Il premier annuncia un piano di razionalizzazione in tre anni: «Le 8mila Spa attuali dovranno essere ridotte a mille». Un nuovo capitolo di spending review sul funzionamento della macchina pubblica, con il tentativo di interventi più chirurgici di quelli operati nel 2012 dall’allora commissario Bondi, e un piano di razionalizzazione delle municipalizzate, che per ora resta generico nelle regole ma preciso e ambizioso negli annunci: «Porteremo da 8mila a mille le municipalizzate nel giro di tre anni», ha detto ieri il presidente del consiglio Renzi, con un linguaggio più diretto rispetto al «programma di razionalizzazione» indicato dalle bozze di decreto.
Sul taglio della spesa, l’obiettivo assegnato a Comuni e Province (e Città metropolitane) parla di 820 milioni, 444,5 milioni per le prime e 375,6 milioni per i sindaci secondo le ultime bozze. La richiesta rivolta alle Province è più alta perché nei risparmi entrano anche i frutti della riforma Delrio, che in pratica aveva cancellato indennità egettoni pergiunte, consigli e commissari ma non aveva blindato i risparmi con un taglio di fondi equivalente alla mancata spesa per “costi della politica”. Il decreto Irpef compie anche questo passo, quantificandolo in 100 milioni all’anno, mentre nelle ultime bozze circolate ieri sono saltate le sforbiciate alla politica comunale, che prevedevano l’azzeramento di indennità e gettoni negli enti fino a mille abitanti e tagli per chi spendeva più della media della propria fascia demografica per le amministrazioni più grandi. Resta invece anche nel capitolo Comuni la nuova stretta sulle auto di servizio e sulle consulenze, due misure simbolo che però non cambiano le sorti dei conti pubblici: quest’anno dovrebbero portare 15,6 milioni in tutto.
Il grosso dei risparmi (come anticipato sul Sole 24 Ore di giovedì scorso) dovrebbero invece arrivare dalle nuove riduzioni di spesa sui «consumi intermedi», cioè sulle spese di funzionamento delle Pubbliche amministrazioni. Per il momento manca il dettaglio delle voci di spesa che saranno coinvolte dalle nuove regole, ma il decreto Irpef prova a fare tesoro dell’esperienza non troppo felice vissuta nel 2012, quando la spending review si trasformò di fatto in un taglio lineare e colpì anche le uscite per servizi come l’igiene urbana e il trasporto locale. Per far partire i tagli sui consumi, da 360 milioni nel 2014 e da 540 milioni all’anno nel 2015-2017, tutte le amministrazioni locali dovranno certificare entro maggio la spesa per una serie di voci (anche se il ministero dell’Economia già le conosce nel dettaglio grazie al sistema Siope), e su questa base saranno ripartiti i sacrifici. Anchenelleultime versioni del decreto, poi, resta la penalizzazione ulteriore, sotto forma di tagli aggiuntivi, per chi è troppo lento nei pagamenti ai fornitori, anche se secondo alcuni dei tecnici del Governo questa regola rischia di innescare un circolo vizioso riducendo le risorse agli enti che non pagano proprio per carenza di liquidità. Sempre in fatto di pagamenti, i Comuni sono coinvolti in pienonella terza fase dello sbloccadebiti, con una serie di regole su monitoraggio, trasparenza e censimento delle fatture che anticipano le previsioni del disegno di legge di marzo: dai vincoli del Patto, poi, escono 122 milioni all’anno per le spese nell’edilizia scolastica.
In ogni caso, il decreto indica con chiarezza qual è la strada da imboccare per ottenere risparmi a regime sugli acquisti pubblici: le Regioni devono creare entro l’anno centrali di committenza uniche, che saranno inserite in un elenco tenuto dall’Anagrafe unica delle stazioni appaltanti, e tutti Comuni non capoluogo dovranno rivolgersi a loro oppure allearsi in Unioni o convenzioni se non vogliono rivolgersi alla Consip. Il tentativo è quello di tradurre in pratica il passaggio «da 32mila a 40 stazioni appaltanti» indicato dalle analisi del commissario Cottarelli, mentre da giugno dovrebbero entrare in vigore almeno le centrali uniche provinciali introdotte dal «salva-Italia» di Monti a fine 2011 ma sempre rimandate.
Sulle municipalizzate, infine, la palla passa a Cottarelli, che entro fineanno dovrà scrivere unpiano articolato su tre obiettivi: liquidazioni e fusioni delle aziende di troppo, «efficientamento» della gestione e cessione di rami d’azienda. Come per la spending review, si prova a riproporre la cura tentata nel 2012 da Monti, ma evitando le rigidità e gli automatismi che ne hanno determinato il naufragio.
Il Sole 24 Ore – 19 aprile 2014