Una carenza cronica di medici causata anche dalla fuga dal servizio pubblico verso il privato o peggio verso la possibilità di lavorare «a gettone» negli ospedali guadagnando più che da dipendenti. Molti ospedali stanno ricorrendo a questa formula bussando alle cooperative per coprire buchi anche nei pronto soccorso o in altri reparti, pagando un turno anche mille euro e fino a 1.500 euro in specialità molto richieste come pediatria, ostetricia e anestesia.
Che ci si trovi di fronte al far west per le prestazioni appaltate a cooperative emerge da una operazione dei Nas che, da novembre, ha previsto controlli in ospedali e Rsa in tutta Italia, portando alla luce irregolarità in 165 posizioni lavorative. Tra queste, camici bianchi over 70 in corsia oltre i limiti di età previsti, infermieri non iscritti all’Albo, dottori senza adeguata specializzazione così da trovarsi dinanzi a medici non specializzati in Medicina d’urgenza in reparti di Pronto soccorso o medici generici incapaci di eseguire un cesareo pur essendo impiegati in un reparto di ostetricia, come accaduto in provincia di Vercelli.
E come se non bastasse, il combinato disposto “pandemia Covid e conflitto in Ucraina” ha generato già a novembre una carenza di farmaci. La lista ufficiale Aifa dei farmaci carenti conta circa 3mila prodotti medicinali, tra questi ci sono proprio quelli più impiegati in caso di influenza e Covid, cioè quelli a base di ibuprofene, che tutto il mondo impiega per i sintomi da Covid. Da notare che la Federazione degli Ordini dei Farmacisti (Fofi), già prima dell’estate, aveva segnalato alle autorità sanitarie la carenza, registrata su tutto il territorio nazionale, di questi farmaci di uso comune. In quella occasione, oltre a denunciare il fenomeno, i farmacisti si erano anche attivati per mettere in atto soluzioni alternative allestendo i preparati in laboratorio e dispensandoli senza necessità di ricetta medica, come per esempio l’ibuprofene soluzione per bambini. «Ora il problema si sta allargando perché l’influenza quest’anno “batte forte” soprattutto colpendo i bambini e quindi i disagi sono notevoli. E anche le preparazioni galeniche non possono far fronte alle richieste, nonostante la nostra buona volontà, perché non si trovano le materie prime», precisa Andrea Mandelli, presidente Fofi.
Già, le stesse materie prime che anche le aziende farmaceutiche fanno fatica a reperire. «Le carenze di farmaci dipendono anche dall’incremento della domanda legata al Covid, ma il problema principale resta che l’Italia e l’Europa sono esposte per circa il 70% per l’importazione di principi attivi da Cina e India – spiega Marcello Cattani, presidente di Farmindustria – E poi le difficoltà di approvvigionamento riguardano anche i materiali necessari per il confezionamento come carta, vetro, alluminio, ossia tutti gli elementi del packaging primario e secondario dei farmaci. Poi ci sono altre dinamiche che pesano sul sistema: l’aumento fuori controllo del prezzo dell’energia, del gas e del carburante per i trasporti, incidono infatti su tutti i fattori della produzione e distribuzione».