Il nuovo contratto dei camici bianchi – in realtà già scaduto – coincide con la fine della fase più acuta della pandemia, ma anche con la partenza degli investimenti del Pnrr che cubano in tutto 20 miliardi per la Sanità e punta – così si legge nell’atto di indirizzo – sia a «incentivare l’ingresso nel Ssn dei giovani» che a «trattenere/fidelizzare i professionisti che già vi operano, prevedendo sviluppi di carriera, ma anche modalità di lavoro che consentano una migliore armonizzazione con la vita privata e familiare». Da anni si assiste infatti a un vero e proprio esodo dal Servizio sanitario pubblico, fenomeno che si è accentuato con la pandemia, sia per la minore attrattività economica che per le condizioni di lavoro sempre più proibitive, tra turni massacranti, ferie e riposi saltati e progressioni di carriera bloccate. «I fondi messi a disposizione non bastano certo a rendere più attrattivo il lavoro nel Ssn, ma questo contratto va in ogni modo sfruttato per migliorare le condizioni di lavoro, diritti come ferie e riposi devono essere davvero esigibili e ci vuole anche più flessibilità invece che circondare i medici di obblighi e incompatibilità», avverte Pierino Di Silverio segretario di Anaao Assomed, la principale sigla degli ospedalieri. Che sottolinea come sia cruciale «incentivare i giovani consentendo scatti e carriera da subito altrimenti poi non ci dobbiamo interrogare come mai un giovane preferisce lavorare a gettone piuttosto che farsi assumere a tempo indeterminato». Un nervo scoperto, questo dei medici esterni pagati a gettone dagli ospedali quasi a peso d’oro per coprire i buchi nei turni, su cui ieri il ministro della Salute Orazio Schillaci – in audizione in Parlamento – ha promesso un intervento a stretto giro: «È mia intenzione affrontare, anche con provvedimenti straordinari e di urgenza, il fenomeno crescente del ricorso ad appalti esterni da parte delle aziende e degli enti del Ssn per garantire i servizi assistenziali». Per il ministro c’è un «uso distorto delle esternalizzazioni» che «non soltanto genera un sempre più gravoso onere in capo alle strutture, ma comporta anche gravi criticità in termini di sicurezza delle cure, sia perché non sempre offre adeguate garanzie sulle competenze dei professionisti coinvolti, sia per la ridotta fidelizzazione di questi ultimi alle strutture pubbliche».
Anche il ministro della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo che ha firmato i due atti di indirizzo (quello per i medici e per le funzioni centrali) dopo aver ribadito che il Governo porrà «un’attenzione particolare al comparto utilizzando tutti gli strumenti finanziari possibili per investire risorse in un settore strategico come quello della salute pubblica» è intervenuto sul tema dei gettonisti: «La contingente carenza di personale medico, soprattutto in alcuni ambiti specialistici, e il fenomeno delle dimissioni volontarie determinano la necessità di interventi a livello economico e operativo anche per limitare, per quanto possibile, le esternalizzazioni».
Critica infine sulle risorse stanziate per il contratto anche la Federazione veterinari medici e dirigenti sanitari: «A meno di un intervento straordinario in termini economici e normativi – afferma il presidente Aldo Grasselli – non sarà questo contratto povero, tardivo, timido e frettoloso, a mitigare il malcontento del personale sanitario».