«Ci fermiamo un giorno per non fermarci completamente in futuro». È questo lo slogan dello sciopero che oggi coinvolge 135mila medici, veterinari e dirigenti sanitari del Servizio sanitario nazionale. Con sit-in davanti alle sedi dei governi regionali in tutta Italia, sale operatorie bloccate, centinaia di migliaia di visite specialistiche e prestazioni diagnostiche rinviate e il blocco di tutta l’attività veterinaria connessa al controllo degli alimenti. Le prime stime di Anaao Assomed, il principale sindacato dei medici ospedalieri, parlano di un’adesione tra le più alte degli ultimi 15 anni. Le ragioni della protesta partono dal mancato rinnovo contrattuale, per poi allargarsi a una difesa tout court della sanità pubblica: la dignità del lavoro dei medici come base di partenza per il diritto alla salute dei cittadini. Le richieste: un finanziamento del Fondo sanitario nazionale che preveda le risorse indispensabili per garantire i vecchi e i nuovi Livelli essenziali di assistenza; il rinnovo del contratto fermo da 10 anni, con risorse finanziarie adeguate e abolizione del tetto al trattamento accessorio (per ora solo promessa nel Ddl Concretezza), la cancellazione del blocco della spesa per il personale della sanità – fermo al 2004 – che frena le indispensabili assunzioni, il finanziamento di almeno 3mila nuovi contratti di formazione specialistica post lauream.
«Un finanziamento del Ssn a quota 114,396 miliardi, che non copre neanche l’incremento dell’inflazione – spiega Carlo Palermo, segretario nazionale di Anaao Assomed – dato che l’inflazione in sanità è ben superiore, di fatto si traduce in termini reali in un ulteriore taglio. E il vecchio miliardo in più previsto dal Governo Gentiloni costringe i medici a subire un ricatto inaccettabile: la garanzia delle cure ai pazienti contro il diritto a un contratto dignitoso di chi quelle cure le deve erogare». E niente è stato fatto per la tenuta futura del sistema. «Ad oggi siamo a una riduzione delle dotazioni organiche del 10 per cento, una mancanza di 60mila addetti tra medici e infermieri. E quindi servirebbe subito un adeguato piano di assunzioni. Ma nei prossimi cinque anni avremo un’uscita di 45mila professionisti, solo fra medici ospedalieri e specialisti ambulatoriali. Questo metterà in ginocchio la sanità pubblica e l’universalità delle cure». Sulla stessa linea anche la Cimo: «Questo sciopero – sottolinea il presidente, Guido Quici – lo facciamo per tutta la sanità: per chi ci lavora e per i cittadini». In serata il ministro Giulia Grillo ha sottolineato che nella legge di Bilancio ci sono «le risorse per onorare gli impegni presi rispetto ai rinnovi contrattuali 2019-21».
IL SOLE 24 ORE
Rosanna Magnano
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