E’ vero all’ultimo momento dalla legge Lorenzin, che lo scorso luglio ha introdotto 10 vaccini obbligatori per i minori fino a 16 anni, è stato stralciato il medesimo diktat rivolto a personale scolastico e sanitario. Però da novembre la Regione sta ugualmente monitorando la copertura di medici, infermieri e operatori sociosanitari. Ha inviato alle Usl un modulo ministeriale che chiede agli interessati quali di queste vaccinazioni abbia effettuato: antipolio, antidifterica, antitetanica, anti-epatite B, anti-pertosse, anti Haemophilus influenzae B, anti-morbillo, anti-rosolia, anti-varicella e anti-parotite (le 10 imposte ai ragazzini); antinfluenzale, anti-meningococcica di tipo B e C; anti-pneumococco; anti-epatite A; anti-papilloma virus; anti herpes zoster; anti-tubercolosi. Si può: barrare le caselle relative alle vaccinazioni assunte, lasciarle libere o segnare l’opzione «Non ricordo».
«E’ una ricognizione conoscitiva — spiega Antonio Compostella, direttore generale dell’Usl 5 Polesana — stiamo raccogliendo i moduli da inviare alla Regione. E intanto tentiamo di sensibilizzare i camici bianchi, riottosi in materia. Io stesso, per dare il buon esempio, mi sono vaccinato contro l’influenza. Non c’è alcun obbligo a mettersi in regola con l’elenco diffuso dal ministero della Salute, ma sussiste una forte raccomandazione». In una delle riunioni settimanali tra direttori generali e referenti di Palazzo Balbi si è parlato dell’iniziativa della Regione Emilia Romagna, che allontana dai reparti più «delicati» (Oncologia, Ematologia, Pronto Soccorso, Rianimazione, Terapia intensiva, Pediatria, Ostetricia, Neonatologia, Trapianti e Malattie infettive) i medici non in regola col certificato vaccinale. «E’ un’idea condivisa dalla Società italiana d’Igiene, alla quale appartengo — rivela Antonio Ferro, referente per il Veneto e responsabile del sito regionale VaccinarSì — non è giusto mettere a repentaglio la vita di pazienti già fragili. Le coperture sono molto basse: inferiori al 10% per i medici e sul 15%-20% per tutti gli operatori sanitari. Con il caso virtuoso di Legnago, che arriva al 40%».
Al momento la più «volenterosa» è l’Usl 6 berica che, dopo aver raccolto le dichiarazioni dei propri dipendenti tra novembre e dicembre, ha offerto agli inadempienti o parzialmente inadempienti al lavoro nei reparti a rischio la possibilità di farsi vaccinare dai colleghi del Dipartimento di Prevenzione. «Stiamo già procedendo con i medici», conferma la dottoressa Paola Costa, a capo del servizio. E se qualche dirigente ipotizza «problemi contrattuali», i sindacati per una volta non hanno nulla da ridire. «Benché la richiesta di dichiarare il proprio stato vaccinale sia arrivata all’improvviso e senza alcuna spiegazione, penso che sia giusto tutelare la nostra salute e quella dei pazienti — dice Adriano Benazzato, dipendente dell’Usl 6 Euganea e segretario regionale dell’Anaao (ospedalieri) —. Io il modulo l’ho già compilato, purtroppo però a cinquant’anni di distanza non ricordo tutte le vaccinazioni fatte e non sono riuscito ad averne il rendiconto dall’azienda sanitaria di riferimento, perchè la documentazione cartacea è andata persa o distrutta. Ecco, questo potrebbe essere il punto debole dell’iniziativa, però la possibile soluzione è assumere adesso i sieri che ci mancano».
Facile a dirsi, ma a farsi? «E’ sempre stato un problema convincere i medici a vaccinarsi — avverte Carlo Bramezza, direttore generale dell’Usl 4 Veneto orientale — prendi l’influenza: nessuno si immunizza e il risultato è che quest’anno mi sono ritrovato con 15 camici bianchi in meno, perchè a letto malati. Rinnovo comunque la mia disponibilità: il personale che desidera mettersi in regola con il calendario raccomandato, lo può fare qui, in azienda». «Io lavoro in Chirurgia e mi sono vaccinato — nota Giovanni Leoni, medico dell’Usl 3 Serenissima, segretario regionale della Cimo (ospedalieri) e presidente dell’Ordine dei Medici di Venezia — non possiamo diventare potenziali agenti infettivi per i pazienti. E nemmeno essere carenti sulle evidenze scientifiche. Non c’è molto da discutere, noi medici dobbiamo dare il buon esempio». Insomma, finita la tornata degli scolari, i Servizi di Prevenzione dovranno regolarizzare il personale sanitario.
Il Corriere del Veneto – 13 febbraio 2018