Il Sole 24 Ore. Arriverà in settimana la risposta del Governo a una delle polemiche più accese degli ultimi giorni: quella sui sanitari che hanno rifiutato di vaccinarsi e hanno contagiato pazienti ricoverati. Ci sarà un decreto legge che imporrà un obbligo vaccinale. Quell’obbligo che già per alcuni esisteva già, ma non era mai stato chiarito prima. Il Dl si occuperà anche di altre questioni emerse durante la travagliata compagna vaccinale anti-Covid in corso.
Il contenuto del decreto
Dalle bozze del nuovo Dl emerge l’obbligo per tutti i sanitari a contatto con i pazienti, anche non Covid (si veda Il Sole 24 Ore del 27 marzo). Per chi non si adegua, non dovrebbe scattare il licenziamento, ma l’impiego in altre mansioni, evitando anche problemi di diritto del lavoro. In alcuni casi, ci sarebbe la possibilità di farsi riconoscere un esonero dall’obbligo vaccinale.
Il Dl interverrebbe su un’altra questione calda: l’iscrizione nel registro degli indagati di chi ha somministrato vaccini a persone decedute dopo l’inoculazione. Secondo alcuni qualificati commenti, l’iscrizione non sarebbe un atto dovuto in ogni caso: occorrerebbero comunque alcuni elementi concreti per pensare a un’ipotesi di accusa e non il mero fatto del decesso avvenuto. Anche se va tenuto conto che le iscrizioni sono disposte a garanzia dell’indagato, per consentirgli di prendere parte anche ai primi accertamenti tecnici, come l’autopsia.
Il nuovo Dl interverrebbe alla radice, introducendo una causa di non punibilità per le conseguenze delle vaccinazioni anti-Covid, escludendo però i casi di colpa grave. Ma il compito dei sanitari direttamente impegnati nella somministrazione dei vaccini è piuttosto semplice (si veda l’articolo a sinistra), per cui la colpa grave si tradurrebbe nel commettere errori al limite dell’incredibile come sbagliare od omettere la lettura delle istruzioni.
Con la causa di non punibilità, non ci sarebbe bisogno di alcuna iscrizione nel registro indagati, salvo appunto errori gravi nell’eseguire la vaccinazione. Dal testo dovrebbero restare fuori le ipotesi di scudo penale più ampie (si veda sempre l’articolo a sinistra), di cui comunque si sta discutendo in altre sedi che nelle prossime settimane potrebbero diventare anche istituzionali.
Le incertezze finora
Il punto più qualificante del testo resta comunque l’obbligo vaccinale: dovrebbe eliminare i dubbi che invece pongono due norme in vigore già ora.
La prima pone solo un principio, da cui però secondo alcuni deriverebbe già l’obbligo: l’articolo 1 della legge Gelli (la n. 24/2017) stabilisce che alla sicurezza delle cure «è tenuto a concorrere tutto il personale». Implicitamente se ne deduce che la prevenzione dal rischio-contagio in ospedale non pare questione rimettibile alla libera scelta del singolo operatore, che invece è tenuto a garantire la sicurezza. Di certo, questo principio tornerà utile nei prevedibile contenzioso che nascerà con il nuovo Dl: alle contestazioni si potrà rispondere che l’ordinamento lascia già spazio a un obbligo vaccinale.
La seconda norma già in vigore che è stata interpretata da alcuni come obbligo è l’articolo 279 del Dlgs 81/2008 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Questo articolo obbliga il datore ad adottare misure protettive particolari, se richieste (su parere del medico competente) per i propri lavoratori, collettivamente o a causa delle condizioni di salute di un singolo. Tra queste misure c’è la messa a disposizione di «vaccini efficaci» per i lavoratori che non sono già immuni. La norma prevede anche l’«allontanamento temporaneo del lavoratore». Dalla lettura combinata di fornitura di vaccini e allontanamento, secondo alcune interpretazioni emergerebbe l’obbligo vaccinale.