Sono sempre di meno e sempre più vecchi, così tra i medici e gli infermieri fioccano le assenze per malattia e cause varie, mentre più di uno su dieci al lavoro ci va, ma con un certificato in mano di inabilità a fare questo e quest’altro. A svelare l’altra faccia dell’emergenza personale nei nostri ospedali è un’indagine condotta dalla Fiaso, la Federazione di asl e ospedali che celebra in questi giorni a Roma la Convention per i suoi 25 anni.
Gli ultimi dati disponibili dicono che il 56% dei camici bianchi ha più di 55 anni di età e la percentuale scende di poco quando si parla degli infermieri. Il problema è che fare turni massacranti e turare le falle in pianta organica non è propriamente un mestiere per vecchi. E infatti tra i professionisti sanitari che lavorano nelle strutture pubbliche molti lo fanno a mezzo servizio.
Nel 2022, rivelano i dati della Fiaso, l’11,8% dei dipendenti inquadrati nei ruoli sanitari del nostro Ssn aveva qualche limitazione nel lavoro. Solo nel 2019 erano l’8,6%. Calcolando che gli infermieri sono 280mila, i medici altri 110mila e gli operatori socio sanitari 66mila, quell’11,6%, che così dice poco, equivale a un esercito di circa 50mila sanitari parzialmente inabili al lavoro. Limitazioni che in quasi la metà dei casi riguardano l’impossibilità di movimentare pazienti o carichi di qualunque tipo, che per un infermiere o un operatore socio-sanitario equivale a dire poter fare poco o niente. Al secondo posto viene l’impossibilità di coprire i turni notturni o di garantire la reperibilità. Due cose di cui c’è estremo bisogno in un sistema sanitario a corto di risorse umane. Ma c’è anche un 5% di chi ha limitazioni di tipo psichiatrico, psicosociale o comunque da stress. Dato in crescita del 40% nell’ultimo anno e che trova riscontro in un’altra indagine condotta dalla Federazione dei medici internisti ospedalieri, Fadoi, che mesi fa rilevava come oltre la metà dei medici fossero in born-out, ossia soffrisse appunto di stress, oltre che di insonnia e disturbi vari.
Anche in fatto di assenze però non si scherza. Tra giustificativi vari l’indagine di Fiaso ne ha contate 83mila, circa un terzo in più di quelle verificatesi nel 2019. In quasi la metà dei casi si tratta di assenze per malattia. Seguono le assenze per maternità, che proiettando i dati del campione Fiaso sul titale dei 456mila dipendenti del ruolo sanitario sarebbero circa 18mila, mentre in 12mila usufruiscono della legge 104. O per il proprio stato di salute, o per quello dei propri cari, che quando si è in là negli anni si presuppone abbiano un’età così avanzata da avere bisogno di una costante assistenza. E anche questo rende difficile essere sempre efficienti e presenti al lavoro. Sono invece circa seimila i sanitari che per una ragione o per l’altra si sono messi in aspettativa e quasi 5mila quelli che usufruiscono di permessi vari.
Uno stuolo di professionisti che gira a scartamento ridotto mentre secondo le stime di Fiaso in pianta organica mancherebbero 10mila medici e 20mila infermieri. Numeri tra l’altro lontani da quelli ben più allarmanti forniti fino ad oggi da sindacati medici e Federazione degli Ordini infermieristici. Con i primi che lamentano una carenza di 25mika camici bianchi mentre gli infermieri in meno sarebbero addirittura 80mila, considerando quelli che dovrebbero andare a lavorare nelle nuove strutture territoriali finanziate del Pnrr e gli infermieri di famiglia, sui quali dovrebbe poggiarsi l’assistenza domiciliare ad anziani e fragili. Quello che stanno diventando i nostri professionisti della salute per raggiunti limiti di età in una sanità sempre più vecchia e che non assume più.