Michela Nicolussi Moro., Corriere Veneto. Una doccia gelata, soprattutto per la Regione, che da anni si sta battendo per ottenere più camici bianchi, anche invocando l’annullamento del numero chiuso a Medicina. E invece, per dirla con le parole di professionisti in prima linea, «sembra che a Roma si siano già dimenticati della pandemia». L’Italia infatti si è trovata ad affrontarla con 50mila specialisti in meno rispetto al fabbisogno (nel Veneto ne mancano ancora fra i 3000 e i 4000). Dopo il raddoppio delle borse di studio per le Scuole di specializzazione, nel 2021 portate a 17.400 dall’allora ministro della Salute, Roberto Speranza, ora arriva la stangata del ministero per l’Università e la Ricerca (Mur), che per l’anno accademico 2023/2024 invece di aumentare i posti a Medicina li ha ridotti da 15.876 a 14.787 (compresi i 576 per i candidati dei Paesi extra Ue residenti all’estero). Sono 1.089 in meno.
Nel Veneto a soffrire è l’Ateneo di Padova, che passa da 479 posti (428 per i corsi di laurea in italiano e 51 per quello in inglese) a 421. Ma il gap non si riferisce solo ai 58 accessi non riconosciuti, bensì si allarga a 89, se si considera che per il prossimo anno accademico l’Università guidata da Daniela Mapelli ne aveva chiesti al Miur 510: 85 per ognuno dei quattro corsi di laurea a Padova, 90 per quello attivato a Treviso e 80 per il percorso in inglese. E invece aumentano solo quelli di Odontoiatria, da 27 a 32, mentre restano 96 gli accessi a Veterinaria.
Va meglio all’Università di Verona, che ottiene i 30 posti in più richiesti, passando da 225 a 255 (compresi i 3 per gli studenti stranieri) e mantiene i 25 di Odontoiatria. Al momento dunque il Veneto conta 676 posti disponibili a fronte dei 900 richiesti dalla Regione, che martedì scorso con l’assessore alla Sanità, Manuela Lanzarin, ha espresso preoccupazione ai presidenti delle Scuole di Medicina di Padova, professor Angelo Paolo Dei Tos, e di Verona, professor Giuseppe Lippi, convocati per discutere il tema. «È un’assegnazione provvisoria, adesso parte la negoziazione tra gli Atenei e un’apposita commissione istituita dal ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, e chiamata a esaminare l’ipotesi del 20% di posti in più da noi richiesti, aggiungendo 15 allievi per aula agli attuali 60 — spiega Dei Tos —. Si esprimerà a fine marzo e, in attesa della risposta di Agenas sulla possibilità di formare aule da 75 studenti, la commissione si esprimerà sulla domanda di nuove risorse per docenti e aule aggiuntivi avanzata dai rettori. A questo punto è tramontata l’idea di cancellare il numero chiuso, perché non abbiamo abbastanza insegnanti, spazi di docenza, posti letto per il tirocinio e laboratori in grado di far fronte a migliaia di iscritti in più (per esempio al test di ingresso a Medicina a Padova si sono presentati 3004 candidati per 428 posti, ndr ). Anche perché al Fondo sanitario nazionale è stato tagliato un altro 0,7%. Comunque il nostro Ateneo si muoverà subito per ottenere i posti richiesti — chiude Dei Tos —. Domani il ministro Bernini presenzierà all’inaugurazione dell’anno accademico, ottima occasione per parlarne».
Sta invece già lavorando all’anno accademico 2024/2025 il professor Lippi, dato che l’Università di Verona ha ottenuto il +30 richiesto. «Nel 2024 vogliamo attivare anche noi il corso in inglese, con altri 50 posti — spiega il presidente della Scuola di Medicina — dovremo affittare spazi a Verona Fiere, per le nuove aule, e decidere in quali ospedali far fare il tirocinio ai medici in formazione».
Serafico l’Ordine dei Medici. «Abbiamo chiesto al Mur che ad ogni iscritto a Medicina corrisponda un posto nelle Scuole di specializzazione o nel corso triennale per medici di famiglia — rivela Giovanni Leoni, vicepresidente nazionale e presidente a Venezia —. Al netto del bisogno attuale va programmato il patrimonio di specialisti per i prossimi dieci anni, tenendo presente il rapporto tra pensionamenti e neolaureati ed eliminando il limbo dei camici grigi. Cioè i laureati che non riescono a completare il percorso formativo specializzandosi e che quindi non possono arrivare al letto del paziente. È il passaggio più importante».