(ANSA) – ROMA, 17 aprile – Perdite economiche che sfiorano ad oggi i 5 miliardi di dollari e la natura che paghera’ pegno per i prossimi 50 anni creando sofferenze alla maggior parte delle specie animali e vegetali.
Questo il bilancio del disastroso incidente che un anno fa, il 20 aprile 2010, porto’ prima all’incendio e poi all’affondamento della piattaforma petrolifera della British Petroleum (Bp) nel Golfo del Messico, la ‘Deepwater Horizon’, provocando la fuoriuscita di 5 milioni di barili di greggio nelle acque dell’oceano Atlantico.
I danni visibili si possono quantificare guardando all’invasione della marea nera lungo la costa sud degli Usa, in particolare in Louisiana: un’intera economia di pescatori spazzata via, allevamenti di gamberi e ostriche completamente cancellati, ecosistemi di coralli corrosi, habitat di uccelli trasformati in sabbie mobili, un’intera catena alimentare rallentata nel suo ritmo abituale e che deve lentamente ricostruirsi. In particolare, i rischi maggiori riguardano molluschi, crostacei e pesci, e maggiormente quelli che si trovano a stadi giovanili di vita o entrano in contatto con larve contaminate. Da ultimo le stragi di cetacei (circa 5.000 secondo un recente studio della Brtish Columbia) e di delfini sulle coste dell’Alabama e del Mississippi.
Quello che non si vede, pero’, del disastro ecologico, causato da una falla a oltre 1.500 metri di profondita’, sono i danni ‘invisibili’ come, per esempio, i 7 milioni di litri di solventi chimici buttati nell’oceano sulle chiazze oleose ‘nere’ con la speranza che potesse venir contenuta l’espansione. E i danni, secondo una ricerca coordinata dal Noaa (l’Agenzia americana che studia oceani e atmosfera), non si limiterebbero alle acque e alle coste ma giungerebbero anche in atmosfera per via di una colonna di ‘inquinamento’ aerea creata dall’evaporazione del petrolio.
Il delicato ecosistema naturale dell’area – ha spiegato un esperto del Wwf Italia nel fare un’analisi dell’incidente – prima di riuscire a trovare un nuovo equilibrio, ‘mangiando’ quanto rimane del petrolio, impieghera’ una cinquantina di anni. Infatti, a fronte del deficit ecologico provocato dagli oltre 780 milioni di litri di petrolio finiti nell’Atlantico, la natura dovra’ ‘digerire’ il greggio ingurgitato ripulendosi dal piu’ grave disastro ecologico di sempre nel campo degli incidenti petroliferi. Da ultimo sembra pero’ che gli sforzi delle popolazioni costiere degli Stati Uniti vengano ripagati, almeno nelle speranze. Come a Chauvin, un villaggio del delta del Mississippi dove sembra che la marea nera sia stata tenuta a bada dalle acque del fiume in uscita, e dove da poco ha ‘riaperto’ la pesca ai gamberi. (di Tommaso Tetro)(ANSA).