Un nuovo consiglio dei ministri nei primi giorni dell’anno (il 3 o 4), passaggio con i sindacati probabilmente il 9 per avviare il tavolo sulla riforma del lavoro, tutto pronto entro il 30 gennaio quando ci sarà il Consiglio europeo specificamente dedicato alla crescita.
Tre i pacchetti sui quali lavora il governo e dei quali si parla da molto: uno dedicato alle liberalizzazioni, uno dedicato alle infrastrutture e uno dedicato al tema giustizia-economia. Il piano illustrato ieri da Monti durante le tre ore di consiglio dei ministri, prevede di dispiegare completamente la strategia della crescita dell’Italia in tempo per il 30 marzo quando sarà presentato il Piano nazionale di riforme in Europa.
Nelle priorità del governo anche la riforma del mercato del lavoro, soprattutto sotto forma di revisione degli ammortizzatori. Sullo sfondo la possibile modifica dell’articolo 18 che trova l’opposizione di sindacati e Pd, mentre per i tagli alla spesa e la cosiddetta spending review sarà necessario tutto il primo semestre del 2012: sarà pronta in vista delle legge di Stabilità 2013.
Sul piano delle misure, bocche cucite. Quello che è certo che saranno a costo assai ridotto o addirittura zero: come il taglio Irap per le assunzioni e l’Ace (defiscalizzazione per le imprese che investono). Le risorse sono praticamente inesistenti e non è possibile (dopo 76 miliardi nel 2011) mettere in atto nuove manovre per recuperare fondi. Per questo continua il pressing dall’esterno sul governo per la costituzione di un mega-fondo con attività mobiliari e immobiliari da far sottoscrivere a banche e imprese, ma che membri autorevoli dell’esecutivo giudicano un “prestito forzoso”. Tuttavia qualcosa filtra: obiettivo del ministro per lo Sviluppo economico Corrado Passera è quello di coinvolgere i privati nella realizzazione delle opere pubbliche attraverso il cosiddetto “project financing”. Mentre prende corpo l’idea di una abolizione totale, con un unico provvedimento, delle tariffe minime di tutte le professioni esercitando la delega della legge di Stabilità.
Liberalizzazioni. Forse è la carta che il governo intende giocare con maggiore determinazione, sfidando le ire di avvocati, notai, architetti, e di tutte le altre professioni. Si chiama abolizione delle tariffe professionali minime: la norma è già in mano al governo in base alla manovra d’estate e alla recente legge di stabilità. L’esecutivo potrà agire con un semplice regolamento di delegificazione abolendo tariffe e altre norme per ciascuna professione. Non è escluso che il governo, invece di trattare con ciascuna professione, vari un regolamento unico e un decreto in cui si abolisce l’articolo 2233 del codice civile in base al quale le tariffe devono essere calibrate “all’importanza dell’opera e al decoro della professione”. Il pacchetto liberalizzazioni dovrebbe recuperare anche gli interventi su taxi, farmacie e farmaci di fascia C. Fin qui ciò che è probabile e che risulta da dichiarazioni di membri del governo o da indiscrezioni. I nodi del dossier liberalizzazioni sono molto più ampi: nelle poste, ad esempio, la liberalizzazione non è ancora decollata per la mancanza di una authority specifica. Ma soprattutto l’apertura totale ai privati dei servizi pubblici locali gestiti dai Comuni, dai trasporti, all’informatica, all’energia. Gli enti locali possiedono 675 società, di cui 72 nell’energia, 52 aeroporti e interporti, 87 nel settore dell’acqua (la cui vendita tuttavia è bloccata dal referendum). Tra queste società si sono veri e propri giganti.
Crescita e tagli. Accelerare sui brevetti e coinvolgere le aziende: scuola e ricerca sono i punti forti esposti da Francesco Profumo, rettore del Politecnico di Torino, presidente del Cnr e ministro per l’Università. Obiettivo: produrre più brevetti, riuscire a far sbocciare dal rapporto tra università e centri di ricerca nuove iniziative imprenditoriali. L’idea è quella di aprire il Cnr e le Facoltà a parteniariati con Fondazioni bancarie e imprese. Quanto di questo si tradurrà in norma non è ancora noto, tuttavia queste sono le intenzioni del ministro. L’altro punto sul quale si conta, i cosiddetti “semi” per lo sviluppo, è costituito dal già varato taglio dell’Irap per chi assume giovani e donne e dall’introduzione dell’Ace (defiscalizzazione degli investimenti delle imprese). Niente per ora c’è sul fronte dello stimolo dei consumi: la filosofia del governo è che al massimo si possono dare aiuti al reddito e alle famiglie disagiate. L’unica possibilità di recuperare denaro sta nel taglio delle agevolazioni fiscali (alternativo all’aumento dell’Iva da ottobre) e dalla spending review ma sarà un lavoro lungo e difficile. Il governo pensa di poterlo portare a termine entro giugno: si dovranno consolidare i tagli lineari dove sono stati efficaci e sostituirli con azioni mirate dove hanno prodotto vere e proprie strozzature nelle amministrazioni dello Stato. L’obiettivo è comunque quello di aggredire i 480 miliardi di spesa dello Stato e delle amministrazioni periferiche.
Infrastrutture. Un piano grandi opere anche con capitali privati. E’ questo l’altro nodo sul tavolo del governo Monti. L’obiettivo è quello di rilanciare le infrastrutture: su questo tema dovrebbe esserci un ulteriore sblocco di fondi e nuove disposizioni per facilitare il project financing e semplificare le procedure. Secondo quanto annunciato dagli stessi ministri Passera (Sviluppo economico) e Barca (Coesione Territoriale) si punterebbe a otto-nove grandi opere per il Sud, a misure per attrarre capitali privati sulle infrastrutture e a favorire la deburocratizzazione. Il ministro Corrado Passera è al lavoro su questi temi da tempo e nei giorni scorsi il Consiglio dei ministri ha fatto un primo passo: un provvedimento impone ad ogni ministero, dalla Sanità alla Difesa, di approntare un documento pluriennale di pianificazione dei programmi di investimento per opere pubbliche. Lo stato di avanzamento delle opere sarà oggetto di un monitoraggio assai stretto: si terranno sotto controllo, con un sistema informatizzato, i lavori e l’utilizzo dei finanziamenti nei tempi previsti. In prima linea anche i Fondi strutturali. Già 3,1 miliardi saranno concentrati su quattro settori: ferrovie, scuola, agenda digitale e occupazione dei lavoratori svantaggiati. Infine una nomina: su proposta del ministro per le Infrastrutture Corrado Passera, il consiglio dei ministri ieri ha nominato Pasquale De Lise direttore generale dell’Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali.
Mercato del lavoro. E’ uno dei nodi più importanti sul tavolo del governo: la riforma del mercato del lavoro. E l’articolo 18, che tutela i lavoratori licenziati senza giusta causa, è il tema più “caldo” sul quale il segretario del Pd Bersani e i sindacati hanno fatto muro. Nel suo discorso di insediamento in Parlamento Monti ha assicurato che “non verranno modificati i rapporti di lavoro stabili in essere” e ha fatto riferimento ad un nuovo ordinamento. In che direzione? Lo spostamento del baricentro della contrattazione collettiva verso i luoghi di lavoro, il sostegno alle persone senza impiego volto a facilitarne il reinserimento nel mercato del lavoro, costruito sul modello della flexsecurity danese e l’intenzione di colmare il fossato che si è creato tra garantiti e non garantiti. Dopo lo sciopero di tre ore post manovra e i presidi dei tre segretari di Cgil-Cisl e Uil di fronte a Montecitorio i rapporti sembravano ai ferri corti tuttavia l’annuncio del ministro Fornero (Lavoro e Welfare) di un convocazione per il 9 gennaio sembrerebbe riaprire la partita. Certamente il pacchetto di richieste dei sindacati, che ha in prima linea modifiche alla riforma delle pensioni e interventi sul potere d’acquisto, non coinciderà con le proposte del governo sul mercato del lavoro. Ma una prima carta che potrà giocare la Fornero è quella dei nuovi ammortizzatori sociali e del contratto unico di inserimento.
Repubblica – (29 dicembre 2011)