Novembre, dicembre e gennaio: tempo di bronchiti, affezioni intestinali, problemi alle vie respiratorie, influenza. Ma è anche tempo di chiusura degli ambulatori per i 3200 medici di famiglia, in rotta di collisione con la Regione per la brusca frenata all’avvio delle Medicine di Gruppo integrate (gli ambulatori h12 o h24) e del fascicolo sanitario elettronico, il ricorso a dottori privati nelle case di riposo e negli ospedali di comunità, l’inesistenza di cure palliative h24. Falliti i vari tentativi di venirsi incontro, l’ultimo dei quali martedì, e conclusa la prima forma di protesta con lo stop dell’invio delle ricette telematiche, ora i camici bianchi passano allo sciopero vero e proprio. Ambulatori chiusi i prossimi 8 e 9 novembre, poi tre giorni a settimana dal 13 dicembre e cinque giorni a settimana dal 10 gennaio.
Programma di battaglia approvato ieri a Padova dall’assemblea regionale convocata dai sindacati di categoria Fimmg, Snami, Smi e Intesa Sindacale. «Non avremmo mai voluto arrivare a coinvolgere i pazienti — dice Domenico Crisarà, segretario della Fimmg — sarebbe bastato un solo atto di buona volontà da parte di Palazzo Balbi, magari l’attivazione del fascicolo elettronico, per sospendere lo sciopero. Ma non è mai arrivato e allora procediamo con i primi due giorni di serrata, restando disponibili a evitare i successivi se dalla giunta Zaia giungeranno proposte serie. La contestazione nasce dall’esigenza di capire come intenda organizzare l’assistenza territoriale nei prossimi anni». Il Piano sociosanitario approvato nel giugno 2013 e prorogato a dicembre 2018 prevede infatti la chiusura di 1212 letti ospedalieri (avvenuta), da riconvertire in 3038 letti in poli per pazienti non più acuti ma non ancora in grado di tornare a casa. E quindi bisognosi di ricovero in ospedali di comunità, strutture intermedie, Residenze sanitarie assistite o, se terminali, negli hospice. Mancano ancora 1263 posti, in attesa della delibera regionale che ne annuncia altri 800. «E intanto 42mila famiglie seguono a casa malati cronici, spendendo una fortuna in badanti o, se non c’è disponibilità economica, sacrificandosi in prima persona — rileva Ildo Antonio Fania, segretario di Intesa Sindacale —. E avvalendosi del nostro lavoro, che però andrebbe integrato con quello di infermieri, operatori sociosanitari e assistenti sociali per garantire un’assistenza dalle 8 alle 20». Dodici ore al giorno: e gli ambulatori h12 o h24? «Dei 400 previsti ne sono stati autorizzati 87 e aperti 58, che in realtà sono 12, perchè gli altri 46 c’erano già ma avevano un altro nome, Utap — rivela Salvatore Cauchi, segretario dello Snami —. La Regione ha erogato 25 milioni di euro alle Usl, che però non li spendono e quindi le altre Medicine di Gruppo non partono». A regime si prevede un costo di 200 milioni.
«E non è tutto — chiude Liliana Lora, segretario dello Smi — con due delibere non concordate e di cui chiediamo la modifica, siamo stati esclusi da case di riposo e ospedali di comunità. Ma come, insieme alle Medicine di Gruppo, non dovevamo essere il perno della riforma dell’assistenza territoriale?». «Richieste legittime — nota Giuseppe Cicciù, presidente del Tribunale del Malato — ma lo sciopero potrebbe avere gravi ricadute non sulla controparte, bensì sui cittadini».
Il Corriere del Veneto – 4 novembre 2017