Basta parlare con un medico che lavora nel Servizio sanitario nazionale per percepire il pessimismo che dilaga fra questi professionisti. Turni di lavoro sempre più lunghi, riposi mancati, carenza di personale, scarsa sicurezza, retribuzioni giudicate troppo basse sono fra i principali motivi di disaffezione di questi operatori sanitari, come mostra nero su bianco una recente indagine.
Fattori che affliggono 8 medici su 10, spinti a guardarsi intorno, in vista di un trasferimento nel privato o all’estero. Verso Paesi come Svizzera e Inghilterra.
Sanità e manovra
Eppure, sembra che lo stato di salute del Ssn preoccupi l’esecutivo. Tanto che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha assicurato che la Legge di Bilancio si occuperà anche di sanità.
Tra le priorità del Governo, alle prese ancora una volta con una coperta corta, Meloni ha indicato l’abbattimento delle liste di attesa. Figlie, anche, della carenza di operatori, “Mettere la sanità tra le priorità di una Manovra economica per preservarla e rafforzarla è un cambio di passo importante – ha sottolineato il presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei medici, Filippo Anelli – Un’inversione di rotta” cruciale per frenare “la deriva verso il privato, che deve integrare e sostenere il servizio pubblico, non sostituirlo”.
Medici stanchi e stressati
Ma cosa pensano davvero i ‘camici bianchi’ del proprio lavoro? A dircerlo è Univadis Medscape Italia – portale di informazione per i professionisti della salute – che ha messo sotto la lente un campione di 1.169 operatori sanitari impiegati a tempo pieno. Risultato: questi operatori, e non è una sorpresa, sono stanchi e stressati. Benchè il rapporto con i pazienti e l’amore per il proprio lavoro rappresentino ancora la fonte principale di appagamento e soddisfazione per larga parte degli intervistati, sono sempre di più quelli convinti di non guadagnare abbastanza e di non apprezzare più come prima il proprio lavoro.
Il 57% pensa che il carico di lavoro sia aumentato e solo nel 27% dei casi è stato assunto nuovo personale all’interno della struttura ospedaliera. Inoltre, se nella precedente indagine del 2020 la burocrazia era considerata l’ostacolo principale per i medici (ora viene citata solo dal 17% del campione), nel 2022 è la mancanza di personale ad affliggerli nel 35% dei casi.
Stipendi troppo bassi
Altro tasto dolente, al centro anche della trattativa per il rinnovo del contratto collettivo in corso all’Aran, è quello della retribuzione. L’89% dei camici bianchi ritiene i non essere pagato abbastanza. “I medici italiani – spiega Daniela Ovadia, direttrice di Univadis Medscape Italia e autrice del report – guadagnano in media 60.000 euro l’anno, ma esiste una grande differenza tra gli ospedalieri e chi opera soprattutto in ambulatorio, inclusi i medici di medicina generale: se per i primi si arriva in media a 56.000 euro l’anno, chi riceve pazienti in ambulatorio guadagna fino a 79.000 euro, ben 23.000 in più”.
“Le donne poi sono una categoria che viene ulteriormente (e severamente) penalizzata: in media guadagnano circa 20.000 euro all’anno in meno dei colleghi uomini, con l’aggravante di pagare spesso anche il conto più salato in termini di equilibrio tra vita privata e professionale”.
Uno scenario su cui pesa anche l’aumento dell’inflazione – per il 77% dei rispondenti il potere d’acquisto è diminuito rispetto al 2021, e per il 75% la situazione non migliorerà nei prossimi due anni – così come quello delle spese generali, incluse quelle relative alla sottoscrizione di contratti di assicurazione integrativa che il 73% dei medici dipendenti paga di tasca propria.
Il fascino delle tecnologie
C’è infine un aspetto interessante: nel report del 2020 si era registrato scettiscismo rispetto all’utilizzo dei nuovi strumenti digitali nell’ambito della salute, mentre adesso risulta in netta crescita chi utilizza strumenti di telemedicina (36%) e ne è soddisfatto (il 71% degli intervistati), tanto che il 20% prevede di estendere la telemedicina alla teleconsultazione (e il 38% ci sta pensando).
Chi guarda all’estero
Ma allora qual è il bilancio dei professionisti? Se il 60% dei medici confermerebbe ancora oggi la scelta della propria professione, rispetto al 2020 questo dato è calato di 12 punti percentuali.
Così “sempre più medici, soprattutto i più giovani, sono spinti ad andare a lavorare all’estero, verso Paesi come Svizzera e Inghilterra. Oppure, per ovviare alle difficoltà, si guarda alla sanità privata, un settore che attira sempre maggiore attenzione (per il 32% del campione). Cosi come per la prima volta, abbiamo registrato una consistente percentuale di medici che pensa di mettersi in proprio (17%)”, conclude l’autrice del report.