Pensionioggi. Anche il personale medico e dirigente del settore sanitario nazionale ha il nuovo contratto di riferimento. E’ stato firmato, infatti, lo scorso 24 Luglio, dopo un’attesa di ben 10 anni, lo schema del nuovo contratto riferito al triennio 2016-2018 valido per circa 130 mila professionisti del settore. Il contratto è stato siglato all’Aran dai sindacati del settore esclusi Cimo-Fesmed e Anpo che hanno deciso di non firmare e contiene l’aggiornamento della parte normativa ed economica del rapporto di lavoro.
Il testo prevede un aumento in busta paga a regime del 3,48%, distribuito in modo equilibrato per la rivalutazione della parte fissa della retribuzione e delle risorse utilizzate in sede locale per la remunerazione delle condizioni di lavoro, dei risultati raggiunti e degli incarichi dirigenziali. In tale ambito, è stata operata una rivalutazione degli stipendi tabellari a regime di 125 Euro mese per tredici mensilità a cui si aggiungono gli ulteriori incrementi che hanno interessato la parte accessoria del salario, con una particolare attenzione agli istituti retributivi più direttamente correlati alla erogazione dei servizi (guardie mediche e retribuzione di risultato).
Nello specifico per i dirigenti medici l’incremento del tabellare è scaglionato in 19,70€ dal 1° gennaio 2016, 59,80€ dal 1° gennaio 2017 e 125 euro dal 1° gennaio 2018, valori lordi mensili con assorbimento dell’indennità di vacanza contrattuale. Ridefinita pure la retribuzione di posizione dal 1° gennaio 2019 e le altre indennità come quella di esclusività (che dal 1° gennaio 2019 è pari a 18.473,29 euro annui), l’indennità di direzione della struttura complessa (10.218 euro annui dal 1° gennaio 2019) e l‘indennità di specificità medico-veterinaria (8.476,34 annui). Per i nuovi medici il contratto prevede poi la corresponsione di una retribuzione fissa di posizione di 1.500 euro mensili (che oggi non viene corrisposta). Ridefinita l’indennità di guardia notturna, con un aumento da 50 a 100 euro per notte, che diventa di 120 euro per chi lavora in pronto soccorso.
Come si può intuire l’aggiornamento delle retribuzioni avrà effetti positivi anche sulla determinazione della misura della pensione. L’effetto riguarderà non solo coloro che hanno cessato il rapporto di impiego dal 1° gennaio 2019, data dalla quale si fanno sentire tutti gli aumenti retributivi, ma anche il personale andato in pensione tra il 1° gennaio 2016 ed il 31 dicembre 2018. Questo personale, come accaduto con i precedenti rinnovi, si trascinerà in pensione l’intero aumento del tabellare riconosciuto a regime dal rinnovo contrattuale (cioè circa 125 euro al mese) alle singole scadenze temporali e negli importi previsti per ciascun scaglionamento. Per quanto riguarda, invece, il trattamento di previdenza (cioè il TFS o il TFR a seconda dei casi), l’indennità sostitutiva del preavviso e dell’indennità in caso di decesso di cui all’art. 2122 C.C., si considereranno solo gli aumenti maturati alla data di cessazione del rapporto di lavoro. Significa cioè che sarà valida la retribuzione, comprensiva degli aumenti contrattuali, in vigore alla data di cessazione del rapporto.
Per quanto riguarda la parte normativa sono state ampliate ed innovate alcune tutele, ad esempio quelle concernenti le gravi patologie che necessitano di terapie salvavita, le misure in favore delle donne vittime di violenza, le ferie e i riposi solidali per i dirigenti che debbano assistere figli minori bisognosi di cure.