È emergenza medici ospedalieri e con l’inizio del periodo di ferie estive nelle corsie ritorna l’ipotesi di utilizzare i camici bianchi militari per aiutare le regioni in difficoltà. Ieri la ministra alla Difesa Elisabetta Trenta ha affermato che si cerca una soluzione per il Molise «così da far fronte alla carenza di personale sanitario negli ospedali ma al momento non abbiamo ancora trovato una soluzione, stiamo continuando a cercarla ». Le difficoltà maggiori le ha l’ortopedia e intanto un aiuto per la regione è arrivato dal Lazio, che ha inviato quattro specialisti del San Giovanni di Roma. L’assessore alla Salute laziale, Alessio D’Amato, ha dato una risposta un po’ piccata alla ministra, ricordando che intanto il problema verrà risolto dai suoi medici. «Non è possibile che ogni volta che vi sono dei problemi vengono chiamati in causa i militari, prima per le buche di Roma, ora per le carenze di organico. La strada maestra deve essere quella di tornare a investire sul Servizio sanitario pubblico». Il suo presidente e segretario del Pd Nicola Zingaretti ha chiesto più investimenti sulla sanità e «50 milioni subito per le scuole di formazione dei giovani medici laureati».
I problemi ci sono in mezza Italia e per risolverli in molti potrebbero rendere subito operativa una misura prevista dal Decreto Calabria voluto dalla ministra Grillo. «Possono far lavorare subito i medici alla fine della scuola di specializzazione », ha detto la ministra. Il percorso di studi post laurea per diventare specialista dura quattro o cinque anni a seconda della materia e fino ad ora, dopo averlo concluso, si doveva aspettare un concorso per poter entrare nel sistema sanitario di una delle regioni italiane. La misura straordinaria semplifica le cose, soprattutto quest’anno mette a disposizione degli ospedali circa 7 mila medici in più di quelli normalmente arruolabili (intorno ai 5 mila). Cioè coloro che fanno gli ultimi due anni della specializzazione da 5 anni o l’ultimo di quella da 4. Con i giovani si cercheranno di compensare i pensionamenti, molto numerosi in questi anni.
Il problema delle carenze non riguarda tutte le specialità, alcune hanno difficoltà molto maggiori di altre. Si tratta appunto dell’emergenza- urgenza, dell’anestesia e rianimazione, della chirurgia generale e anche della medicina interna. Per questo le regioni chiedono che le Università bandiscano più posti nei settori in crisi e meno in altri, dove praticamente non ci sono difficoltà di organico. Adesso comunque a preoccupare di più le regioni ci sono i pronto soccorso. I giovani non scelgono questa specializzazione perché è molto faticosa e con pochi sbocchi di carriera. «I medici in meno in questo settore sono circa 2mila su 8mila – spiega Carlo Palermo del sindacato dei medici ospedalieriAnaao – La sofferenza è maggiore al centro-sud, dove ci sono ospedali con dotazioni organiche inferiori del 30% rispetto al 2009». Quest’estate in molte zone d’Italia nei dipartimenti di emergenza i medici faranno tanti turni extra per assicurare il servizio. Ma in estate l’attività dei pronto soccorso non cala come succedeva un tempo, anzi si teme un aumento di pazienti proprio nei prossimi giorni, quando arriverà un’ondata di caldo.
Repubblica