Il Sole 24 Ore. Rincari e volatilità esasperati, prezzi ai massimi da almeno un decennio, se non addirittura a livelli mai visti, come per il gas, che ieri ha di nuovo aggiornato il record storico a 208 euro per Megawattora al Ttf. Per le materie prime è stata una settimana nera, addirittura una delle peggiori nella storia. La guerra in Ucraina e le sanzioni contro la Russia hanno scosso il mercato più dell’esplodere della pandemia da Covid nel 2020 o prima ancora, nel 2007-2008, quando una vertiginosa salita dei prezzi si schiantò con il collasso di Lehman Brothers e la Grande recessione globale.
I maggiori indici di materie prime sono ai massimi da 14 anni, dopo aver guadagnato oltre il 10% in una settimana: un balzo così forte e rapido secondo Bloomberg non si era verificato nemmeno all’apice dello shock petrolifero dei primi anni ’70.
Se qualche investitore brinda ad eccezionali plusvalenze, il mondo intero è tornato a temere lo spettro della stagflazione: l’inflazione, già alle stelle, rischia un’ulteriore impennata e l’economia minaccia di frenare per il costo esorbitante dell’energia, aggravato da rincari e carenze di ogni tipo. L’allarme suona più forte in Europa, vicina dal punto di vista geografico e commerciale alla Russia. L’euro peraltro è ai minimi da due anni sul dollaro, valuta in cui è quotata la maggior parte delle materie prime: l’effetto cambio ci farà spendere ancora di più.
Il gas, che già pesa come un macigno sulle bollette, nell’ultima settimana è più che raddoppiato di prezzo, su valori dieci volte superiori a un anno fa, e potrebbe rincare ulteriormente se si fermeranno i flussi nei gasdotti dalla Russia.
Anche per il grano questa settimana passerà – tristemente – alla storia. Con le spedizioni dal Mar Nero bloccate (e un quarto dell’export globale in mano a Mosca e Kiev) c’è stato un rincaro di una rapidità e intensità senza precedenti: oltre il 40% da lunedì, con un nuovo record storico ieri a Parigi a 426 euro per tonnellata. Rialzi analoghi a Chicago, dove il mais si è apprezzato come non faceva dal 2008, quasi il 20% in una settimana.
Il petrolio invece non rincarava così in fretta da metà 2020, epoca in cui i maxi tagli produttivi dell’Opec+ si sommavano alla forte ripresa delle attività dopo la paralisi da Covid: il Brent ha guadagnato più del 20%, spingendosi fino a un soffio da 120 dollari al barile giovedì, per poi ripiegare intorno a 113 $. Le quotazioni (come quelle del gas) hanno avuto oscillazioni enormi, anche superiori a 20 dollari: una volatilità mai vista nell’intera storia dei futures sul greggio del Mare del Nord, creati nel 1988. Le sanzioni risparmiano i combustibili, ma l’export di petrolio russo è crollato lo stesso e presto Mosca potrebbe dover frenare le estrazioni, avverte Ubs, perché dispone di capacità di stoccaggio limitate.
Per i metalli la situazione è altrettanto difficile. L’alluminio – che risente in modo particolare anche del caro energia – macina record: il picco più recente ieri a 3.867 $/tonnellata a Londra, dove la settimana si è chiusa con un rialzo vicino al 15%, il più forte di sempre. Un’impennata così non si era vista nemmeno nel 2018, quando le sanzioni Usa contro Oleg Deripaska paralizzarono le attività di Rusal. Oggi la società non è oggetto di misure punitive, ma anche la sua produzione fatica a uscire dalla Russia per difficoltà nei pagamenti e nell’assicurazione dei carichi e perché le maggiori compagnie di navigazione evitano i porti del Paese.
Nemmeno Norilsk è sotto sanzioni, ma il nickel è rincarato di oltre il 15% in settimana, come non faceva dal 2008, fino a superare 30mila dollari per tonnellata. Nello stesso tempo il palladio si è apprezzato del 24% avvicinandosi a quota 3mila dollari l’oncia: da Mosca arriva – o meglio: arrivava – il 40% dell’offerta globale.
Euro debole e peso fiscale spingono benzina e gasolio verso nuovi record
Stavolta il primato di prezzo ha motivi più seri e strutturali. Il rincaro dei carburanti supera il record non solamente per via dell’aumento di prezzo del barile di petrolio ma soprattutto per via del cambio fra i dollari (la valuta con cui viene negoziato il greggio) e gli euro (la moneta con cui paghiamo i prodotti petroliferi). E comunque ciò che tiene ferocissimi i prezzi di benzina e gasolio in Italia è la penalizzazione fiscale delle accise: tolta la quota fiscale, il prezzo di benzina e gasolio è assai più basso rispetto alla media europea. Più basso fra i 6 e gli 8 centesimi in meno al litro.
Con le quotazioni dei prodotti petroliferi in Mediterraneo che hanno chiuso giovedì in forte crescita per il quarto giorno consecutivo, ieri si segnalavano nuovi interventi al rialzo effettuati dalle compagnie sui prezzi raccomandati di benzina e diesel. I prezzi praticati per i due carburanti sono ancora in grande aumento sia nella modalità self che nella modalità servito. Si registrano incrementi anche per i prezzi praticati di Gpl e metano auto.
Stando all’Osservaprezzi carburanti del ministero dello Sviluppo economico, il prezzo medio nazionale praticato della benzina in modalità self sale a 1,912 euro al litro mentre il gasolio vola a 1,788 euro. I prezzi con il servizio del benzinaio sono fissi sopra i 2 euro.
L’effetto del passaggio fra il dollaro e l’euro è un’aggravante. Nel 2008 il barile di petrolio era arrivato a 144 dollari, ma il cambio mite si traduceva in 97 euro al barile. Invece in questi giorni il barile è attorno ai 114 dollari, ma nel passaggio al mercato europeo il valore ha bruciato la soglia mai superata prima dei 100 euro al barile, cioè la quotazione è attorno ai 103 euro.
La penalizzazione fiscale sui carburanti fa il resto. In questi giorni rispetto alla media dei prezzi europei, rileva l’Unem, il gasolio in Italia costa 5,7 centesimi in più al litro ma, se si tolgono accise e Iva pari a 13,5 centesimi in più al litro, il prezzo industriale italiano costa 7,8 centesimi in meno rispetto all’Europa.
Sulla benzina, il prezzo al consumo è di 3,9 centesimi più caro rispetto all’Europa ma, tolto un divario fiscale di 9,9 centesimi in più al litro, il prezzo industriale della benzina italiana è 6 centesimi in meno rispetto alla media europea.
Nel frattempo Federmetano, Assopetroli-Assoenergia e Assogasmetano accolgono con favore i provvedimenti a sostegno del settore dell’autotrasporto contenuti nel decreto Energia, di recente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Tra le altre misure adottate, un credito d’imposta per l’acquisto di gas liquefatto agli autotrasportatori, che accoglie almeno in parte la proposta delle associazioni, avanzata in diverse occasioni sin dallo scorso mese di ottobre.