturale. Fatto sta, che anche questa compensazione/restituzione sarebbe dovuta avvenire solo dopo che questi allevatori avessero pagato per intero le loro multe ad Agea. Così non è stato. E al momento del superamento della quota nazionale, il costo del prelievo supplementare è ricaduto tutto sulla testa degli splafonatori, che non risiedevano nelle aree svantaggiate.
Il vulnus emerge da uno scambio di lettere tra l’allora capo dipartimento del ministero delle politiche agricole, attuale ministro, Mario Catania e l’allora direttore della dg agricoltura e sviluppo rurale della commissione europea, Jean-Luc Demarty. La corrispondenza è emersa due giorni fa nel corso della prima udienza al Tar Lazio, relativa a un procedimento sul prelievo supplementare avviato su ricorsi presentati tra il 1999 e il 2001. Oltre dieci anni fa. Per la cronaca la questione riguarda un mld di euro di multe non ancora rateizzate per le campagne dal 1995/1996 al 2001/2002. Più altri 253 mln di euro perla campagna 2002/2003. La lettera con le richieste di chiarimento di Catania reca la data primo luglio 2010. La risposta della commissione europea è ha stretto giro di posta: sette luglio 2010.
Gli effetti di questa corrispondenza, fino ad oggi rimasta nei cassetti del dicastero dell’agricoltura, potrebbero essere dirompenti. Lo stesso Catania lo scrive nella sua missiva avvertendo Bruxelles: «Nel corso di un recente procedimento giudiziario – dice – sono stati avanzati dubbi, da parte del giudice amministrativo adito, in merito alla possibilità di rimborsare, in via prioritaria, la trattenuta agli allevatori appartenenti alle categorie privilegiate (di cui alla legge 118/1999, ndr) ed è stata accolta la tesi di un ricorrente che contesta tale procedura in quanto non sarebbe rispondente al regolamento comunitario n. 3950/1992 (quello che disciplina le procedure di compensazione. ndr)». Quindi, l’attuale ministro chiede conferma del corretto operato alla commissione Ue; nella lettera si legge: «la scrivente ritiene che le autorità italiane abbiano operato in linea con la regolamentazione comunitaria e chiede ai servizi della commissione europea di voler esprimere la propria valutazione in proposito». E la risposta di Bruxelles non si fece attendere. Il funzionario Hoelgaard, per conto del dg Demarty, scrisse che, sebbene la riattribuzione delle quote non prodotte agli splafonatori debba essere fatta su base paritaria: «Tuttavia lo stato membro potrebbe decidere in alternativa di non riattribuire le quote individuali inutilizzate al termine di ciascun periodo contingentale. In questo caso, l’importo riscosso in eccesso rispetto al prelievo dovuto – scrive Bruxelles -potrebbe essere utilizzato per sovvenzionare programmi nazionali di ristrutturazione e/o ridistribuito ai produttori di talune categorie (privilegiando in particolare le zone di montagna, ecc). Tali gruppi prioritari devono essere definiti dallo stato membro sulla base di criteri obiettivi, a norma dell’art. 2, paragrafo 4, del regolamento Cee n. 3950/1992»
Premesso questo, la precisazione della commissione arriva al punto: inoltre- scrive Bruxelles – l’esercizio di compensazione può essere applicato solo a condizione che il prelievo debba essere effettivamente versato (ossia che la produzione lattiera nazionale superi la quota nazionale attribuita allo stato membro). Dunque, l’importo del prelievo supplementare, la multa insomma, andava comunque ed «effettivamente» versata ad Agea. Anche dagli allevatori svantaggiati. Che poi, eventualmente, avrebbero incassato la restituzione ex post, attraverso compensazione. E questo perché, il calcolo della quota italiana di produzione viene fatto ogni anno in base alle dichiarazioni di produzione dei primi acquirenti.
E il venir meno di una bella fetta di prelievi supplementari riscossi ha comportato un calcolo errato delle compensazioni da parte di Agea, che ha fatto ricadere l’intero importo dell’esubero nazionale. che l’Italia doveva pagare a Bruxelles, sugli allevatori delle aree non vantaggiate. Cioè di pianura. Una conferma di ciò? La condizione essenziale per restituire le multe agli svantaggiati è che lo stato abbia incassato più somme dagli allevatori di quanto dovuto alla Ue per esubero nazionale. Ed è solo questo surplus che può essere restituito. Del resto lo prevede l’articolo 2, paragrafo 4, del reg. Ce 3959/1992. E lo ribadisce la stessa commissione Ue nella risposta inviata a Catania. Di conseguenza, il venir meno del gettito delle multe dovute dai produttori svantaggiati ha ridotto gli spazi di compensazione, a scapito degli splafonatori rimanenti.
Luigi Chiarello – ItaliaOggi – 2 febbraio 2012