Otto medici su dieci hanno subito una denuncia per eventi avversi e altrettanti lavorano nella paura che prima o poi accadrà. E così tra l’aumento degli esposti, cresciuti negli ultimi tre anni dell’80% e il rischio di una denuncia, la maggior parte dei camici bianchi gioca d’anticipo prescrivendo più esami di quelli che riteneva sufficienti. Il risultato? Una medicina difensiva, quella che appunto chiede indagini diagnostiche non indispensabili, che vale oggi 13 miliardi di euro, pari al 10% della spesa sanitaria.
A mettere in fila questi numeri due ricerche sullo stesso tema, il libro bianco Cineas «Ospedali e assicurazioni: come tutelare il paziente, il personale ospedaliero e lo Stato» e il sondaggio «Rischio clinico e rc professionale», realizzato sempre da Cineas (Consorzio per l’ingegneria nelle assicurazioni) in collaborazione con Acoi (Associazione chirurghi ospedalieri italiani) sui medici appartenenti alla categoria e presentata ieri a Milano in un convegno sul tema. Documenti che arrivano proprio mentre i camici bianchi attendono da mesi un provvedimento, attuativo del cosiddetto decreto Balduzzi (legge 158/12) che avrebbe dovuto circoscrivere le responsabilità dei camici bianchi, agevolare la copertura assicurativa per le specialità a rischio e limitare i costi dei risarcimenti.
Ma del testo non c’è traccia sebbene da agosto 2014 tutti i medici (esclusi i dipendenti pubblici) abbiano l’obbligo di dotarsi di una copertura assicurativa. Il risultato è che in assenza di riferimenti normativi sono costretti a sottostare a regole da Far west che sono diventate ormai la prassi, con premi alle stelle e polizze elevatissime. Non è un caso quindi che il 92% dei medici che ha risposto al sondaggio ritenga che le norme che disciplinano la responsabilità civile medica abbiano ripercussioni sullo svolgimento del rapporto medico/paziente.
Di Benedetta Pacelli – Italia Oggi – 14 novembre 2014