I precari in sanità, secodo il Conto annuale della Ragioneria generale dello Stato analizzato a gennaio 2011 da Il Sole-24 Ore Sanità, sono aumentati di oltre il 50% dal 2001
Un aumento legato non tanto ai contratti atipici, quanto a quelli a tempo determinato, utilizzati per coprire i buchi procurati dai blocchi del turn over. Nell’ultimo anno rilevato dal Conto annuale a tempo determinato nel Ssn lavoravano 32.981 unità di personale, di cui 22.973 donne. I medici a tempo determinato sono 6.620 di cui 3.755 donne.
«Il precariato rappresenta ad oggi il male peggiore per il “sistema lavoro” del nostro Paese. Ma non sono certo i precari i responsabili di questo degrado, bensì le condizioni di incertezza, instabilità e talvolta di abusi in cui sono costretti a lavorare. Una flessibilità disordinata ha reso i giovani vittime del massimo di arbitrarietà riducendo il perimetro delle garanzie».
E’ questo il commento del segretarionazionale dell’Anaao Assomed Costantino Troise in risposta alle dichiarazioni sui precari del Ministro Renato Brunetta. Nel mondo della sanità, prosegue Troise, i precari sono professionisti con anni di esperienza che svolgono i propri compiti con estrema dedizione e professionalità senza godere spesso dei diritti fondamentali di un lavoratore quali la malattia, le ferie, la maternità.
Nonostante la mancanza di progettualità professionale e personale, sono impegnati nei punti cardine dell’assistenza sanitaria, rappresentando una garanzia di continuità e qualità di cure per i cittadini.
Occorre un maggiore rispetto nei confronti del loro lavoro soprattutto da parte di chi rappresenta le istituzioni, perché il vero male per il Paese è, conclude Troise, il blocco del turn over imposto dalle leggi e l’impossibilità di dare a questi colleghi di alto profilo e di spesso di decennale esperienza il ruolo che spetta loro nel Servizio sanitario nazionale.
«Noi siamo stati sempre contrari ai contratti precari in sanità, perché sono pericolosi. A risentirne è infatti anche la qualità del lavoro. Un medico precario non inserito e strutturato lavora in un clima di incertezza, instabilità, senza prospettiva. E, seppur bravo, può anche essere demotivato». Ad affermarlo è il presidente della Cimo Asmd, Riccardo Cassi. Dal confronto delle tabelle 2001 e 2009 della Ragioneria dello Stato è infatti emerso che il numero dei camici bianchi con contratti di lavoro a termine è quasi raddoppiato: da 3.700 a 6.000.
«Nonostante il nostro impegno – sottolinea Cassi – negli ultimi 10 anni questo tipo di contratti a tempo determinato sono cresciuti. È arrivato però ora il momento di trovare soluzioni, altrimenti il Servizio sanitario nazionale va a rotoli. Chiederemo – conclude il presidente della Cimo Asmd – al ministro della Salute Ferruccio Fazio e alle Regioni di farsi carico del problema».
Per Cozza, «nonostante i diktat del ministro dell’Economia Tremonti e del ministro della Pubblica amministrazione Brunetta stiamo comunque chiudendo accordi regionali almeno per la proroga dei rapporti di lavoro precari, come nel Lazio e ieri in Campania», ma a garanzia dell’assistenza ai cittadini servono «percorsi di stabilizzazione».
Gli 8 mila camici bianchi precari del Servizio sanitario nazionale stimati dal sindacato rappresentano circa l’8% dei medici che lavorano nella sanità pubblica. Ma l’8% è solo la percentuale media nazionale dei camici bianchi precari. In realtà il dato varia da regione a regione. È il caso, ad esempio, del Lazio, dove – secondo le tabelle 2007 del ministero della Salute, relative al personale medico che opera nelle strutture di ricovero pubbliche – si contano 10.658 professionisti. I 1.200 precari registrati dalla Cgil Medici rappresentano quindi circa il 12%. Stessa cosa in Abruzzo, dove su 2.287 medici, 300 risultano ‘a tempò: circa il 13%. «Complessivamente – sottolinea Cozza – sono comunque sempre di meno i medici che lavorano nella sanità pubblica e con disagi crescenti a danno della qualità del lavoro e dell’assistenza e con maggiori probabilità di rischi clinici per minori riposi e più straordinari». Ma i problemi, per i medici precari, potrebbero non essere finiti. All’orizzonte si intravedono nubi sempre più minacciose. «La situazione – conclude Cozza – rischia di diventare esplosiva se dovessero avverarsi le indiscrezioni sul taglio nella prossima manovra di 6 miliardi per la sanità».
sanita.ilsole24ore.com – 16 giugno 2011
Analisi. Precari: in dieci anni raddoppiano i medici, in calo i veterinari
Il medico italiano? Sempre più precario. In 10 anni, nel nostro Paese, il numero dei camici bianchi con contratti di lavoro a termine è quasi raddoppiato: da 3.700 a 6.000.
Quasi il 50% in più. Una percentuale, tra l’altro, che per quanto riguarda le donne medico è stata ampiamente raggiunta: se nel 2001 i camici rosa precari erano 1.700, alla fine del 2009 se ne contavano già 3.400. E’ quanto emerge dall’analisi elaborata dall’Adnkronos Salute, che tiene conto delle tabelle della Ragioneria dello Stato sul personale del Servizio sanitario nazionale con rapporto di lavoro flessibile. L’indagine – una fotografia sulla forza lavoro che si occupa del bene più prezioso: la salute dei cittadini – mette a confronto due prospetti del Conto annuale, quello del 2001 e quello del 2009. Il paragone tra le due tabelle non lascia spazio a dubbi: dal 2001 al 2009 l’esercito dei camici bianchi a tempo determinato – ma vale anche per gli infermieri e fisioterapisti – è aumentato e di molto. Nel 2001 si contavano 3.527 medici (1.718 donne); 168 veterinari (62 donne); 1 odontoiatria. Alla fine del 2009, quindi dopo 10 anni, i numeri sono decisamente diversi. Per le stesse categorie professionali oggi abbiamo: 5.889 medici (3.373 donne); 90 veterinari – unica categoria in calo – di cui 29 donne; 10 dentisti (2 donne). Insomma, sul nuovo millennio soffia un vento di precarietà per i medici e per tutti coloro che si occupano della salute dei cittadini. E i numeri che emergono dalle tabelle della Ragioneria dello Stato potrebbero sottostimare il fenomeno. Secondo Massimo Cozza, segretario nazionale della Fp Cgil medici, “non esistono infatti dati certi a livello nazionale. Noi stimiamo circa 8.000 medici precari. Soprattutto – aggiunge – sono in aumento i rapporti di lavoro ‘invisibili’ di natura libero professionale, a gettone, a più basso costo per le aziende ma con minori tutele su malattia, ferie e maternità. Un fattore, questo, rilevante considerando l’alta percentuale di donne”. Per Cozza, “nonostante i diktat del ministro dell’Economia Tremonti e del ministro della Pubblica amministrazione Brunetta stiamo comunque chiudendo accordi regionali almeno per la proroga dei rapporti di lavoro precari, come nel Lazio e ieri in Campania”, ma a garanzia dell’assistenza ai cittadini servono “percorsi di stabilizzazione”. Gli 8 mila camici bianchi precari del Servizio sanitario nazionale stimati dal sindacato rappresentano circa l’8% dei medici che lavorano nella sanità pubblica. Ma l’8% è solo la percentuale media nazionale dei camici bianchi precari. In realtà il dato varia da regione a regione. E’ il caso, ad esempio, del Lazio, dove – secondo le tabelle 2007 del ministero della Salute, relative al personale medico che opera nelle strutture di ricovero pubbliche – si contano 10.658 professionisti. I 1.200 precari registrati dalla Cgil Medici rappresentano quindi circa il 12%. Stessa cosa in Abruzzo, dove su 2.287 medici, 300 risultano ‘a tempo’: circa il 13%. “Complessivamente – sottolinea Cozza – sono comunque sempre di meno i medici che lavorano nella sanità pubblica e con disagi crescenti a danno della qualità del lavoro e dell’assistenza e con maggiori probabilità di rischi clinici per minori riposi e più straordinari”. Ma i problemi, per i medici precari, potrebbero non essere finiti. All’orizzonte si intravedono nubi sempre più minacciose. “La situazione – conclude Cozza – rischia di diventare esplosiva se dovessero avverarsi le indiscrezioni sul taglio nella prossima manovra di 6 miliardi per la sanità”.
Adnkrons – 16 giugno 2011