Circa 1-1,2 miliardi nel 2017. Che diventano di fatto 1,6-1,8 miliardi grazie all’extra-dote di 600 milioni del 2016. Sarà questo il contributo del capitolo “acquisti Pa” alla “fase tre” della spending review che confluirà nella prossima legge di bilancio.
A meno di sorprese dell’ultima ora, il cosiddetto modello Consip garantirà per il prossimo anno risparmi diretti per oltre un miliardo (il grosso arriverà dalla razionalizzazione degli acquisti “sanitari”) che andranno ad aggiungersi agli ulteriori 600 milioni recuperati nel corso di quest’anno dalla società del Mef rispetto all’obiettivo di un miliardo di euro collegato alle misure inserite nell’ultima legge di Stabilità. Un’extra-dote che era stata considerata molto probabile già nei mesi scorsi dall’ad di Consip, Luigi Marroni. Quasi 2 miliardi, dunque, che dovrebbero rappresentare circa la metà delle nuova spending review da 3,5-5 miliardi che rappresenta uno dei punti fermi della prossima manovra. La legge di bilancio nascerà sulla base della revisione del quadro macroeconomico attesa con la Nota di aggiornamento del Def (NaDef) che sarà varata tra lunedì e (più probabilmente) martedì della prossima settimana (26-27 settembre).
Il documento è sostanzialmente pronto: circa 80 cartelle con il nuovo quadro programmatico e tendenziale propedeutico alla legge di bilancio da varare entro il 20 ottobre. Ancora da affinare è soprattutto la stima dell’indebitamento della Pa per il 2017 dalla quale dipende l’ulteriore deficit da utilizzare per la manovra, anche alla luce della revisione al ribasso della crescita che dall’1,2% previsto dal Def della scorsa primavera è destinata a scendere a quota 0,8-0,9 per cento. Anche il Pil 2017 dovrebbe essere rivisto al ribasso dall’1,4% a una stima compresa tra l’1% e l’1,2 per cento. Quanto al deficit, il 2016 dovrebbe chiudere a quota 2,4% mentre la previsione per il 2017 dovrebbe oscillare tra il 2,3-2,4 per cento. Con una forbice non troppo larga tra “programmatico” e “tendenziale” che dovrebbe comunque assicurare un nuovo spazio di almeno 6-8 miliardi, anche perché saranno scorporate le spese per l’emergenza migranti e post-terremoto nelle aree colpite dal sisma di agosto che il Governo considera svincolabili dal Patto di stabilità europeo. La Nadef potrebbe contenere entrambi gli scenari (con e senza “scoroporo” dal deficit delle voci su migranti e terremoto).
In tutto gli spazi complessivi di flessibilità che l’esecutivo conterebbe di utilizzare, tra quelli già concordati in primavera e i nuovi margini su cui è in atto il confronto con la Ue, dovrebbero essere compresi tra 12 e 15 miliardi, metà dei quali verrebbe utilizzato per disinnescare delle clausole di salvaguardia fiscali da oltre 15 miliardi (le altre risorse necessarie arriverebbero da spending e recupero evasione). Ed è proprio su questo punto che si sta cercando un compromesso. Ieri il presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, ha ricordato che il Governo italiano ha già ottenuto 19 miliardi di flessibilità.
Allo spazio di deficit utilizzabile si sommeranno le risorse che il Governo recupererà autonomamente (8-9 miliardi), almeno metà dell quali arriverebbero dalla “spending”. Ma anche il fronte dei tagli resta caldo. Il ministro Roberta Pinotti, ha fatto sapere che non c’è più spazio per ulteriori tagli alla Difesa. E anche il ministro Beatrice Lorenzin ha difeso l’aumento di 2 miliardi del Fondo sanitario nazionale previsto dal Def della scorsa primavera.
Dalla definizione della Nadef dipende anche l’entità della dote per il pacchetto pensioni imperniato sull’Ape. Il Governo incontrerà i sindacati per il round decisivo il 27 settembre. Nelle ultime ore è spuntata l’ipotesi di chiudere il tavolo con un verbale d’incontro che consenta di registrare le singole posizioni sui diversi capitoli senza ricorrere a un vero e proprio protocollo d’intesa.
Marco Rogari – Il Sole 24 Ore – 23 settembre 2016