Divertente la beffa escogitata da un giornalista olandese ai danni dei visitatori di un “salone del cibo biologico”: fare assaggiare i prodotti di un fast food “camuffati” e scoprire che nessuno si accorge della differenza. Allo stesso modo, però, potrei vendere una casa costruita senza rispettare le norme di sicurezza sul lavoro e l’acquirente la troverebbe perfettamente identica a una casa costruita rispettandole.
Quello che il giornalista non ha capito, o banalmente non sa, è che la differenza tra agricoltura biologica e non biologica è tutt’altra. Ci sono cibi agroindustriali, per niente biologici, che sono di ottimo sapore e — per essere messi in commercio — devono ovviamente essere salubri al cento per cento. Non hanno niente di demoniaco o di perverso. Molto semplicemente, provengono da un ciclo produttivo che fa uso (spesso molto largo) di prodotti chimici. I prodotti biologici e biodinamici, no. Costano qualcosa in più perché i raccolti sono meno copiosi e soprattutto perché chi coltiva bio deve certificare (pagando) i suoi prodotti. È un paradosso, ma in agricoltura chi non inquina paga, chi inquina no. Bisognerebbe che lo spiritoso reporter che si è fatto beffe dei consumatori bio facesse una bella inchiesta sullo stato dei terreni e delle falde acquifere laddove si coltiva bio e laddove si coltiva non bio. Poi vedi che ride di meno.
Repubblica – 25 ottobre 2014