«Quei cinquantamila euro furono un prestito, dovevo concludere un´operazione originata da problemi familiari. E infatti restituii a Puntin il denaro due anni dopo». E ancora: «All´epoca ricoprivo tre incarichi», ha spiegato Franco Toniolo, ex segretario regionale alla Sanità e al Sociale, «mi occupavo solo dei fondamentali della Sanità e avevo un ruolo di snodo tra politici e il settore: gli indirizzi li dava la politica la competenza spettava ai dirigenti. Voglio dire che la legislazione è precisa e i segretari non sono titolari del procedimento». E ha spiegato come la vicenda che interessò la Chierego Perbellini e il suo accorpamento a Zevio piuttosto che a Marzana comparve a fine legislatura e non fu che una delibera regionale «ponte»: non poteva modificare la programmazione ed era provvisoria.
«A dare le indicazioni erano gli assessori sulla base delle discussioni a livello locale. Io mi sono limitato a dire di verificare la fattibilità di una serie di indicazioni, e non c´era solo Verona».
Una lunga e dettagliatissima deposizione quella Franco Toniolo, accusato di aver ricevuto 50mila euro dal manager della Sanità privata Franco Puntin «per orientare la programmazione ed evitare il trasferimento della Chierego Perbellini a Marzana», recita l´imputazione a suo carico.
L´ex segretario ha spiegato al collegio presieduto da Dario Bertezzolo lo scopo di quel prestito, ha risposto al pm Paolo Sachar fornendo un´ipotesi alternativa e contraria all´assunto della Procura che lo accusa di aver preso denaro per favorire la sanità privata. E in questo caso le cliniche gestite dal manager Puntin che ieri mattina, parlando di Toniolo, ha spiegato come il funzionario fosse «dall´altra parte» e che le telefonate intercettate si riferivano alla percentuale che avrebbero dovuto ricevere le private dalla Regione.
Un processo nel quale oltre al dirigente ora in pensione e al manager di Peschiera sono accusati di corruzione anche la moglie di Puntin, un ex politico di Rovereto Fabio Demattè (all´epoca presidente del consiglio comunale della città in cui si trova una delle strutture gestite da Puntin, la Solatrix) e Gianfranco Turchini, direttore generale della clinica trentina.
Il pm ha insistito sui tre versamenti di 10mila euro effettuati da Toniolo lo stesso giorno, lui ha spiegato che si trattava in parte di contanti che teneva in cassaforte che servivano per lavori nella casa di Venezia, in parte avrebbero dovuto essere usati per pagare un garage comprato a Mestre (ma poi non li usò) il terzo era una provvista ma non ha spiegato come mai non fece un unico versamento.
«Avevamo un problema con una delle figlie che frequentava l´Università a Bologna, si trasferì a Padova e pensammo di acquistare un appartamento. Versammo la caparra ma poi ci accorgemmo, io e mia moglie, che nel palazzetto la situazione non era così tranquilla». E comprarono anche il secondo. Andarono in banca, fecero un mutuo ipotecario e poi nel maggio 2005 ci fu il secondo acquisto. In totale 296mila euro. «Usai i miei fondi, ma ci accorgemmo che la casa era da sistemare e decisi di chiedere un prestito a conoscenti o amici poichè la mia amministrazione non mi anticipava il Tfr». Parlando con Puntin della famiglia espresse le sue preoccupazioni. «Non chiesi niente, fu lui a dirmi di non preoccuparmi. Poi a metà aprile lo incontrai e gli chiesi il prestito, assicurandogli che avrei restituito la somma, 50mila euro, in due anni. E il 3 maggio ci trovammo al Rotary e mi consegnò una busta. Misi parte del denaro in banca e gli altri li usai per pagare la sistemazione della casa».
E non firmò nessuna ricevuta. Si va a maggio