Un’emorragia continua, che sta dissanguando il Sistema sanitario pubblico. Alla mancanza di 1295 specialisti, notificata da Palazzo Balbi al ministero della Salute, si aggiunge la fuga dei singoli medici nel privato o in altre regioni del Nord. Da aprile a oggi sono oltre 70 i camici bianchi che hanno abbandonato gli ospedali del Veneto, con gli acuti dell’Usl Polesana, che ne ha persi 14, e del polo di Camposampiero, lasciato da 13 professionisti. Sette dei quali, compreso il primario Marco Filippone, hanno dato le dimissioni dalla Pediatria, ora ridotta a un solo strutturato attorniato da free-lance e specializzandi.
Un caso, quest’ultimo, finito sotto la lente della Regione, anche perché la Pediatria di Camposampiero assiste casi gravi provenienti da tutto il Veneto. «La prossima settimana firmerò un mandato per mandare gli ispettori in reparto a effettuare una verifica amministrativa e gestionale — annuncia Fabrizio Boron, presidente della commissione Sanità —. Dovranno esaminare il sistema organizzativo, i numeri dell’organico, i turni di lavoro, il rispetto delle procedure standard e gli investimenti per le attrezzature disposti dall’Usl 6 Euganea, dato che i medici lamentano la scarsità di mezzi. Non possiamo non intervenire di fronte a situazioni così critiche».
E’ la punta dell’iceberg di una crisi generalizzata. Anestesisti, pediatri, ortopedici, chirurghi stanno fuggendo anche dagli ospedali del Trevigiano, di Verona, Venezia, Mestre e Belluno. La montagna è particolarmente in difficoltà. «Speriamo che il governo si renda conto della situazione e finanzi più borse di studio per gli specializzandi oppure ci permetta di assumere i neolaureati e formarli direttamente sul posto di lavoro — allarga le braccia Adriano Rasi Caldogno, direttore generale dell’Usl 1 Dolomitica —. Un altro grande aiuto sarebbe poter inserire nel contratto nazionale dei camici bianchi (però fermo da dieci anni, ndr ) incentivi per coloro che accettino di lavorare nelle aree disagiate. La realtà è sempre più buia, non so come faremo quest’inverno». Le Pediatrie di Feltre e Belluno contano rispettivamente 4 e 5 medici invece di 8 ciascuna, le Ortopedie 6 l’una, nelle due Radiologie ne mancano 10 in totale, la Ginecologia di Belluno ne ha solo otto. Ma il vero dramma lo vivono i quattro Pronto soccorso di Belluno, Feltre, Pieve di Cadore e Agordo: in tutto mancano 30 specialisti. Il pericolo è, come denunciano da tempo i sindacati, che si arrivi a esternalizzare servizi importanti. Come il Suem 118 di Trecenta e il servizio di ecografie dell’Usl 1, entrambi affidati al privato accreditato. Al quale è stato aumentato il budget.
Ma perchè i medici lasciano il sistema pubblico? «Sono esasperati da condizioni di lavoro ormai insostenibili — denuncia Adriano Benazzato, segretario regionale dell’Anaao Assomed (ospedalieri)—. Sono stremati da carichi di lavoro esagerati, da continue rinunce a riposi e ferie, da una governance inadeguata, da turni massacranti che mettono a rischio la loro sicurezza e quella dei pazienti. E dall’aumento delle aggressioni subite da parte di malati e familiari, a loro volta sempre più arrabbiati per le gravi mancanze del sistema. Non ci dimentichiamo poi che adesso le Usl piangono perché i concorsi vanno deserti, ma fino all’altro ieri hanno avuto il braccino corto nelle assunzioni. Per risparmiare non hanno rimpiazzato maternità, pensionamenti, trasferimenti, malattie, facendo ridurre sempre più il numero degli ospedalieri, oggi a quota 8450».
E infatti, secondo i dati elaborati dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), non solo il Veneto è una delle sette regioni al di sotto della media nazionale per numero di medici (uno ogni 554 abitanti invece di uno ogni 528), ma è anche l’ultima in classifica per la spesa del personale sanitario (un medico costa in media 80mila euro lordi l’anno). A fronte di 5 milioni di residenti, spende 51.571 euro l’anno per 54mila dipendenti, contro gli 82mila euro versati dalla Provincia di Bolzano, che ha 511.750 abitanti e 80mila operatori del sistema Salute.
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