Medici, si leva a gran voce la protesta contro la polizza assicurativa personale per colpa grave. Sarà obbligatoria dal prossimo 13 luglio. Un’ulteriore spesa che, denuncia il sindacato medici italiani (Smi), potrebbe gravare sui camici bianchi anche per somme fino a 15mila euro all’anno. «È una vergogna – dice il presidente nazionale dello Smi, Giuseppe Del Barone – vogliono che il rapporto medico-paziente si basi sulle stesse regole con cui si dirimono i contenziosi che nascono dai sinistri automobilistici. Come al solito si svilisce il ruolo del medico e come al solito su di loro si scarica il peso, anche economico, della cattiva organizzazione del sistema sanitario».
«Intanto a monte restano irrisolti problemi anche gravi, la medicina difensiva, per esempio, costa alle casse dello Stato 10 miliardi di euro, lo 0,75% del Pil, quanto l’Imu».
Dal 13 agosto prossimo le singole aziende dovranno garantire la copertura assicurativa solo per colpa lieve provocata ai pazienti dai propri dipendenti mentre i singoli camici bianchi dovranno sottoscrivere una polizza assicurativa personale per danni provocati per colpe gravi. A indignare particolarmente il sindacato è il passaggio in cui si obbliga a esibire gli estremi delle polizze ai propri assistiti indicando i massimali della copertura assicurativa. «Un medico trattato alla stregua di un’utilitaria» rincara Del Barone. Proprio su questo argomento lunedì alle 17, nella sala conferenze dell’Ordine dei medici e degli odontoiatri di Napoli, è in programma il convegno ‘La responsabilità del medico ospedalierò. «È un tema che interessa e crea preoccupazione ai nostri circa 23mila iscritti – dice il presidente dell’Ordine, Bruno Zuccarelli – È un problema in particolare per i colleghi pensionati, allarmati al pensiero di dover sottoscrivere una polizza assicurativa per tutelarsi da eventuali danni provocati con la loro attività professionale a un numero limitato di parenti e amici che continuano a chiedere la loro consulenza sanitaria».
Corriere della Sera – 7 luglio 2013
Riforme difficili. Dal 13 agosto obbligatoria l’Rc professionale. Il paracadute non si trova (o costa troppo)
L’allarme è stato lanciato più volte. La scorsa settimana gli ortopedici di tutta Italia hanno incrociato le braccia: questo è solo l’ennesimo capitolo di una storia che si ripete e che negli ultimi tempi ha portato ad azioni di protesta delle categorie mediche che fanno fatica a trovare compagnie assicurative che li coprano dai rischi professionali: oltre agli ortopedici anche ginecologi e chirurghi. «E la degenerazione di una situazione che doveva essere risolta molto prima» afferma Adolfo Bertani, presidente di Cineas, il Consorzio universitario non profit del Politecnico di Milano che si occupa di formazione e diffusione della cultura del rischio.
«Per esempio — continua Bertani — il goverro ha promesso di modificare le norme per la responsabilità penale dei medici: se il professionista rimane conforme a linee guida e buona pratica non dovrà rispondere di alcunché. Il punto è che i concetti di buona pratica e linea guida sono troppo generici e andrebbero definiti e specificati. E invece tutto è fermo nell’assoluta vaghezza. Bisogna definire regole certe per cercare di abbassare il livello di sinistri che risulta uno tra i più alti in Europa».
La scadenza Intanto però il prossimo 13 agosto scatta l’obbligo per tutte le categorie mediche di sottoscrivere una polizza di Rc professionale. Il problema è che le compagnie assicurative non sono obbligate a coprire il rischio dei medici e infatti non lo fanno (se non a cifre iperboliche) a causa dell’aumento esponenziale degli importi dei risarcimenti danni da presunti casi di mala pratica medica. In sintesi, si rischia la paralisi. «Parte della nostra mission come Consorzio è di fare sistema — specifica il presidente di Cineas — facendo da ponte Ira realtà apparentemente distanti come sanità e assicurazioni: a questo scopo abbiamo inaugurato il primo tavolo di lavoro che ha riunito professionisti della sanità pubblica e privata compagnie assicuratrici e broker, accademici, associazioni a tutela dei consumatori, ed esperti, con l’obiettivo comune di individuare le priorità su cui si richiede l’intervento delle istituzioni al fine di garantire il corretto svolgimento della professione a ogni medico, che sia più o meno a rischio nell’interesse finale di ogni cittadino».
Le ragioni del disagio Per Salvo Cali, segretario generale Smi (Sindacato medici italiani ): «La situazione in Italia è ai livelli di guardia: è intollerabile che i medici subiscano, spesso, denunce per ragioni estranee al loro operato. Si pensi ai molti problemi organizzativi derivanti dal taglio dei posti letto. Un professionista costretto a lavorare con il paziente in barella, in un corridoio, a causa del sovraffollamento, rischia più di altri di incorrere in errori, ed è, quindi, egli stesso vittima della malasanità, non solo il paziente. In questi anni abbiamo assistito all’incremento del 24% delle denunce, mentre ben il 98,1% dei procedimenti penali si conclude con l’archiviazione. Eppure, l’unico a pagarne le conseguenze in termini di danno psicologico ed economico è il medico. I medici non chiedono l’impunità, ma la consapevolezza che l’atto medico, in assenza di dolo o colpa grave è finalizzato solo a guarire o salvare il cittadino. Bisogna interrompere la spirale perversa del boom delle denunce sull’ attività medica Il cittadino ha diritto al risarcimento e, in caso di dolo, ad avere giustizia con la condanna del professionista che ha sbagliato. Ma non possiamo rimanere ostaggi delle assicurazioni e della medicina difensiva».
Corriere Economia – 8 luglio 2013