La magistratura contabile lancia l’allarme sul debito sommerso a carico del bilancio statale. Sotto attacco la gestione politica che ha portato anche a due rateizzazioni (nel 2003 e nel 2009) finite con un flop L’arretrato delle multe latte non pagate dagli allevatori rischia di aprire una falla nel bilancio dello Stato. Dopo annuali e circostanziati richiami sulla gestione della partita latte, la Corte dei Conti nell’ultimo documento, che verrà ufficializzato nei prossimi giorni, non si limita alle critiche e ai suggerimenti, ma lancia un allarme preciso: «Questo modo di procedere consente di mantenere sommerso un debito a carico del bilancio statale. Si pone il problema, per tali partite, del reperimento delle risorse finanziarie per la loro riconduzione in bilancio, in considerazione della pericolosità finanziaria delle ingenti anticipazioni di tesoreria».
L’importo per le campagne precedenti al 1996 pari a 1.693 milioni è stato già anticipato dalla Tesoreria statale. Mentre le somme versate per le campagne fino al 2010 (2.537 milioni) rappresentano – afferma la magistratura contabile – «una perdita netta e irrecuperabile per l’economia italiana».
Per le vecchie multe dunque è arrivata l’ora della resa dei conti. E se non vengono intraprese «forti e decise iniziative di recupero presso i produttori eccedentari» tutto il peso ricadrà sulla generalità dei contribuenti. Il quadro è chiaro. L’Italia ha saldato il suo debito con Bruxelles, perché la Commissione europea ha detratto le somme mancanti dagli anticipi mensili dei fondi della Politica agricola comune. In questo modo per mettere in condizione l’Agea di far fronte ai pagamenti dei contributi Ue agli agricoltori, il governo è dovuto ricorrere alle anticipazioni della Tesoreria statale.
Ma quanti soldi devono essere recuperati dai cosiddetti splafonatori? Il buco complessivo è di 44 miliardi. Per il periodo precedente la campagna 1995-96 tutto l’onere è stato scaricato sull’erario. Dopo quella data, secondo l’elaborazione della Corte, a fronte di un debito di oltre 2.537 milioni di euro la quota «teoricamente recuperabile dai debitori risulta di 2.263 milioni». Oltre 300 milioni sono irrecuperabili e 175 inesigibili. A peggiorare ancora di più il quadro sono intervenute due rateizzazioni, che l’Italia ha trattato sul tavolo Ecofin, che non hanno raggiunto risultati economicamente significativi, anche per effetto delle continue proroghe che scattavano, puntuali, all’avvicinarsi delle scadenze dei pagamenti. «A oggi – spiega il rapporto – gli importi del prelievo supplementare latte rateizzati e riscossi ammontano a 179 milioni, in applicazione della prima legge di rateizzazione (119/2003), e a 4 milioni per la successiva legge (33/2009)». Solo questi importi dunque risultano versati nel bilancio dello Stato a cui vanno aggiunti altri 246 milioni pagati senza rate. Il tutto non supera i 430 milioni. Alle rateizzazioni in realtà ha aderito una vasta platea di allevatori non in regola, e cioè i due terzi delle aziende debitrici. Peccato però che rappresentano solo un terzo del prelievo totale. Ma anche coloro che si sono fatti avanti per chiudere i conti spesso non sono arrivati fino in fondo. E comunque gli 8mila produttori che risultano avere un debito di un miliardo hanno «snobbato» le rate. Si tratta delle grandi aziende che operano per lo più nel triangolo del latte che comprende Veneto, Emilia Romagna e Lombardia. Una situazione pesantissima che potrebbe essere arrivata al giro di boa, mentre il governo Monti ha deciso di passare le pratiche a Equitalia.
La Corte dei Conti,che su questa vicenda non ha mai usato il guanto di velluto, questa volta però alza ancora di più il tiro. Ripercorrendo la vicenda che si dipana da 30 anni parla «di una volontà politica incline più a rinviare che ad assumere decisioni definitive».E ancora. «costante- incalza la relazione – è risultata nel corso degli anni l’interpretazione delle ambigue disposizioni da parte delle amministrazioni e degli organi consultivi dello Stato a vantaggio dei produttori eccedentari».
Per la Corte dunque c’è stata:«confusione della normativa, delle procedure,delle competenze e delle responsabilità dei soggetti investiti», ma anche «assenza di volontà politica e carenza dei controlli». Sotto accusa i governi che sono arrivati anche a premiare i produttori non in regola. E non viene risparmiata neppure l’Arma dei carabinieri che con una sua relazione ha messo in dubbio i dati sui quantitativi prodotti contribuendo così, secondo i magistrati contabili, a rallentare i recuperi.
Da qui la richiesta perentoria di «un’inversione di tendenza» necessaria, tra l’altro, a garantire condizioni di concorrenza nel mercato lattiero-caseario dove l’attuale situazione crea una grave alterazione a causa «dello sleale confronto tra le aziende rispettose della normativa e quelle che invece la violano».
LA PAROLA CHIAVE
Prelievo supplementare
È la «tassa» che gli allevatori devono versare nelle casse della Ue se superano la quota produttiva assegnata ai singoli Stati. Le quote latte sono state istituite nel 1984 per ridurre lo squilibrio tra domanda e offerta. Ma gli allevatori italiani, che fino alle ultime campagne hanno sforato il tetto produttivo, hanno pagato le multe col contagocce accumulando così un arretrato di 4,4 miliardi. Con due accordi siglati in sede Ecofin, nel 2003 e nel 2009, sono stati autorizzati piani di rateizzazione delle multe arretrate, ma tra ricorsi giudiziari e proroghe i risultati non sono ancora arrivati
Il recupero delle multe latte
Quote latte: la gestione degli interventi di recupero delle somme pagate dallo Stato in luogo degli allevatori per eccesso di produzione. In milioni di euro
Il sole 24 Ore – Elaborazione Corte dei conti su dati dell’Agea – 29 novembre 2012