UNIVERSITÀ. Docenti e studenti perplessi sulla riforma Fazio-Gelmini. «La durata del corso di studi è solo una variabile da considerare», dice il preside Michele Tansella, «a noi interessa di più la qualità della formazione»
Una specializzanda e una dottoressa in corsia Non è tutto oro quello che luccica, nemmeno quella presentata dal governo come «una delle innovazioni più grandi nel settore della sanità». Non basta infatti la promessa di un iter più breve per chi desidera diventare medico e un ingresso più rapido nel mondo del lavoro per fare del restyling del percorso di studi in Medicina (che potrebbe diventare realtà già fra qualche mese) una riforma condivisa.
Le novità le annunciano congiuntamente i ministri della Salute, Fazio, e dell’Università, Gelmini: tirocinio valutativo (che oggi si svolge dopo la laurea) anticipato all’interno dei sei anni previsti dal corso ed esame di laurea abilitante, che inglobi cioè anche l’esame di stato; scuole di specializzazione più brevi (5 anni invece di 6 per quelle chirurgiche, 4 invece di 5 per quelle mediche); durante l’ultimo anno di specializzazione (una volta ottenuto l’ok dall’Europa), sarà consentito svolgere contemporaneamente il dottorato. Un modo per snellire il percorso, come accade all’estero e nei migliori sistemi formativi, anglosassone in primis.
E nei forum di discussione online i commenti si sprecano: «Non è giusto ridurre i tempi di una laurea e relativa specializzazione che sono state vanto dell’Italia nel mondo», scrive Giacomo Dalessandro, pensionato. «Ora molti, sapendo che diventa meno lunga, perderanno l’ultimo “blocco mentale” che impedisce l’iscrizione a chi non è davvero motivato», si preoccupa Sara, che studia Medicina.
Nemmeno tra gli addetti ai lavori, per la verità, è un coro di assensi nei confronti di una riforma che nelle intenzioni del governo dovrebbe servire anche al «rafforzamento della qualità» della formazione. Secondo le nuove disposizioni, infatti, gli aspiranti camici bianchi entrerebbero in corsia entro i 30 anni, tre anni prima rispetto ad oggi, e farebbero pratica direttamente negli ospedali con regolari contratti a tempo determinato.
«La durata del corso di studi è solo una variabile da considerare», sottolinea Michele Tansella, preside della facoltà di Medicina e Chirurgia dell’ateneo scaligero. «A noi interessa di più la qualità della formazione, che a Verona viene valutata anche in itinere. Per garantirla, poi, da noi i tirocini avvengono con gruppi ridotti di studenti guidati da un tutor formato ad hoc. Del resto l’ambito è delicato, c’è in gioco la salute dei cittadini».
Ancora più scettico il presidente del consiglio del corso di laurea in Medicina, Italo Vantini, che giudica gli aspetti salienti della riforma nientemeno che «una regressione». «L’esame di stato come sistema di valutazione esterna rispetto al mondo universitario è stato una conquista fortemente voluta da presidi e rettori», spiega. «Anticipare il tirocinio valutativo prima della laurea e riportarlo all’interno del sistema darebbe un giudizio viziato e non oggettivo».
Bocciata anche la riduzione di un anno delle scuole di specializzazione, finanziate dal ministero. «Lo scopo del ministro Fazio, da lui stesso dichiarato, è presto detto: formare con gli stessi soldi più specializzandi, che poi andrebbero a sopperire la carenza di organico negli ospedali. Qui, però, non troverebbero collocazione definitiva, per l’arrivo di altri specializzandi al loro posto».
Promosso, in sintesi, solo il dottorato in contemporanea alla specializzazione, che «coniugherebbe l’importanza della ricerca con la formazione».
larena.it – 30 luglio 2011