«Nessuno merita il trattamento che il ministero dell’Istruzione guidato da Valeria Fedeli sta riservando a noi giovani medici». La protesta sui social monta giorno dopo giorno. Il problema è che il concorso atteso da almeno 13 mila neolaureati in Medicina per decidere il proprio futuro sta diventando una chimera. I post su Facebook si moltiplicano: «Vogliamo certezze, ma questo Paese non sa darcele» (Michela Censi); «Da ben tredici mesi siamo in attesa di un concorso che non si sa quando uscirà (Valeria Baldassarri); «Io mi sento più o meno così: un pomodoro lasciato al sole a marcire, nelle mani di un contadino improvvisato che ha fatto una serie di errori di calcolo e che ora non è capace di tirarsi fuori dai guai» (Mia Rossi); e ancora: «Siamo in un limbo. La mancata uscita del bando sta sconvolgendo la nostra vita sotto ogni punto di vista» (Virginia Gnn).
Il nervosismo è palpabile. In gioco c’è l’ingresso alle scuole di specializzazione, dove i medici freschi di laurea si preparano per diventare chirurghi oppure ginecologi o ortopedici, pediatri, infettivologi (e via dicendo). In contemporanea lavorano in corsia in ospedali convenzionati con i vari Atenei. Il test per vincere il posto di solito si svolge a fine luglio, preceduto a maggio da un bando del ministero dell’Istruzione che stabilisce il numero di accessi a disposizione per sede universitaria e materia. Al momento non c’è nulla: né la data dell’uno, né la pubblicazione dell’altro.
Il ritardo è legato al cambio di regole deciso dal ministro Fedeli per migliorare la qualità delle scuole di specializzazione: per la prima volta le 1.433 sedi vengono censite e valutate in base a criteri precisi, come il numero di pubblicazioni dei docenti e gli standard di assistenza degli ospedali, dove i futuri dottori devono contemporaneamente imparare e visitare i pazienti. Una novità che, tra una pratica burocratica e l’altra, sta portando a un’enorme dilazione dei tempi. «Entrare in formazione specialistica è il sogno di tutti i medici neolaureati — sottolinea Diego De Angelis, presidente di Medicinformazione, portale web che nelle ultime ore sta raccogliendo decine di proteste —. Noi esprimiamo profondo disappunto per il comportamento irrispettoso delle istituzioni». Gli fa eco Antonio Mancini, presidente dell’Accademia italiana medici specializzandi: «La pubblicazione del decreto ministeriale non può subire ulteriori ritardi: permetterci di diventare specializzandi è un dovere per le istituzioni e un diritto per i medici».
Il ministero dell’Istruzione, già in una nota del 12 agosto, assicura: «È in fase di conclusione la procedura di accreditamento delle scuole di specializzazione, per garantire che i nuovi specializzandi siano inseriti in percorsi di sempre maggiore qualità». Ora i documenti sono all’esame del ministero della Salute, che li dovrà rinviare al Miur. Solo allora ci potrà essere la pubblicazione dei posti messi a disposizione e, 60 giorni dopo, lo svolgimento del test d’ingresso in specialità. Il concorso rischia di svolgersi in zona Cesarini, ai primi di novembre, a ridosso dell’inizio dei corsi. Il ministero dell’Istruzione ce la farà? I dubbi non mancano, tanto che c’è chi è pronto a scommettere che il test d’ingresso alla fine verrà fatto con le vecchie regole. Oltre ai ritardi, anche la beffa.
Il Corriere della Sera – 19 agosto 2017