Mentre alla XIV Commissione del Senato (apparentemente) tutto ancora tace, il movimento animalista è sceso nuovamente in piazza per chiedere l’approvazione dell’articolo della Comunitaria che dovrebbe portare alla chiusura di Green Hill.
Nel pomeriggio di ieri migliaia di persone provenienti da tutta Italia (ma non solo) hanno sfilato per le vie della Capitale nella manifestazione nazionale indetta dal movimento Occupy GreenHill e dal Coordinamento Antispecista del Lazio. «La politica si renda conto che c’è una grande volontà popolare che chiede di abolire la vivisezione – ha detto al nostro giornale Piercarlo Paderno, portavoce di Ogh -. Nella pratica non possiamo che procedere per gradi, ma non possiamo pensare che siccome in tutto il mondo la vivisezione c’è ancora allora non si debba cominciare a fare qualcosa per abolirla. Da questo punto di vista, l’approvazione senza modifiche dell’articolo 14 all’esame della Commissione sarebbe un primo passo, un inizio che servirebbe a dare energia anche ad altri Paesi, magari per intraprendere una battaglia simile». Difficile prevedere se novità dal Senato arriveranno già mercoledì, giorno in cui la Commissione proseguirà l’esame della Comunitaria. Sta di fatto che gli animalisti non intendo fermarsi alla manifestazione di ieri: è in programma per il 30 giugno un nuovo corteo nazionale, questa volta per le vie della stessa Montichiari. Piuttosto esplicito il messaggio lanciato dagli organizzatori del Coordinamento Fermare Green Hill: «Vogliamo la chiusura e la fine della vivisezione. La Commissione sta terminando i suoi lavori e presto sapremo se la voce della stragrande maggioranza dei cittadini sarà stata ascoltata. Ma non ci fermiamo qui. Vogliamo incrinare il muro dello specismo, farlo crollare, dando voce a chi ancora oggi è prigioniero e vittima della cupidigia umana, che alleva, rinchiude, sfrutta e uccide animali in base alla soddisfazione di quelli che sono i suoi capricci». Un nuovo fronte per la battaglia contro la vivisezione potrebbe aprirsi martedì, quando la Commissione Europea dovrà pronunciarsi sulla legittimità di Stop Vivisection (www.stopvivisection.eu), l’Iniziativa dei Cittadini Europei promossa da Sonia Alfano (eurodeputata Idv), Fabrizia Pratesi de Ferrariis (coordinatrice del Comitato Scientifico Equivita), Vanna Brocca (coordinatrice del periodico Leal La voce dei senza voce) e Adriano Varrica (responsabile dell’attività parlamentare della Alfano). Se l’iniziativa sarà registrata senza problemi, prenderà il via una grande campagna europea di raccolta firme (entro il 19 giugno 2013, almeno un milione) per chiedere alla Commissione la presentazione di una nuova proposta di direttiva che cancelli quella in vigore e che l’Italia si appresta a recepire con l’art. 14. «Tale direttiva – spiegano – non ha avviato il percorso di abolizione di ogni forma di sperimentazione animale come previsto dai trattati europei, secondo i quali le politiche dell’Ue devono tenere pienamente conto di esigenze e benessere degli animali in quanto esseri senzienti. Inoltre la sperimentazione animale rappresenta un serio pericolo per la salute umana in quanto i test non hanno alcun valore predittivo per l’uomo e frenano lo sviluppo dei nuovi metodi di ricerca biomedica». Per queste ragioni, conclude il testo, «noi sottoscritti cittadini europei richiediamo alla Commissione europea l’abrogazione della direttiva 2010/6 3/Ue, con la presentazione di una nuova proposta di direttiva finalizzata al definitivo superamento della sperimentazione animale e che renda obbligatorio per la ricerca biomedica e tossicologica l’utilizzo di dati specifici per la specie umana in luogo dei dati ottenuti su animali».
Legati e seviziati: è una simulazione degli attivisti
La sperimentazione è andata in scena mercoledì in una bottega Lush del centro di Roma. A vestire i panni dei ricercatori e della cavia sono stati alcuni attivisti di Occupy Green Hill e del Coordinamento Antispecista del Lazio, che tra lo stupore e la curiosità dei passanti hanno simulato le pratiche più comuni a cui migliaia di animali ogni anno vengono costretti per testare shampoo, creme o deodoranti. Tra queste, la più tristemente nota è forse il draize-eye test, un metodo utilizzato per valutare la capacità di una sostanza di irritare i tessuti oculari umani e che consiste nell’introdurre nell’occhio di una cavia (meglio se un coniglio) la sostanza sotto esame per poi verificare, a distanza di giorni, se e quali danni ha provocato. «La performance di mercoledì – ha commentato la Country Manager di Lush Italia Denise Cumella – fa parte della nostra campagna “Lotta dura ai test sugli animali” lanciata il 24 aprile e serve a far capire che la nostra società non può più accettare simili torture su esseri senzienti, che oggi sappiamo avere la nostra stessa capacità di soffrire e la nostra stessa volontà di vivere». Tanto più che testare cosmetici senza crudeltà sugli animali è possibile. Esiste anche una normativa europea, la Cosmettics Directive (approvata nel 1993), che vieta produzione e vendita di cosmetici testati su animali. Il problema è che la piena entrata in vigore di questa legge ha subito ritardi su ritardi. «Quest’anno – fanno sapere da Lush – la legge torna sotto i riflettori perché l’Ue deve far entrare in vigore l’obbligo per tutte le aziende cosmetiche in Europa di smettere qualunque test sugli animali, già stata rimandata al 2013 e ora si parla di rimandarla di nuovo: l’industria sta chiedendo di posporla di dieci anni».
Violenza sugli umani come quella su un pesce: è l’ultimo spot della Peta
La violenza sugli umani paragonata all’uccisione di un pesce. La People for Ethical Treatment of Animals dà ancora scandalo. Bersaglio delle critiche, il nuovo video di sensibilizzazione della storica associazione. Lo spot della Peta si apre con una donna maltrattata da un uomo, una aggredita e un ragazzo picchiato da altri ragazzi. Con le urla delle vittime. Nella scena finale, un pesce sul tagliere di un cuoco aspetta di essere messo in padella. «Some screams can’t be heard» (alcune urla non possono essere sentite) chiude il film. «Animalisti estremisti», «questa volta si è esagerato», «indecente e offensivo nei confronti degli esseri umani che quotidianamente nel mondo subiscono violenze», è il senso delle migliaia di accuse arrivate da più parti. L’animalismo fatto proprio dalla Peta è una forma di estremismo o, parafrasando Bentham, dovremmo pensare che villosità, capacità di parlare o livello di intelligenza siano motivi insufficienti per negare a un essere senziente il diritto alla vita?
corrierenazionale.it – 17 giugno 2012