I professionisti battono cassa. Hanno versato miliardi di euro ma non sanno che fine faranno. Sono medici, ingegneri, architetti, avvocati, commercialisti e tanti altri. Un esercito di professionisti che, nonostante abbiano loro Casse previdenziali di categoria, sono costretti a pagare «dazio» alla gestione separata dell’Inps. Anni di contributi che giacciono silenti e che quasi certamente non saranno utili ai fini dell’anzianità necessaria per andare in pensione.
I numeri sono impressionanti. L’Enpam (la cassa dei medici il cui presidente Oliveti è anche presidente Adepp) calcola che solo i medici iscritti alle scuole di specializzazione nel 2016 verseranno 180 milioni di euro in questa gestione separata (dove, una volta finito il loro periodo di formazione, non verseranno mai più in vita loro). Infatti i camici bianchi appartengono al loro ente di categoria sin dal momento in cui pronunciano il giuramento di Ippocrate, dopo la laurea in medicina. Ma appena mettono piede dentro una scuola post laurea sulla loro borsa scatta la strana parentesi della gestione separata.
Per gli avvocati c’è il caso del praticante: percepisce compensi legati alla sua futura professione ma, non essendo ancora iscritto alla sua Cassa di riferimento, nel frattempo gli viene richiesto di versare ( a vuoto) all’Inps. Poi ci sono gli architetti e gli ingegneri, che versano a Inarcassa, ma solo se non sono iscritti a un’altra forma di previdenza obbligatoria. Così scatta la stranezza dell’ingegnere che fa libera professione ma che, se viene assunto come dipendente (ad esempio per una supplenza a scuola), per quel periodo dovrà versare alla gestione separata Inps creando un ulteriore spezzone contributivo per il suo percorso previdenziale. In tutti questi casi i contenziosi si sprecano e la giurisprudenza non è sempre univoca.
Ma che fine fanno questi soldi versati nel calderone Inps? Il professionista potrà almeno riunificarli in un unico salvadanaio previdenziale? La risposta è no. Attualmente si può solo cercare di farsi dare una pensione anche dall’Inps. Più facile a dirsi che a farsi. Per andare in pensione con la gestione separata Inps sulla carta esistono varie possibilità, tutte però poco praticabili o non convenienti. E la ricongiunzione tra i versamenti alla propria cassa professionale e quelli effettuati alla gestione separata dell’Inps? Se ne parla da un po’ ma per ora non è prevista. In assenza di questa possibilità, è stato inventato il cumulo contributivo, che è però precluso a chi matura una pensione in una Cassa dei liberi professionisti. Per chi ha abbracciato la libera professione e ha avuto un percorso previdenziale spezzettato esistono solo due possibilità: o la pensione di vecchiaia a 70 anni e 7 mesi (solo per chi ha versato l’obolo alla gestione separata per almeno 5 anni). Oppure c’è la totalizzazione, una sorta di jackpot infernale: per l’anzianità si conteggiano gli anni versati in qualsiasi gestione previdenziale però la pensione non la si prenderà nel momento in cui si maturano i requisiti ma 18 mesi o 21 mesi più tardi. Perché spezzettato fa rima con esodato.
Resta un’ultima opzione: per chi arriva alla pensione di vecchiaia, c’è la possibilità di farsi liquidare dall’Inps una «pensione supplementare». Ma si tratta di un lusso riservato solo a chi non ha bisogno di conteggiare gli anni versati nella gestione separata ai fini dell’anzianità contributiva. In pratica, se qualche professionista dovesse arrivare al massimo degli anni per la vecchiaia senza conteggiare il passaggio alla gestione separata Inps, allora riceverà in «premio»un piccolo supplemento in base a quanto ha versato. Tutto il resto rimane ben chiuso nei forzieri della gestione separata.
Isidoro Trovato – Il Corriere della Sera – 27 settembre 2016