di Mauro Evangelisti, il Messaggero. Ogni giorno dieci medici si licenziano dagli ospedali italiani. Chi può va all’estero, altri preferiscono il settore privato, c’è perfino chi fa il concorso per medico di base perché così ritiene di avere una vita più tranquilla. E poi ci sono i “gettonisti”: coloro che vanno a lavorare per cooperative a cui si rivolgono le aziende sanitarie per colmare le lacune degli organici. Solo che un medico “gettonista” guadagna 110 euro all’ora, lavorando meno incassa molto di più di quando era in reparto come dipendente. I numeri sono stati raccolti da Anaao Assomed, l’associazione dei medici dirigenti. Racconta Pierino Di Silverio, segretario nazionale: «Gli anni terribili della pandemia avevano accentuato questo fenomeno, ma ora il flusso in uscita sembra inarrestabile. Se nel 2022 avevamo calcolato sette medici che si licenziavano ogni giorno, quest’anno il dato è appunto vicino a quota dieci. Attenzione, sto parlando di coloro che se ne vanno per scelta, non perché vanno in pensione».
SCENARIO
I numeri consolidati dimostrano che “la grande fuga”, che in realtà è un fenomeno che riguarda anche altri settori e non solo in Italia, negli ospedali ha caratteristiche molto più marcate. Tra il 2019 e il 2021, 21mila medici hanno lasciato gli ospedali italiani. Quel dato elaborato da Anaao Assomed includeva 12.645 pensionamenti, compresi quelli anticipati. Lo studio però faceva notare che in 8mila se ne erano andati per scelta, si erano licenziati, soprattutto nelle strutture sanitarie di regioni del Sud, come Calabria, Sicilia e Liguria, ma anche nel Lazio, in Lombardia e in Liguria.
Ma chi si licenzia cosa va a fare? Osserva Di Silverio: «Una parte accetta offerte all’estero, dove può guadagnare di più e avere migliori occasioni di carriera». Ma c’è altro: c’è chi accetta offerte del settore privato, specialmente in quelle regioni in cui la presenza di questo tipo di strutture sanitarie è più forte. Al fenomeno poco virtuoso dei “gettonisti” il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha promesso che sarà dato un freno: «Possibile che dovessi arrivare io per accorgermi che questo tipo di gestione degli ospedali è inaccettabile?».
Schillaci ha deciso di porre un limite al numero di affidamenti e comunque prima di ricorrere a incarichi esterni bisogna verificare la disponibilità del personale interno. Ci sarà inoltre molta più attenzione nei controlli del possesso dei requisiti professionali dei “gettonisti”. Raccontano al Ministero della Salute: quando abbiamo disposto ispezioni da parte dei Nas, sono emersi casi di medici a gettone mandati in reparti per i quali non avevano qualifica necessaria. Ricapitolando: la “grande fuga” dagli ospedali italiani è stata aggravata dallo stress causato dagli anni difficili del Covid, ma è causata anche da salari ritenuti bassi (su questo il Ministero sta intervenendo per chi è impiegato nei pronto soccorso); dalle «carenze degli organici che costringono a turni massacranti» dice Di Silverio; dalla tentazione rappresentata da stipendi più ricchi nel settore privato e del lavoro da “gettonista”. C’è poi una serie di concause.
La prima: la frequenza di aggressioni subite, soprattutto per chi lavora in prima linea. «E non dimentichiamo le continue cause giudiziarie di chi ritiene di avere subìto un torto in ospedale, che quasi sempre terminano in archiviazione perché sono ingiustificate, ma comunque alimentano lo stress tra i medici» osserva il leader di Anaao Assomed. Su questo il governo ha insediato una commissione che andrà a riformare il reato di errore medico per contrastare le denunce presentate senza una reale ragione. Tutti questi elementi sono alla base della “grande fuga”, ma anche di una situazione di sindrome di burnout diffusa, denunciata da uno studio di Fadoi (società scientifica di medicina interna).
SCELTE
Racconta Massimo Magnanti, da molti anni in prima linea, primario in un pronto soccorso romano e leader del sindacato Spes: «Purtroppo siamo di fronte agli effetti di vent’anni di tagli alla sanità. I primi a risentirne sono coloro che lavorano nei pronto soccorso, ma ormai sono in sofferenza anche i reparti di medicina interna. Questa è un’agonia, non sorprendiamoci se i medici ospedalieri si licenziano. O si riqualifica il sistema sanitario nazionale, o tanto vale dichiarare che non siamo più in grado di permetterci un sistema universalistico, equo e fondamentalmente gratuito. Ma questa seconda opzione sarebbe inaccettabile».
Il Messaggero