Roberto Maroni impone la sordina a Luca Zaia e Flavio Tosi, da una settimana al centro di una incandescente polemica. I due leader della Lega Nord del Veneto si sono visti ieri pomeriggio a Milano, in via Bellerio, per gettare le basi del progetto della macroregione vagheggiata dal neo governatore della Lombardia.
C’era anche il presidente della giunta regionale del Piemonte, Roberto Cota. Zaia e Tosi non erano seduti vicini, ma si sono parlati con apparente serenità, ciascuno conservando le proprie posizioni. Ma l’ex ministro dell’Interno ha chiesto di siglare una temporanea «pax veneta», anche vista della delicatissima situazione politica nazionale. L’occasione dell’incontro, fortemente voluto da Maroni, è arrivata giusto all’apice delle violente polemiche scoppiate dopo le elezioni politiche e il desolante risultato della Lega Nord nel Veneto. Con Zaia che ha accusato Tosi per il magro risultato elettorale e Tosi che pochi giorni prima delle elezioni ha lanciato il progetto della Lega 2.0. Maroni avrebbe rassicurato Zaia rispetto a una tranquillità amministrativa da qui alle elezioni regionali del 2015. Tosi, dal canto suo, avrebbe annuito ma confermato la validità del progetto di andare oltre la Lega conquistando fette di nuovo consenso: «Altrimenti la Lega è morta» avrebbe detto. Maroni ha preso tempo, impegnandosi a gestire la delicata fase dei rapporti tra le due anime della Lega nel Veneto in un successivo incontro. Il patto dovrebbe passare sul congelamento delle cariche (Maroni resta segretario federale, Tosi segretario veneto, Zaia in Regione) ma con un corposo riequilibrio nelle cariche, attualmente troppo sbilanciate a favore dei «barbari sognanti» che al congresso del giugno scorso hanno conquistato la maggioranza del Carroccio. Niente congresso, per adesso: le parti hanno convenuto che sarebbe un bagno di sangue. Sul tema del futuro della Lega Nord parla il presidente della Liga veneta Luca Baggio: «E’ giunto il momento di chiudere definitivamente con le polemiche e la caccia ai responsabili di un risultato elettorale negativo. Oggi nella discussione deve prevalere l’impegno a favore di tutte quelle famiglie, di tutti quegli imprenditori che soffrono terribilmente questo lungo, interminabile periodo di crisi: a loro delle diatribe interne non interessa nulla, sono piuttosto attenti alla capacità della politica di dare risposte e soluzioni ai loro problemi, che sono anche i nostri problemi, i problemi dei nostri figli, i problemi della nostra società. La Lega Nord attraverso i suoi segretari ha indicato la strada maestra per uscire dal tunnel, una soluzione unica, seria e percorribile: il nord unito attraverso una macro regione con l’obiettivo di trattenere maggiori risorse, non meno del 75% delle tasse versate a Roma. Per questo progetto serve l’apporto di tutti, dal nostro governatore all’ultimo militante; se ognuno nel proprio ruolo si impegna per questo potremo rialzare la testa e guardare con meno apprensione al futuro, altrimenti la decadenza continuerà fin che ci spremeranno anche l’ultima goccia di sangue e il nostro declino sarà irreversibile. Chi nella Lega Nord ha buona volontà e voglia di risalire non può permettere questo e continuerà a combattere per salvare il proprio territorio».
Lega Nord. Dopo Maroni: verso un veneto come segretario?
«Settimana prossima c’è un Consiglio federale, andrò e chiederò la convocazione di un nuovo congresso per eleggere il segretario federale». Lo ha detto Roberto Maroni, che a «Che tempo che fa» ha spiegato di avere «una sola parola» sul fatto che lascerà la segreteria della Lega.
«Il governo si formerà, anche se più tardi rispetto ai tempi normali. Ma la legislatura non durerà più di due anni». Lo ha detto il segretario della Lega, Roberto Maroni, che alla registrazione della trasmissione di Rai 3. «Noi – ha aggiunto – saremmo all’opposizione» e quello che ci sarà «forse sarà governo di minoranza».«Non esiste una legge elettorale perfetta, bisogna trovare un giusto equilibrio fra rappresentatività e governabilità. Il problema di questa legge è che c’è un premio di maggioranza alla Camera, mentre al Senato c’è a livello regionale. Bisogna trasformare il premio di maggioranza al Senato come quello alla Camera», ha aggiunto Maroni.
Il Mattino di Padova – 2 marzo 2013