Il Ministero delle Politiche agricole ha fornito alcune indicazioni aggiuntive in riferimento alla norma nazionale per la produzione, preparazione, commercializzazione ed etichettatura del coniglio biologico (art. 42 del Reg. (CE) n. 834/07).
Il disciplinare è scaricabile dal sito: http://www.sinab.it/share/img_lib_files/2102_disciplinare-coniglio_def.pdf
In riferimento alla norma di produzione, sono pervenute al Ministero alcune richieste relative alla possibilità di utilizzo di marchi privati ed alla deroga relativa al periodo di conversione dei conigli. A tal proposito il dicastero delle Politiche agricole fa presente che i marchi in uso prima della pubblicazione della norma di cui in oggetto possono continuare ad essere utilizzati, senza alcun riferimento alla produzione biologica, fino all’esaurimento delle scorte di animali da ingrasso presenti in azienda. Tale disposizione è limitata ad un periodo transitorio pari a 6 mesi a partire dalla pubblicazione della nota ministeriale.
Inoltre, gli animali allevati nel rispetto di norme di produzione private, senza soluzione di continuità e sotto il controllo di un Organismo autorizzato ai sensi del d.lgs. 17 marzo 1995, n. 220, possono essere considerati biologici senza che venga rispettato il periodo di conversione di cui alla norma in oggetto. Tale deroga è limitata ad un periodo transitorio pari a 2 mesi, sempre a partire dalla pubblicazione della nota ministeriale.
Il disciplinare, in sintesi, prevede che la produzione del coniglio biologico rispetti i seguenti principi: utilizzazione di razze rustiche e/o popolazioni locali, resistenti alle malattie, poco precoci e con riduzione dei fenomeni di aggressività; divieto di utilizzazione di riproduttori con gli occhi rossi e di ibridi commerciali selezionati per la rapidità di accrescimento, capacità di conversione alimentare e adattamento per la produzione in spazi ridotti; mantenimento dell’integrità delle nidiate al momento del trasferimento nei parchetti di ingrasso al fine di rispettare le gerarchie già stabilite e ridurre i fenomeni di aggressività; adozione di regimi alimentari a basse densità energetiche; divieto di allevamento di animali isolati, fatta eccezione per i riproduttori e le fattrici durante la gestazione e l’allattamento.
In merito all’origine e razze dei conigli da allevare con metodo di produzione biologico, il disciplinare stabilisce che: devono essere utilizzate razze e tipi genetici colorati a medio accrescimento; gli animali da ingrasso devono essere nati e allevati secondo quanto previsto dal disciplinare; ai fini riproduttivi sono introdotti in azienda animali provenienti da allevamenti biologici. In mancanza di animali biologici possono essere introdotti in azienda, conformemente all’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), punto ii), del regolamento (CE) n. 834/2007, animali da riproduzione provenienti da allevamenti convenzionali, nel rispetto delle modalità di cui all’allegato 1 del disciplinare. In tal caso gli animali devono essere acquistati ad un’età non superiore alle 12 settimane, devono essere identificati e potranno essere considerati biologici solamente dopo essere stati allevati per almeno tre mesi dalla data d’introduzione nell’allevamento.
Il settore cunicolo si inserisce in un mercato in cui i consumi di carne di coniglio sono in lento ma graduale incremento, favorito dalla contrazione dei consumi di carne bovina e dall’insorgenza di nuovi modelli di consumo che richiedono alimenti con basso contenuto in colesterolo e in grassi. L’Italia è al primo posto in Europa per la produzione e il consumo di carne di coniglio, e la coniglicoltura rappresenta il quarto settore della zootecnia. A seguire, vengono la Francia e la Spagna.
Tuttavia, i consumi di tale tipologia di carne dalle pregiate caratteristiche nutrizionali stenta a decollare perché molti consumatori identificano il consiglio come un animale da compagnia piuttosto che come un animale destinato alla produzione di carne, benché in alcune regioni dell’Italia centrale e in Campania sia considerato un piatto tipico della cucina tradizionale locale.
Secondo uno studio condotto dall’Università Federico II di Napoli, in Italia, è la Campania la maggiore consumatrice di carne di coniglio. In ogni caso la media nazionale è molto bassa (4.5 kg/pro capite/anno) per le difficoltà che trova nella collocazione sul mercato la carne cunicola, dovute sia alle modalità di presentazione che di conservazione delle carcasse e delle carni.
Un ulteriore passo in avanti nei consumi può essere realizzato puntando proprio su sistemi di allevamento biologico e sul miglioramento delle caratteristiche qualitative della carne ed in particolare sulle proprietà fisiche (colorazione) e sensoriali (tenerezza). Lo sviluppo di tecniche di allevamento alternative, quali appunto il metodo di produzione biologico, ha lo scopo di ottenere prodotti più graditi al consumatore, di creare ambienti più vicini alle necessità etologiche dei conigli. In ogni caso, le soluzioni trovate devono ridurre i costi di gestione o aumentare la produttività aziendale.
ilpuntocoldiretti.it – 6 marzo 2013