E a sorpresa nel testo del comunicato stampa di Palazzo Chigi spunta anche l’abolizione del test di Medicina. Una misura di cui si era parlato e che sembrava nelle corde del ministro Marco Bussetti, che aveva parlato di revisione e allargamento del numero dei candidati, ma che sembrava non imminente. E invece nel resoconto finale del Consiglio dei ministri che lunedì sera ha varato il decreto fiscale e la manovra economica c’è anche la misura che riguarda i migliaia di studenti che ogni anno tentano la strada del test per accedere alle facoltà di Medicina di tutta Italia. «Abolizione del numero chiuso nelle Facoltà di Medicina – Si abolisce il numero chiuso nelle Facoltà di Medicina, permettendo così a tutti di poter accedere agli studi», si legge nel testo pubblicato sul sito del governo. Una cosa ben diversa da quanto si leggeva nel Def: «Si procederà infine- si leggeva nel Documento di programmazione economica e finanziaria- alla revisione del sistema di accesso ai corsi a numero programmato, attraverso l’adozione di un modello che assicuri procedure idonee a orientare gli studenti verso le loro effettive attitudini». Una formula generica che faceva presupporre solo che il governo avrebbe messo mano alla questione provando magari a rinforzare l’orientamento per evitare che gli studenti accorressero in massa, e non che il test sarebbe stato abolito. Potrebbe essersi trattato a questo punto di un «colpo di mano» del vicepremier Matteo Salvini che aveva chiaramente espresso la sua contrarietà al test.
I fronti
Quest’anno sono stati 67 mila i candidati al test: praticamente solo uno su 7 ce l’ha fatta. Una necessità, secondo i rettori, limitare l’accesso per permettere una corretta gestione delle lezioni, oltre che per far sì che tutti abbiano delle chance di lavorare una volta finito il percorso di laurea. Una misura inutile, secondo molte associazioni di studenti- convinte che la selezione avvenga poi naturalmente col tempo- e secondo gli avvocati ricorsisti che negli anni si sono appellati a cavilli di ogni genere per dare a molti studenti esclusi la possibilità di partecipare ai corsi. In che modo verrà abolito il test, e quali saranno i criteri per permettere a tutti di accedere a Medicina, per ora non è chiaro. Perché al ministero dell’Istruzione non sono in grado di fornire chiarimenti e sono caduti dalle nuvole alla notizia del comunicato.
I tempi
Ma quando potrebbe essere abolito il test? In realtà è evidente che i tempi non saranno così rapidi e che il processo sarà graduale, e dovrà essere concordato tra il ministero e la Conferenza dei rettori. Da quanto filtra, c’è l’obiettivo di arrivare all’abolizione del test, ma è solo un punto di arrivo finale dopo un percorso che probabilmente sarà lento e segnato da tappe intermedie, come l’ampliamento del numero dei posti, soprattutto per quanto riguarda le borse di specializzazione. Il ministro non ha mai fatto mistero di avere a cuore il tema e di aver sollecitato risorse per il settore, ma una scelta così repentina e secca evidentemente non se l’aspettava neanche lui. Lunedì sera in Consiglio dei ministri Bussetti e la ministra della Salute Giulia Grillo avevano ribadito la richiesta di più fondi per poter incrementare il numero di posti per i candidati a Medicina e alle borse di specializzazione: ma la risposta è andata oltre le aspettative, e apre le porte ad una serie di questioni organizzative.
I rischi
“Decisione folle. Nella Legge di Bilancio, tolto il numero chiuso a Medicina” ha scritto in un tweet il presidente dell’Istituto superiore della Sanità, Walter Ricciardi.
E parla di un effetto boomerang Pierluigi Marini, presidente dell’Associazione Chirurghi Ospedalieri italiani, spiegando che senza un incremento delle borse di specializzazione, i giovani laureati in Medicina si troveranno “in una sorta di imbuto: perché non potranno accedere ai concorsi pubblici e dovranno trasferirsi all’estero per cercare lavoro”. Secondo il presidente di Acoi si rischia una nuova fuga di cervelli all’estero.
Per Carlo Palermo, segretario nazionale dell’associazione medici e dirigenti del Sistema Sanitario nazionale,l’abolizione del numero chiuso è “una sciagura”. E questo perché “le strutture (universitarie, ndr) adesso possono accogliere 10mila persone all’anno, e se si passa a 70-80mila persone le università saranno costrette ad affittare cinema per fare lezione”. Senza contare il numero insufficiente di laboratori.
Insomma, in questo modo si perde di vista l’obiettivo vero, la formazione. “La priorità – prosegue Palermo – non è incrementare il numero di laureati in medicina” dal momento che “nei prossimi 5 anni saranno più di 50mila”, il vero problema è che mancano gli specialisti. “Su 10mila medici, il percorso post laurea è limitato a 7mila persone: 6mila sono i contratti di formazione specialistica e mille le borse per medicina generale”. Ad oggi sono circa 10mila i laureati che si trovano “in un limbo formativo”, cifra destinata a crescere fino a 20mila in tre anni. “Invece di sprecare risorse sull’allargamento delle persone che escono dalle facoltà di medicina – spiega Palermo -, bisognerebbe cercare di far corrispondere i contratti di formazione con il numero di laureati“. Inoltre, per il combinato disposto con la controriforma della Fornero, le conseguenze saranno deleterie. “Se poi aggiungiamo quota cento abbiamo un disastro totale“. Infatti, a causa delle nuove norme “nei prossimi 5 anni ci aspettiamo l’uscita di 50mila medici specialisti nel periodo 2019-2023 che non potranno essere sostituiti”.
Intanto, il ministro della Pubblica Istruzione, Marco Bussetti, ha smentito la notizia dell’abolizione del numero chiuso a medicina. “Voglio essere sincero a me non risulta”, ha commentato lapidario. Il ministro ha poi spiegato che “sarà un percorso graduale di allargamento del numero di ammessi alla facoltà“. In Consiglio dei Ministri, il ministro della Sanità Giulia Grillo e lo stesso Bussetti hanno chiesto di “aumentare sia gli accessi sia i contratti delle borse di studio per Medicina. E’ un auspicio condiviso da tutte le forze di maggioranza che il governo intende onorare”, si legge in una nota congiunta emanata dai due ministeri.
Si smarca dal coro di critiche il Codacons, l’associazione di tutela dei consumatori, secondo il quale “l’abolizione del numero chiuso a medicina “è una rivoluzione attesa da anni che determinerà enormi benefici per gli studenti e per l’intero settore sanitario”.
“I test di ammissione a medicina, che determinano in favore degli atenei un giro d’affari stimato in 3 milioni di euro annui, non hanno alcun rapporto con il reale fabbisogno di medici nel nostro paese ed esistono solo perché le università italiane non hanno la capacità di accogliere tutti gli studenti che ne fanno richiesta – spiega il presidente Carlo Rienzi – lo stop al numero chiuso mette finalmente termine alle speculazioni delle università e alle ingiuste discriminazioni a danno degli aspiranti camici banchi, e garantirà pienamente il diritto allo studio dei giovani, con vantaggi per l’intero SSN”