Il botta e risposta a distanza si consuma nell’arco di poche ore, e tra Mario Monti e il Wall Street Journal finisce l’idillio.
Al quotidiano finanziario americano gli ultimi ritocchi sull’articolo 18 proprio non piacciono e i toni nei confronti del premier non sono più lusinghieri come quelli utilizzati il 27 marzo quando Monti era stato paragonato a Margaret Thatcher per il suo coraggio di aver resistito ai potenti sindacati europei. Un abbaglio, spiega il giornale conservatore, un «attacco di eurofollia», perché le ultime modifiche al ddl rappresentano «una resa a coloro che stanno portando l’Italia sull’orlo dell’abisso ellenico».
E così per il «Journal» la migliore analogia tra Monti e i britannici potrebbe essere con Ted Heath, lo sventurato predecessore Tory» della Lady di Ferro. La replica arriva in serata con una missiva inviata dal premier al quotidiano Usa nella quale spiega di «non aver mai cercato l’etichetta di Thatcher d’Italia», e per questo di «non aver obiezioni se quel titolo gli venisse ritirato».
Il premier spiega ancora una volta le modifiche contenute nella riforma del mercato del lavoro e l’impatto benefico che avranno sull’economia nazionale. Proprio per questo dice di meritare «analisi serie, piuttosto che giudizi affrettati». E il giusto equilibrio del testo è testimoniato dal fatto – suggerisce Monti che ha «ricevuto al contempo le critiche della principale associazione degli imprenditori e del principale sindacato dei metalmeccanici».
Il riferimento è all’attacco del leader uscente di Confindustria, Emma Marcegaglia, che due giorni fa sul «Financial Times» aveva definito «pessimo» il compromesso raggiunto dall’esecutivo. Ed è proprio a lei che si rivolge Monti dai microfoni del Tg1: «Il Pd e certi sindacati chiedevano l’obbligo di reintegro» sui licenziamenti per motivi economici. Mentre la modifica alla legge – chiarisce non lo prevede: «Solo nel caso in cui il motivo economico sia manifestamente insussistente il giudice può, e non deve, decidere per il reintegro».
Critiche alla riforma ma di segno opposto sono giunte da Maurizio Landini. «È stato svuotato il senso e il contenuto dell’articolo 18», dice il segretario della Fiom che accusa Susanna Camusso di essere troppo morbida e di non capire il giudizio positivo della Cgil. «Bene sull’articolo 18, ancora male su precariato e crescita», aveva detto infatti la sindacalista confermando tuttavia il grande pacchetto di mobilitazione con 16 ore di sciopero, otto della quali a livello nazionale.
E mentre si consumava lo strappo tra il Wall Street Journal e il tecnogoverno Monti, dall’Inps arrivavano altri dati allarmanti. A marzo le richieste di cassa integrazione sono aumentate, in particolare per le imprese del commercio con quasi 17,1 milioni di ore autorizzate (+38,4% su marzo 2011).
Sono massimi storici, con un balzo del 25,9% rispetto a febbraio. Complessivamente sono state autorizzate 99,7 milioni di ore, ovvero il 21,6% in più su base mensile. Immediato l’Sos lanciato dalle roccaforti sindacali. «Senza interventi in tempi rapidi rischiamo che il 2012 diventi l’anno della disoccupazione di massa», dice Vincenzo Scudiere della Cgil. «Siamo dinanzi a un aggravamento strutturale e di allargamento del perimetro che rende sempre più urgenti politiche efficaci di crescita», incalza Giorgio Santini della Cisl. E Nazzareno Mollicone dell’Ugl ribadisce: «Dall’Inps arriva l’ennesimo campanello d’allarme» davanti al quale «non possiamo sostenere» questa riforma del Lavoro.
E così per il «Journal» la migliore analogia tra Monti e i britannici potrebbe essere con Ted Heath, lo sventurato predecessore Tory» della Lady di Ferro. La replica arriva in serata con una missiva inviata dal premier al quotidiano Usa nella quale spiega di «non aver mai cercato l’etichetta di Thatcher d’Italia», e per questo di «non aver obiezioni se quel titolo gli venisse ritirato».
Il premier spiega ancora una volta le modifiche contenute nella riforma del mercato del lavoro e l’impatto benefico che avranno sull’economia nazionale. Proprio per questo dice di meritare «analisi serie, piuttosto che giudizi affrettati». E il giusto equilibrio del testo è testimoniato dal fatto – suggerisce Monti che ha «ricevuto al contempo le critiche della principale associazione degli imprenditori e del principale sindacato dei metalmeccanici».
Il riferimento è all’attacco del leader uscente di Confindustria, Emma Marcegaglia, che due giorni fa sul «Financial Times» aveva definito «pessimo» il compromesso raggiunto dall’esecutivo. Ed è proprio a lei che si rivolge Monti dai microfoni del Tg1: «Il Pd e certi sindacati chiedevano l’obbligo di reintegro» sui licenziamenti per motivi economici. Mentre la modifica alla legge – chiarisce non lo prevede: «Solo nel caso in cui il motivo economico sia manifestamente insussistente il giudice può, e non deve, decidere per il reintegro».
Critiche alla riforma ma di segno opposto sono giunte da Maurizio Landini. «È stato svuotato il senso e il contenuto dell’articolo 18», dice il segretario della Fiom che accusa Susanna Camusso di essere troppo morbida e di non capire il giudizio positivo della Cgil. «Bene sull’articolo 18, ancora male su precariato e crescita», aveva detto infatti la sindacalista confermando tuttavia il grande pacchetto di mobilitazione con 16 ore di sciopero, otto della quali a livello nazionale.
E mentre si consumava lo strappo tra il Wall Street Journal e il tecnogoverno Monti, dall’Inps arrivavano altri dati allarmanti. A marzo le richieste di cassa integrazione sono aumentate, in particolare per le imprese del commercio con quasi 17,1 milioni di ore autorizzate (+38,4% su marzo 2011).
Sono massimi storici, con un balzo del 25,9% rispetto a febbraio. Complessivamente sono state autorizzate 99,7 milioni di ore, ovvero il 21,6% in più su base mensile. Immediato l’Sos lanciato dalle roccaforti sindacali. «Senza interventi in tempi rapidi rischiamo che il 2012 diventi l’anno della disoccupazione di massa», dice Vincenzo Scudiere della Cgil. «Siamo dinanzi a un aggravamento strutturale e di allargamento del perimetro che rende sempre più urgenti politiche efficaci di crescita», incalza Giorgio Santini della Cisl. E Nazzareno Mollicone dell’Ugl ribadisce: «Dall’Inps arriva l’ennesimo campanello d’allarme» davanti al quale «non possiamo sostenere» questa riforma del Lavoro.
La Stampa – 7 aprile 2012