Specializzandi contrattualizzati a tempo per lavorare in corsia con compiti e responsabilitá cliniche, durante gli ultimi 2 anni della scuola. Riequilibrio dei posti e delle scuole a seconda del fabbisogno delle Regioni, e taglio di un anno della durata di alcune scuole.
È il piano del ministero della Salute per le scuole di specializzazione medica, anticipato sul n. 22/2011 de Il Sole-24 Ore Sanità e confernato oggi dal ministero della Salute Ferruccio Fazio, intervenuto al convegno «Rapporto Ospedale-Universita» organizzato dalla Regione Lombardia oggi.
Per far fronte alla futura carenza di medici segnalata in particolare da alcune Regioni, Lombardia in prima fila, Fazio delinea alcune proposte in cantiere. «Una è giá in Parlamento – spiega – e il Governo è sicuramente favorevole. Si tratta di un emendamento al disegno di legge sul governo clinico che propone di trasformare gli specializzandi degli ultimi due anni in assistenti con compiti clinici, con assunzione a tempo da parte delle Asl e delle aziende ospedaliere. Questo libererebbe due quinti dei corrispondenti posti per contratti di formazione, permettendoci di aumentare le risorse». L’idea è di importarè dagli Usa una figura: quella del ‘resident’, uno specializzando che ha responsabilitá e autonomia clinica. Un’ipotesi che «potrebbe andare in porto rapidamente, al massimo entro ottobre», con l’approvazione del Ddl sul governo clinico. In pratica negli ultimi due anni gli specializzandi sarebbero stipendiati dalle strutture sanitarie in cui operano, e i fondi con cui venivano finanziate le loro borse di studio servirebbero per mantenere altri specializzandi, aumentando di fatto i posti disponibili.
«Un altro modo per liberare posti sarebbe quello di ridurre da 5 a 4 anni la durata di alcune scuole di specializzazione. Così si recupererebbe un altro 20% di risorse», prosegue Fazio. Con queste misure si potrebbero aumentare le nuove leve arrivando dalle attuali 5 mila unitá «a 7.500-8.000», stima il ministro.
Le azioni da mettere subito in campo riguardano anche il riequilibrio delle borse di studio: «Oggi sono maldistribuite – riflette Fazio – Bisognerebbe dividere le scuole tra le Regioni a seconda del fabbisogno e anche riequilibrare la distribuzione degli specializzandi a livello interregionale». Fazio è ottimista sul ricambio generazionale dei camici bianchi: «C’è chi avanza preoccupazioni per la futura carenza di laureati in medicina.
Noi siamo a quota 9.500, il 30% in più rispetto al 2008. Il Piano sanitario nazionale suggerisce di attestarci su 10 mila. Dunque siamo in linea. Oggi siamo a 4,1 medici per mille abitanti in Italia, contro una media Ocse di 3,3. E anche se ci sará una diminuzione in futuro, noi dovremmo comunque riuscire a mantenerci sui livelli giusti».
L’integrazione fra ospedali e universitá potrebbe essere affrontata «nell’ambito dei decreti attuativi interministeriali del ministro Gelmini che ci darebbero la possibilitá di ovviare alla situazione non omogenea. Ad oggi non esiste una bozza nè del ministero dell’Universitá nè del ministero della Salute. Ma io penso a un decreto che dovrá contenere norme di principio, a salvaguardia delle autonomie regionali. Proprio per questo l’iter prevede il passaggio obbligatorio in Conferenza Stato-Regioni» ha concluso.
Questo il servizio con la proposta dettagliata anticipato il 7 giugno su Il Sole-24 Ore Sanità.
Riduzione a 4 anni della durata delle scuole di specializzazione mediche, cambio di rotta nel sistema di finanziamento dei contratti per gli specializzandi che dovrebbero essere finanziati per un triennio dallo Stato e per il resto (due anni al massimo) con contratto di lavoro dipendente presso il Servizio sanitario regionale, accorpamento delle specializzazioni. Sono queste alcune soluzioni, in mancanza di finanziamenti aggiuntivi, all’annunciata impossibilità di garantire un numero adeguato di contratti di formazione dal 2012 in poi, che gli assessori regionali alla Sanità hanno ipotizzato in un incontro di fine maggio del coordinamento della Commissione Salute delle Regioni e del ministero della Salute sulla determinazione dei fabbisogni formativi. Il rischio annunciato è che con le previsioni del Dm 1° agosto 2005 (riassetto delle scuole di specializzazione di area sanitaria) e il previsto allungamento della durata delle scuole da 4 a 5 anni e da 5 a 6 anni per neurochirurgia, dall’anno accademico 2012-2013 manchino le risorse per i contratti di formazione. Da quell’anno infatti, secondo la previsione delle Regioni e della Salute, ci saranno circa 2.800 contratti da finanziare per un anno aggiuntivo ai quali dall’anno accademico 2013-2014 si aggiungeranno anche quelli per il sesto anno di neurochirurgia. A «invarianza dei fondi», è l’allarme, si potranno finanziare poco più di 2mila nuovi contratti dal 2013-2014: oggi lo Stato ne finanzia 5mila rispetto a un fabbisogno indicato dalle Regioni di 8.851 unità per il 2010-2011, in sostanza il 43% in meno di quelli ritenuti necessari.
La variazione dei fabbisogni. Un’attenta revisione delle Regioni del fabbisogno di specialisti basato sulle necessità territoriali (sistema formativo universitario, dinamiche demografico-occupazionali, popolazione residente-fluttuante come studenti, turisti, extracomunitari ecc., patologie di forte rilevanza) mette in evidenza una riduzione del 4,6% dei contratti per l’anno accademico 2011-2012 rispetto al precedente 2010-2011 (si veda tabella a pag. 25). Ma all’interno delle diverse specialità il calcolo si differenzia. Si hanno così alcune scuole il cui fabbisogno sarebbe in calo oltre il 20% e altre che al contrario avrebbero un fabbisogno in aumento di oltre il 20%. Tra le prime c’è medicina del lavoro, di comunità, di emergenza e urgenza, legale (con il calo maggiore del -34,5%), microbiologia e virologia, neurofisiopatologia e tossicologia medica. Tra le specialità in aumento oltre il 20% è al top chirurgia pediatrica (63,1%), seguita da chirurgia plastica e ricostruttiva, pediatria, endocrinologia e malattie del ricambio, ematologia.
La suddivisione dei contratti. Altro obiettivo – e su questo gli assessori sono al lavoro – è giungere a una metodologia di rilevazione dei fabbisogni che avvicini ogni Regione a un “punto di equilibrio” oggi distante. Infatti, se a esempio il fabbisogno formativo delle singole Regioni si parametra sulle grandezze demografiche, territori con analoghi livelli di popolazione presentano fabbisogni molto diversi. A esempio Veneto e Sicilia con circa 5 milioni di abitanti (8%) richiedono, rispettivamente, 432 (5%) e 842 unità (10%); Puglia, Piemonte ed Emilia Romagna con 4.400.000 abitanti (7%) richiedono 288 (3%), 674 (8%) e 556 unità (6%). Poi c’è il Lazio, che con il 9% della popolazione nazionale richiede il 24% del totale del fabbisogno formativo nazionale.
Differenze anche in base al fabbisogno formativo per 100mila abitanti (il rapporto percentuale tra totale del fabbisogno e totale della popolazione). Rispetto alla media nazionale di 15 unità ogni 100mila abitanti, solo il Piemonte (15) è in linea. Dodici Regioni (Puglia, Lombardia, Trento, Marche, Veneto, Liguria, Calabria, Toscana, Friuli, Emilia Romagna, Umbria, Campania) hanno un valore inferiore alla media e cinque (Sardegna, Sicilia, Valle d’Aosta, Abruzzo e Bolzano) superiore. Molise, Lazio e Basilicata hanno valori quasi doppi della media.
L’iscrizione ai corsi di laurea. Oltre al fabbisogno di specialisti, le Regioni hanno affrontato anche quello delle iscrizioni ai corsi di laurea in Medicina. Per due ragioni. La prima è la carenza annunciata di medici a partire dal 2014-2015. La seconda è che a fronte di un basso numero di iscritti e con una “mortalità” studentesca in media del 10%, alla fine del corso di laurea a esempio 2009-2010 su un totale di quasi 8.100 posti i laureati sono stati 6.709, di molto inferiore al fabbisogno di specialisti regionale indicato in quasi 8.500 contratti (si veda grafico). Per il 2010-2011 i posti disponibili per le immatricolazioni sono cresciuti del 29% (l’offerta formativa è stata di 9.527 posti su un fabbisogno richiesto di 10.160) e se il trend di mortalità si mantenesse costante il numero di laureati (8.500 circa) sarebbe appena sufficiente al fabbisogno 2011-2012 di specializzandi (8.438).
Sul versante della carenza futura di medici le Regioni confermano i dati già elaborati dalla FnomCeo: oltre la metà dei medici dipendenti dal Ssn ha tra i 50 e i 59 anni e tra i Mmg fanno parte di questa fascia d’età 30mila medici su 45mila. Prevedendo l’uscita dal lavoro a 66 anni, il saldo negativo di medici sarebbe tra il 2014 e il 2031 e la carenza 2011-2031 di circa -61mila unità. “Correggendo” il numero dei laureati secondo l’aumento già registrato, il saldo negativo si avrebbe tra il 2014 e il 2027 e la carenza 2011-2031 sarebbe di -34mila unità. Scenario un po’ più soft con l’uscita a 68 anni: il saldo negativo si avrebbe con il numero attuale di laureati dal 2016 al 2033 e la carenza 2011-2031 sarebbe di -51mila unità, mentre in caso di correzione dei posti disponibili il saldo negativo si conterrebbe tra il 2018 e il 2029 e sempre nel periodo 2011-2031 la carenza sarebbe di -24mila dottori.
(da Il Sole-24 Ore Sanità, 20 giugno 2011)