Il Ministero della Salute ha stabilito che le autorizzazioni di alcuni neonicotinoidi sono modificate relativamente alle applicazioni fogliari, per cui sono consentiti solo l’uso in serra e il trattamento in pieno campo dopo la fioritura.
Tali fitofarmaci devono essere commercializzati con le etichette modificate a partire dal 1 ottobre 2013. Le case produttrici titolari delle autorizzazioni sono tenute a fornire ai rivenditori ed ai distributori il fac-simile della nuova etichetta da consegnare all’acquirente utilizzatore finale. L’impiego di tali prodotti, muniti di etichetta non modificata, è consentito fino al 30 novembre 2013.
In tal modo, continua il processo di adeguamento della normativa nazionale alle nuove disposizioni comunitarie in materia di neonicotinoidi, ma le istituzioni e l’opinione pubblica continuano ad ignorare che la vera piaga degli alveari resta la varroa, rispetto alla quale, a causa dei fenomeni di farmaco resistenza, oggi gli apicoltori non dispongono più di prodotti realmente efficaci per la lotta a tale parassita particolarmente aggressivo.
Il dito puntato verso i neonicotinoidi rischia, quindi, di sviare l’attenzione da quelli che sono i fattori più gravi di moria delle api, che, benché sia una verità non gradita a coloro che sono avversi all’uso dei fitofarmaci in agricoltura, non sono tanto i neonicotinoidi quanto l’agguerrito insetto della varroa che, compiaciuta di essere passata quasi inosservata, continua a fare stragi negli alveari e a creare danni economici rilevanti agli apicoltori, nonché il mancato di rispetto di buone prassi igienico sanitarie.
Del resto, a livello comunitario e nazionale sono state adottate finora, con il reg. CE 485/2013 ed i decreti ministeriali attuativi del 25 giugno scorso le misure precauzionali per l’uso dei neonicotinoidi anche in modo ben più restrittivo rispetto alle conclusioni scientifiche alle quali è giunta per ora l’Efesa (l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare) sulla base dell’ultimo rapporto pubblicato che evidenzia un verosimile nesso di causa effetto rispetto alla moria delle api, solo per i neonicotinoidi usati come concianti, ma non anche per gli usi fogliari degli stessi che invece sono stati comunque sottoposti a limitazioni.
Pertanto, secondo Coldiretti, il divieto d’uso dei neonicotinoidi è al momento giustificabile, nella misura temporanea di due anni, solo per la concia, mentre forti obiezioni rimangono in merito all’ introduzione di un divieto assoluto e generalizzato in quanto la scienza non ha ancora fornito dati esaustivi che conducano ad un bando definitivo di tali sostanza attive.
Occorre tener conto, infatti, che se da un lato, bisogna tutelare la sopravvivenza delle api, dall’altro lato, il mais è una coltura colpita da numerose patologie e, quindi, è necessario tener conto anche delle esigenze degli agricoltori assediati da funghi e parassiti rispetto ai quali servono forme di intervento adeguate sul piano fitosanitario. Oltretutto, il mais ha un’importanza strategica per la zootecnia italiana essendo insieme alla soia la materia prima utilizzata in maggior quantità per la mangimistica.
Secondo Coldiretti sarebbe opportuno che il divieto di due anni debba parallelamente essere accompagnato da un’attività di ricerca mirata a verificare se le misure di prevenzione, individuate dal progetto Apenet per limitare la contaminazione delle api con le polveri delle sementi di mais nelle quali sono presenti i neonicotinoidi, siano efficaci per consentire un uso sicuro di tali prodotti. La soluzione più ragionevole appare quindi, quella di rifinanziare il progetto stesso, al fine di individuare le specifiche misure di prevenzione che potrebbero consentire un reimpiego dei neonicotinoidi senza recare pregiudizio alla salute delle api.
Il Punto Coldiretti – 29 ottobre 2013