Lionella Bertoli ha 66 anni e di vaccinazioni ne ha fatte una vita intera. Soprattutto ai bambini. Del resto è un medico specializzato in Igiene e sanità. Quattro anni fa è andata in pensione. Niente Quota 100, solo decenni di contributi maturati lavorando rigorosamente nella sanità pubblica, in ospedale a San Donà. Così, quando a dicembre scorso uscì il «bando Arcuri» per selezionare i vaccinatori, spiega d’essersi sentita «chiamata…anche se, capirà, dopo anni a casa…però è a dir poco un’esperienza interessante, la prima vaccinazione di massa». Lo dice con pudore che tradisce l’entusiasmo. Come lei qualche centinaio di medici, e altrettanti infermieri.
Mesi entusiasmanti e sfiancanti. Trentotto ore a settimana, da contratto «ma – spiega – si inizia alle 8 del mattino e si finisce quando si finiscono le fiale…anche alle 8 di sera». Sui camici bianchi tornati in campo per consentire fino a 50 mila iniezioni al giorno, si è abbattuta, nei giorni scorsi, una mannaia burocratica che ha gettato nello scompiglio i camici bianchi dai capelli altrettanto candidi: pensione sospesa durante il periodo di lavoro. Un fulmine a ciel sereno visto che per i colleghi che nel 2020 sono rientrati in corsia con contratti di lavoro autonomo il tema dell’«incumulabilità» (tradotto: se c’è stipendio non c’è pensione) non si era posto affatto. Di mezzo ci sono state la legge di bilancio che introduceva la figura del medico pensionato vaccinatore e un decreto legge di marzo che all’ormai famigerato articolo 3bis su cui ancora ieri erano chini i dipartimenti legali dei sindacati. Qui si è innestato un corto circuito fra Inps, aziende sanitarie e lavoratori-pensionati, appunto con circolari incrociate fra istituzioni. Il caos e le levate di scudi sono stati inevitabili. Ieri, però, il direttore dell’Inps regionale, Antonio Pone, ha dato la sua interpretazione della famigerata circolare con cui l’Inps nazionale cercava di sbrogliare il garbuglio di norme affastellate l’una sull’altra. «La materia è complessa. – concede Pone – Partiamo dal lavoro “autonomo”. Il Cura Italia è cristallino: per i sanitari che tornano in corsia inquadrati come lavoratori autonomi o con contratti di collaborazione, il problema della non cumulabilità non si pone. Quindi si percepisce sia la pensione che lo stipendio. Chiara anche la situazione per i percettori di pensione di vecchiaia o di anzianità assunti direttamente dalle Usl nel ruolo di vaccinatori. Stesso esito, stipendio e pensione salvi entrambi». Il nodo che riguarda, per inciso, la grande maggioranza dei medici vaccinatori, è quello dei contratti in somministrazione. La Cisl veneta che ha seguito da vicino la vicenda fa presente che la norma non consente che le Usl assumano medici in pensione direttamente. Ecco, allora, che il «filtro» della somministrazione che mette in relazione diretta aziende sanitarie e agenzie di lavoro, risolve il problema. Tant’è che Pone conferma: «Per i “somministrati” la legge di bilancio è norma autorizzatoria. Ed è qui che l’articolo 1 non prevede fattispecie derogatoria tra pensione e reddito di lavoro dipendente solo per lavoratori precoci, Quota 100 e Ape sociale. Insomma, per i medici pensionati in Quota 100 vale l’incumulabilità». Per i Quota 100 pensione sospesa, non si scappa. Ma c’è di più. «È previsto – conclude Pone – il recupero del trattamento pensionistico maturato nell’anno solare in cui il pensionato ricomincia a lavorare non da autonomo. O si prevede un’ulteriore modifica normativa o l’istituto ha le mani legate». Un sospiro di sollievo per i medici che non hanno usato Quota 100 come Lionella Bertoli ma un duro colpo per chi, fresco pensionato, dovrà decidere se lasciare o continuare a queste condizioni. Lo stesso, ma è una magra consolazione, è capitato ai nonni (pensionati con Quota 100) che sono stati «retribuiti» con il bonus baby sitter. Non ci sta Giovanni Leone, segretario Cimo – Fesmed Veneto: «Facciamo due conti: un medico vaccinatore pensionato, vale a dire il 65% del totale, dei 6.500 lordi al mese con un contratto fino al 31 dicembre, si vede applicata un’aliquota del 43%, poi una quota va alla cooperativa che ha dato il contatto per recuperare il medico, una ad Enpam. Insomma, gli resta il 30-35%, tra i 2.000 e i 2.500 euro al mese. Ma capiamoci, non è che la pensione questa gente non se la sia guadagnata, parliamo di 40-45 anni di contributi».
Secondo Ivan Bernini della Cgil la situazione «è una bomba, i Quota 100 oltre al danno subiscono la beffa». Marj Pallaro, Cisl, rincara la dose: «Di medici pensionati vaccinatori abbiamo bisogno come l’aria in questo tempo eccezionale in cui i vaccini sono l’unica via. Gli altri servono a curare e a smaltire le liste d’attesa che si stanno allungando». Lionella, intanto, continua a vaccinare. «Il record nel mio hub? 900 dosi in un giorno…lo dico ai colleghi: ce lo ricorderemo questo momento, l’impressione è di vivere un momento speciale».