Iniziativa di 70 cooperative di pescatori che mette sotto accusa i lavori in corso per il Mose. Chiesto il risarcimento dei danni per milioni di euro
Vongole avvelenate dai lavori in laguna. La morìa si allarga, e le cooperative denunciano il Magistrato alle Acque e scrivono una lettera-esposto all’Unione europea. Una infuocata assemblea di pescatori ha dato mandato all’avvocato romano Gianfranco Jacobelli di presentare un esposto alla Procura della Repubblica. Per danno ambientale ma anche per il risarcimento dei danni provocati. Milioni di euro per una settantina di cooperative che hanno perso quasi interamente il loro prodotto ittico. «Hanno aderito una trentina di consorzi, decine di cooperative», dice Emanuela Naso, che da tempo sostiene la lotta dei pescatori di Chioggia e Pellestrina, «si sentono presi in giro perché le loro denunce non trovano ascolto. Ma adesso vogliamo andare fino in fondo». «Dal punto di vista tecnico», spiega l’avvocato, «siamo in presenza di un danno ambientale e patrimoniale enorme. I fatti sono successi alla fine di agosto, le autorità hanno dato la colpa al caldo e all’anossìa. Ma noi ci sentiamo di escludere che tutto questo sia successo per il caldo».
Dunque? «Riteniamo si tratti dell’influsso dei vicini lavori di scavo legati al Mose». Con i pescatori e alcuni periti di parte, l’avvocato ha compiuto un lungo sopralluogo nel tratto di laguna incriminato.
«Allo stato», dice, «ci sentiamo di escludere che la causa di quel disastro sia dovuta al caldo. Anche perché in anni precedenti i periodi di caldo sono stati più lunghi e intensi, e nulla di tutto questo era mai successo».
Riesplode dunque la battaglia per le vongole. Due anni fa era stata una cooperativa di Chioggia, l’Acquamarina dei fratelli Doria, a denunciare per prima la strana morìa che si verificava in corrispondenza dei grandi lavori del Mose. Acqua torbida, sedimenti fuori della norma. E i caporozzoli distrutti. La questione approda anche a Report, la trasmissione di Raitre di Milena Gabanelli. Sotto accusa allora è il presidente del Magistrato alle Acque, Patrizio Cuccioletta. Da cui, accusano i pescatori, dipendono le concessioni per la pesca e la tutela della laguna. Ma anche i lavori del Mose che sarebbero alla base della grande morìa. Il Magistrato alle Acque smentisce che vi sia una correlazione diretta tra i due eventi. Ma l’estate scorsa il fenomeno si ripresenta. Adesso le aree interessate sono diverse decine di ettari. «Ci vogliono mandar via», dicono i pescatori, «in laguna non c’è più posto per la pesca».
La cooperativa scrive anche al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. «Il presidente è l’unico che ci ha risposto», dice la signora Naso, «gli altri tacciono». Ma adesso i pescatori sono decisi a dare battaglia. E alzano il tiro. Naso e l’avvocato Jacobelli hanno anche fondato un movimento (Mvb, movimento Base Italia) e si sono rivolti all’Europa. «Questi lavoratori», dicono, «stanno perdendo il lavoro non a causa della crisi ma oer colpa degli enti di Stato. Che non hanno vigilato a sufficienza sulla qualità delle acque lagunari». Nelle prossime ore, dice l’avvocato, «presenteremo alla Procura la documentazione e l’esposto. Avvenimenti che coprono gli ultimi due anni. E che dopo la morìa del 2011 non hanno mai ricevuto risposte convincenti da parte degli enti». L’allarme lanciato dai pescatori che chiedevano analisi sulla torbidità delle acque, spiegano le cooperative, è stato raccolto con molte settimane di ritardo. Anche il sopralluogo del Magistrato alle Acque è avvenuto a distanza di sei mesi. E la nuova gestione guidata da Ciriaco D’Alessio, continuano, «non pare aver modificato granché». Ed ecco la richiesta alla magistratura. «Non vogliamo perdere il lavoro per colpa dello Stato».
La Nuova Venezia – 18 ottobre 2012