Ora il governo punta all’«immediato ritorno» dei marò, in attesa del processo, slittato ancora di un mese. Lo ha scritto, in una nota ufficiale, Palazzo Chigi, ieri, giorno in cui la vicenda giudiziaria di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone ha registrato un nuovo stop e un ulteriore rinvio: il ventottesimo.
Con un minuscolo passo avanti: i due fucilieri non saranno giudicati sulla base delle indagini svolte dalla polizia antipirateria (Nia). La Corte Suprema indiana ha accolto il ricorso della difesa dei due fucilieri di Marina, trattenuti da due anni a New Delhi, con l’accusa sempre respinta di aver ucciso due pescatori del Kerala durante un’operazione antipirateria.
Nessuna decisione definitiva, come di consueto. I giudici hanno fatto slittare di altre 4 settimane l’udienza. E hanno, per giunta, concesso all’accusa di presentare le proprie controdeduzioni. Torneranno a riunirsi entro maggio, ma secondo uno dei difensori, Diljeet Titus, a causa della pausa estiva, è probabile che la decisione finale sul ricorso contro la giurisdizione della Nia (la legge antipirateria indiana) non arrivi prima di luglio o agosto. Tanto che l’inviato del governo, Staffan de Mistura, raccomanda: «Dobbiamo reagire con glacialità».
Raccomandazione poco seguita qui da noi. Dove tiene banco la proposta del presidente della commissione Difesa della Camera, Elio Vito, fatta a Pd e Fi, di candidare Latorre e Girone alle elezioni europee. Ipotesi subito rivendicata da Ignazio La Russa di Fdi («finora Pd e Fi sono stati sordi alla mia proposta»)
Ma il passo avanti c’è. E induce a tentare di più sebbene questa vicenda strettamente connessa alla propaganda per le elezioni indiane di primavera ci abbia abituato a fulminee retromarce. Lo fa subito il governo di Matteo Renzi, che giovedì ha chiesto esplicitamente a Barack Obama di supportare questa causa. E, nella nota, torna a «rivendicare con forza la giurisdizione italiana sulla vicenda», a «chiedere l’immediato ritorno dei nostri militari in Italia» e ad assicurare che svolgerà «tutte le azioni internazionali utili a raggiungere quanto prima entrambi gli obiettivi». Del resto, aggiunge il sottosegretario alla Difesa, Domenico Rossi, «è nostra intenzione di non sottoporre i marò a procedimenti giudiziari in India non essendo questa competente per mancanza di giurisdizione territoriale e per l’immunità funzionale che i due militari hanno». Annuncia iniziative parlamentari mirate a premere sul rientro dei marò anche il presidente della Commissione Difesa del Senato, Nicola Latorre: «Ne discuteremo da lunedì. Se la candidatura è una boutade, questa decisione ci induce ad insistere per farli tornare giacché è stato sospeso il processo cui proprio l’India aveva ipotizzato di sottoporli. In attesa che riprenda possono seguirne gli sviluppi da qui. Mentre noi insisteremo sul terreno dell’internazionalizzazione, come bene ha fatto Renzi con Obama. Per ottenere che vengano giudicati da un’istituzione internazionale o italiana». D’accordo il presidente della commissione Esteri al Senato, Pierferdinando Casini: «Positiva la decisione della Corte Suprema, ma non ci basta». E il vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri (Fi) rincara: «Bisogna esigere il rientro». «Renzi gestisca la vicenda con urgenza» chiede il leghista Marco Marcolin. Per chiederlo Giorgia Meloni con Fdi-An organizzerà l’1 aprile una fiaccolata a Bari. I Cinquestelle intanto chiedono che il Pd non strumentalizzi un eventuale rilascio nella prossima udienza che cade proprio a ridosso delle europee.
Virginia Piccolillo – Corriere della Sera – 29 marzo 2014