Come già trattato in un articolo pubblicato un anno fa, la questione Bisfenolo A (BPA) rappresenta uno dei problemi più evidenti di frazionamento legale europeo, a discapito dell’uniformità che dovrebbero garantire la competitività sui mercati internazionali. Stiamo parlando di un interferente endocrino oggetto di studi controversi, divieti di commercializzazione, proibizioni acclamate e poi riviste e chi più ne ha più ne metta.
Il quadro riassuntivo è abbastanza disarmante, in Austria c’è il divieto di impiego di Bpa in tettarelle e succhietti per bambini, in Belgio e Danimarca c’è il divieto in articoli e materiali a contatto con alimenti destinati a bambini sotto i 3 anni di età, in Francia la regola è estesa a tutti gli articoli e i materiali a contatto con alimenti, La Svezia ha deciso il divieto in vernici e rivestimenti per i contenitori di alimenti destinati a bambini con meno di 3 anni. In Europa è in vigore il divieto solo per i biberon in policarbonato
In Francia, ad esempio, la mancata presa di una posizione precisa da parte della Commissione europea, ha spinto l’ANSES, l’Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare francese, ad adottare il principio di precauzione di propria iniziativa. Da ciò è scaturita la decisione dell’imminente entrata in vigore del divieto di utilizzare BPA in tutti i materiali a contatto con alimenti sul territorio francese (dal gennaio 2015) . Questo vuol dire che l’uso di questo materiale non sarà più armonizzato a livello europeo. Se in tutti gli stati dell’unione si potranno commercializzare imballaggi ed articoli prodotti con BPA (tranne i biberon), in Francia questi oggetti non potranno essere venduti o meglio, dovranno avere un’etichetta che classifica l’oggetto come pericoloso per donne incinte e bambini.
E mentre i francesi potranno conoscere i rischi che corrono impiegando articoli con BPA, i consumatori del resto dell’Europa non lo potranno sapere.
La ragione? Un immobilismo da parte della Commissione europea le cui motivazioni non sono chiare. Non si spiegherebbe in altro modo nemmeno il veto della Commissione (sentenza Lapin dalla Corte di giustizia europea) imposto alla Danimarca che voleva vietare la commercializzazione di articoli contenenti 4 tipi di ftalati (DEHP, DBP, DIBP e BBP) sul proprio territorio. Tre di questi ftalati sono ammessi per i materiali a contatto con alimenti (BBP, DEHP e DBP): la misura, se applicata, avrebbe generato ulteriori disparità nella commercializzazione di articoli sul territorio comunitario.
Cutlery for BarbecueAnche sul fronte dei materiali non armonizzati ci sono aspetti critici. L’acciaio, che in Italia è nell’occhio del ciclone per i frequenti ritiri dovuti a oggetti e stoviglie per la cucina con un eccesso di migrazione di metalli pesanti (cromo, nichel e manganese), circola senza problemi nel resto d’Europa perché gli altri paese usano come riferimento altri parametri.
Ciò avviene nonostante le recenti linee guida rilasciate dalla Direzione europea della qualità dei medicinali e cura della salute (EDQM) invitino il legislatore ad adottare misure adeguate, fornendo strumenti idonei, fissando dei limiti per un’ampia gamma di metalli sulla base di informazioni tossicologiche fornite da enti come JECFA (Joint FAO/WHO Expert Committee on Food Additives) ed EFSA e organismi specializzati nella valutazione del rischio.
Le ceramiche sono un altro caso dove la legislazione non è all’altezza della situazione. La legge europea attualmente in vigore risale al 1984 e considera sostanze pericolose solo il piombo ed il cadmio, ma una nuova normativa discussa nel 2013 che avrebbe dovrebbe dovuto estendere i divieti ad altri metalli pesanti e abbassare di circa 100 volte (!) i limiti attualmente previsti per piombo e cadmio è bloccata.
Quiche pie with fish and nettlesL’intenzione dell’Europa sembrerebbe purtroppo quella di cercare di mantenere un’armonizzazione per materiali a contatto con alimenti attraverso l’arma del non-fare. Così però non si va molto lontano. Chi avvantaggia una situazione di questo tipo? Non certo i consumatori che di fronte a incertezze come quelle sul Bisfenolo A vietato solo in alcuni Stati incrementano lo scetticismo verso il mercato creando allarmismi più o meno giustificati. Anche le aziende produttrici non sono soddisfatte di fronte ad una situazione in cui ogni Stato membro prende iniziative autonome e diventa necessario diversificare la produzione sulla base delle legislazioni locali.
La stessa situazione si pone per gli Stati Membri visto che le decisioni autonome sono oggetto di forti critiche e frazionano il mercato. La sensazione è che in questo caso l’Unione Europea faccia dell’immobilismo la sua arma prediletta anche se ciò nuoce alla credibilità internazionale.
Se fino a qualche tempo fa, nel campo dei materiali a contatto con alimenti la legislazione europea (insieme a quella della Food and Drug Administration, era considerata un modello per i Paesi emergenti, l’immobilismo sembra aver condotto ad una situazione legislativa antiquata. Anche in Cina e in altre realtà asiatiche sono previste evoluzioni legislative che prevedono la revisione dell’intero sistema normativo per gli imballaggi a contatto con alimenti. E in Europa? Immobilismo.
Luca Foltran – Il Fatto alimentare – 12 luglio 2014