Il Sole 24 Ore. Se in questi ultimi mesi e anni si è assistito a una rincorsa di date anagrafiche – 62, 64,65,67, e/o di quote 100, 102, 104 per andare prima in pensione – nel mondo medico i sanitari hanno, in molti, cercato invece di spostare in avanti la data del loro pensionamento.
Una legge nel 1991 aveva dato loro (ai primari ospedalieri in particolare) la possibilità di lasciare il posto a 70 anni, mentre in generale l’età lavorativa per quasi tutto il mondo del lavoro, si interrompeva a 65 anni. Ma anche il limite dei 70 anni non era bastato ad alcuni apicali. Volevano restare ancora oltre. Addirittura sollecitarono l’allora Ragioniere Generale dello Stato, Monorchio, a favorirne il loro mantenimento in servizio sino a 72 anni.
Dall’inizio della pandemia si è assistito all’introduzione di varie norme aventi l’obiettivo di aumentare le risorse di personale medico, per fare fronte all’emergenza sanitaria da Covid- 19, attraverso forme di reclutamento più snelle, destinate anche a sanitari collocati in quiescenza.
Tali norme hanno consentito, in deroga alla disciplina vigente, il conferimento di incarichi, principalmente di lavoro autonomo o di collaborazione coordinata e continuativa, anche a soggetti che prima della diffusione del virus non avrebbero potuto ricoprirli. Ultimamente abbiamo saputo, anche, della proposta di alcuni ex primari in pensione che si propongono di essere richiamati in servizio sino a tutto il 2025, rinunciando alla retribuzione e accontentandosi di un indennizzo pari a quello pensionistico maturato al 70 esimo anno d’età. La proposta ha trovato i deputati Devito e Morassut disposti a elaborare un emendamento, da introdurre nei prossimi decreti in discussione al Parlamento, che possa favorire tale desiderio.
Attualmente l’articolo 3-bis del decreto-legge n. 2 del 14 gennaio consente, in relazione allo stato di emergenza epidemiologica da Covid-19, alle aziende sanitarie e socio-sanitarie di conferire incarichi al personale sanitario titolare di pensione di vecchiaia, a condizione che tali incarichi abbiano una scadenza non successiva al 31 dicembre 2022. È opportuno, anche, ricordare che l’art. 1, comma 461, della legge n. 178 del 30 dicembre 2020 (Legge di bilancio 2021), per garantire la piena attuazione del piano vaccinale straordinario della popolazione (art. 1, comma 457), ha previsto un’altra forma di reclutamento dei medici in quiescenza. A partire dal 1° gennaio 2021, infatti, per concorrere allo svolgimento dell’attività di profilassi vaccinale, i medici pensionati potevano essere assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato in somministrazione. Per tale tipologia di incarichi non è prevista alcuna incumulabilità con il trattamento pensionistico (di vecchiaia o anticipato) condizione diversa dalla proibizione introdotta dalla legge “Madia” 124/2015 con cui è stato fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di attribuire incarichi direttivi, dirigenziali, di studio e di consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza. Qualora al professionista in pensione sia conferito un incarico i relativi compensi e il trattamento pensionistico possono essere cumulati, allo stato attuale, sino al 31 marzo 2022. A questo riguardo diverse Asl, visto che lo stato di emergenza cesserà definitivamente il 31 marzo, si stanno affrettando a stipulare contratti semestrali, anche con decorrenza retroattiva, trattandosi dell’ultimo treno per richiamare in servizio i pensionati. Questi ultimi si trovano tuttavia disorientati perché, fermo restando che potranno continuare a percepire insieme stipendio e pensione fino alla fine del mese, si chiedono se dovranno effettuare particolari adempimenti per il periodo successivo, e quali dovranno essere. Al contrario, più semplice la condizione per coloro che sono stati soggetti al conferimento di incarichi con scadenza non oltre il 31 dicembre 2022 . Questa condizione impone al pensionato di scegliere se mantenere il trattamento pensionistico oppure la remunerazione per l’incarico medesimo. Pertanto, laddove il sanitario optasse per la retribuzione derivante dall’incarico, l’Inps provvederà a sospendere la pensione di vecchiaia a decorrere dal mese in cui è stata corrisposta la retribuzione e fino alla scadenza dell’incarico.
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