Niente più riforma liberal della libera professione intramuraria per i medici pubblici. E stop alla stessa libera professione per gli infermieri. Impallinato a più riprese dalle Regioni, il Ddl sulla cosiddetta «governance sanitaria» cambia nuovamente volto. Asciugato, limato, ampiamente corretto e rivisto. Come, appunto, fosse stato (ri)scritto dai governatori. Ecco così che il nuovo testo della commissione Affari sociali della Camera, appena presentato dal relatore Domenico Di Virgilio (Pdl), va incontro a un nuovo tour de force nella speranza di trovare spazi utili in una stagione parlamentare che si annuncia più che mai caratterizzata dall’incertezza politica.
A ostacolare la riforma è stato soprattutto il fronte delle Regioni che hanno ripetutamente invocato, e incassato, la propria supremazia organizzativa (e non solo) in punta di Costituzione e di federalismo.
E così il Parlamento ha dovuto fare di necessità virtù, ben sapendo i rischi di incorrere in una legge che poi la Consulta avrebbe bocciato. Un aspetto che evidentemente è stato ancora una volta ben considerato nella formulazione del nuovo testo del relatore che entro la metà del mese dovrebbe tornare al parere della Commissione salute delle Regioni. E di qui poi, eventualmente, proseguire il proprio iter alla Camera.
La principale novità è senz’altro la cancellazione tout court della riforma della libera professione intramoenia dei medici del Sistema sanitario nazionale, che con il precedente testo veniva decisamente liberalizzata.
Stessa sorte è toccata all’apertura della libera professione anche agli infermieri prima prevista (e richiesta dalla categoria): l’articolo salta del tutto. Così come viene eliminata la responsabilità dei direttori di dipartimento. Mentre sulle funzioni del collegio di direzione nelle aziende sanitarie viene accolta in pieno un’altra richiesta delle Regioni: spetterà a loro assicurare la partecipazione a questo organismo di tutte le figure professionali, con la precisazione che il collegio di direzione dovrà concorrere al governo delle attività cliniche e partecipare alla pianificazione delle attività e dello sviluppo organizzativo delle aziende sanitarie.
Ma le novità “imposte” dai governatori non si fermano qui. Come per i requisiti e i criteri di valutazione dei manager di Asl e ospedali: saranno nominati dalle Regioni, con «adeguate» misure di pubblicità delle nomine e di trasparenza nella valutazione dei candidati, che definiranno anche i i criteri di valutazione e verifica delle loro attività anche sulla base dei risultati conseguiti, incluso il rispetto degli equilibri economico-finanziari.
Altre modifiche interessano la selezione dei primari e la riscrittura ex novo delle regole sui dipartimenti. Mentre sui limiti d’età per il collocamento a riposo dei dirigenti medici e sanitari medici viene confermato il tetto dei 67 anni, che potrà salire a 70 se richiesto dagli interessati e poi accettato dal collegio di direzione dell’azienda sanitaria
Roberto Turno
Ilsole24ore.com – 24 settembre 2011