Calendario del reddito di cittadinanza, numero di pensioni minime da aumentare, limiti alla pace fiscale. Le tre tessere del mosaico della manovra hanno occupato anche ieri quello che potrebbe essere il penultimo vertice sui conti, in vista di un nuovo appuntamento a stretto giro per definire i numeri del quadro di finanza pubblica da scrivere nella Nadef di settimana prossima.
Il piatto forte resta il deficit, che per il Mef deve restare intorno a quota 1,6-1,8% contro le ipotesi oltre il 2% che continuano a rincorrersi nella maggioranza giallo-verde. Dalla cifra finale dipende il peso delle coperture da trovare per far partire la macchina.
Sul tavolo di ieri sera, che a Palazzo Chigi ha riunito per oltre tre ore il premier Conte e il titolare dell’Economia Tria insieme ai vicepremier Salvini e Di Maio e al titolare degli Affari europei Savona, sono planate le tensioni sulle due bandiere della maggioranza: il reddito di cittadinanza targato M5S e la pace fiscale spinta dalla Lega, su cui la quadra tecnica e politica è ancora difficile. Ma «è un lavoro bello e proficuo per far crescere l’economia rispettando tutti gli impegni», spiega Salvini. «Avanti con tagli e scelte coraggiose» rilancia Di Maio confermando l’impegno a «mantenere le promesse fatte».
Ora la palla ripassa ai tecnici per tradurre le intenzioni in numeri. Sul reddito di cittadinanza crescono le pressioni dei M5S per anticipare a marzo l’avvio a regime, dopo l’antipasto da gennaio con l’aumento delle pensioni minime a 780 euro e la riforma dei centri per l’impiego. Tra le coperture, i dossier M5S contemplano anche due miliardi di tasse in più su di banche e assicurazioni con i tagli alla deducibilità degli interessi passivi; idea che incontra obiezioni tecniche anche al Mef per i rischi d’impatto sui conti bancari.
Ma ognuna di queste mosse costa miliardi. Sulle pensioni minime, per esempio, il peso cambia molto a seconda della platea: ieri Di Maio ha rilanciato i 780 «per tutti», che rischiano di sforare i 10 miliardi. Solo l’intervento sulle pensioni sociali vale 2 miliardi secondo i calcoli M5S, ma una spesa del genere restringerebbe di molto la platea. Su tutto il dossier restano le obiezioni nel Carroccio. Ma «è nel programma – taglia corto di Maio – e lo sappiamo sia noi sia la Lega». Anche il calendario d’avvio del reddito di cittadinanza, oltre a evidenti ricadute politiche con l’obiettivo di arrivare prima delle elezioni europee di maggio, ha conseguenze importanti sui conti. Portare tutto l’intervento a regime da luglio richiederebbe 9-10 miliardi il prossimo anno, ma è evidente che ogni forma di anticipo aumenterebbe il costo in misura proporzionale ai mesi in più.
Sulla colonna delle entrate, la discussione continua a essere accesa sulle ipotesi di pace fiscale con tetto a un milione di euro . «Se parliamo di saldo e stralcio siamo d’accordo – sostiene Di Maio – ma il M5S non è disponibile a votare alcun condono. Dobbiamo aiutare le fasce più deboli della popolazione, non premiare chi si è portato i soldi all’estero e vuole farli rientrare». Netta chiusura, insomma, alla voluntary sul contante, su cui continua a lavorare la Lega, ma il riferimento alle «fasce più deboli» sembra riaprire anche la discussione sui tetti della pace fiscale.
Ma è tutto l’impianto delle coperture a sollevare per ora le incognite più importanti sulla manovra. Ieri Di Maio e Salvini hanno parlato di «scelte coraggiose» sul «taglio agli sprechi», ma al Mef il lavoro tecnico su misure e tabelle degli effetti deve ancora entrare nel vivo. Anche i compiti a casa chiesti da Tria prima dell’estate, cioè i programmi di spending review ministero per ministero, devono in molti casi ancora arrivare a Via XX Settembre.
Anzi, invece dei piani di tagli piovono le richieste di spesa. La ministra della Sanità Grillo, per esempio, punta a una riduzione dei ticket su farmaci e visite, e chiede risorse per il rinnovo del contratto dei medici (i lavori sono ancora in corso sul triennio 2016-18) e gli investimenti in edilizia sanitaria.
Spazi da 6-8 miliardi secondo gli stessi calcoli leghisti sono invece da trovare per le pensioni con «quota 100» generalizzata per gli over 62 posta come condizione da Matteo Salvini. Tra gli effetti ci sarebbe anche un esodo dei dipendenti pubblici, complice l’invecchiamento della Pa: le uscite nel 2019 potrebbero superare quota 300mila, contro le 147mila calcolate con le regole attuali.
Il Sole 24 Ore
Marco Rogari
Gianni Trovati
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