La legge di Stabilità prevede 4,5 miliardi di risparmi. Si continua a trattare sulla Sanità. Ipotesi di riaccorpamento delle Asl locali. Tramonta l’idea di abolire i costi standard. Sulla patata bollente dei 4,5 miliardi di tagli contenuti nella manovra le Regioni avanzano divise alla meta. Tra chi, come il pugliese Vendola, rifiuta di discutere su quello che definisce un “colpo al cuore” a sanità e trasporti e chi, come il presidente della Conferenza delle regioni, Sergio Chiamparino, parla di volontà di trovare l’accordo con Renzi e prende tempo, rinviando alla prossima settimana il parere della stessa Conferenza sulla legge di stabilità. Ma sotto traccia la trattativa va avanti e un vero e proprio contro-piano che dovrebbe ridurre al minimo l’impatto su treni pendolari e servizi sanitari c’è già. «Prima di tutto bisogna partire dalla considerazione che le regioni sono l’unico comparto pubblico ad aver fissato l’obiettivo del pareggio di bilancio nel 2015», spiega a La Stampa Chiamparino.
Cosa c’entri questo con la smussatura del taglio ce lo spiega l’assessore lombardo al Bilancio, Massimo Garavaglia, che in questo momento fa da pontiere con Palazzo Chigi. «Le regioni in disavanzo – spiega – di per se faranno risparmio per raggiungere il pareggio e questo andrà conteggiato». Una mossa da far digerire più che a Renzi all’Europa, che ad ogni voce di taglio vuole correlata una misura di pari valore. L’operazione potrebbe valere comunque un paio di miliardi. Altri 800 milioni si spunterebbero dal fondo istituito all’Economia per la copertura dei rischi da esposizione ai derivati, sottoscritti dalle regioni. Che ne avevano in pancia per circa 30 di miliardi, ridottisi ora ad 8.
La sanità dovrebbe fare la sua parte per un miliardo e mezzo, ma il Governatore toscano, Enrico Rossi, a nome dei suoi colleghi chiede modifiche normative che consentano di pigiare il piede sull’acceleratore dei riaccorpamenti delle Asl e di avere maggior voce in capitolo sui prezzi dei nuovi e costosissimi medicinali. E lo stesso Rossi chiede al governo di introdurre nella legge di stabilità un taglio ai premi di produttività dei manager delle aziende sanitarie. «Sembra che ci si ostini a non voler riconoscere il lavoro di chi ha saputo assicurare al nostro servizio sanitario pubblico il primo posto in Europa in termini di qualità e sostenibilità economica», replica il Presidente della federazione di Asl e ospedali (Fiaso), Francesco Ripa di Meana. In cambio del sacrificio la sanità otterrebbe però uno sblocco della spesa per investimenti.
Tramontata invece l’idea di intervenire sui costi standard. Quelli già pronti all’uso non riguardano infatti i prezzi difformi di beni e servizi ma solo i criteri di riparto del fondo sanitario, con risparmi pari a zero. Ma all’Economia la commissione per il federalismo sanitario è pronta ad applicare anche sulle poco più di 200 Asl il criterio dei “fabbisogni standard” già adottato per i Comuni. Per ogni funzione, tipo pronto soccorso o assistenza domiciliare, si valuta la spesa necessaria a soddisfare gli assistiti di un’azienda. Chi è sopra dovrà tagliare, chi è sotto sarà rifinanziato. Un’operazione che richiederà però un anno di lavoro.
A completare il menù una sforbiciata alle partecipate delle regioni mentre il fondo per il trasporto pubblico regionale non andrebbe toccato, “ma anzi implementato”, chiosa Chiamparino. La prossima settimana gli emendamenti diranno quanta parte di questo menù entrerà a far parte della manovra. (La Stampa)
Lorenzin contro tutti: «le Regioni si assumano responsabilità dei tagli» e a Rossi «Manager, riforma sul merito». Chiamparino «Fare chiarezza. Dobbiamo vedere il ministro»
«Se le Regioni non sono in grado di ristrutturare la loro spesa e chiedono, ancor prima di aver cominciato, di tagliare il fondo sanitario, se ne assumano le loro responsabilità». Duro affondo del ministro della Salute, oggi a Bologna per un incontro con i medici emiliani. Il tema sono i quattro miliardi di euro di tagli alle Regioni previsti dalla legge di Stabilità. Lorenzin rivendica il fatto che «il Fondo sanitario è intatto», anzi «io l’ho aumentato di due miliardi per il 2015, un miliardo per il 2014 e altri tre nel 2016». Sia il riparto delle risorse sia «le modalità con cui sarà effettuato questo questo taglio lo stabiliremo insieme», tra Regioni e ministero della Salute. Ma se le Regioni non saranno «in grado di ristrutturare la loro spesa», si finirà per decurtare il fondo sanitario. E di questo le Regioni «se ne assumeranno la responsabilità».
Risposta piccata delle Regioni
Non tarda ad arrivare però la risposta dei diretti interessati. Anche il presidente della Conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino, risponde alla Lorenzin e quindi a tutto il Governo, dicendosi sì soddisfatto per il fatto che l’Esecutivo «non intende ridurre il Fondo sanitario per il 2015 e per il 2016». Ma prosegue «Mi auguro che il Governo prenda a sua volta atto che ciò vuol dire che i 4 miliardi più 1.7 miliardi di riduzione di spesa si scaricano su circa 30mld di spesa extra sanitaria, pari a circa il 12%. Il che è quattro volte superiore alla soglia del 3% prevista dalla spending review ed è chiaramente insostenibile». «Urge quindi un incontro per chiarire e trovare una soluzione», conclude il presidente della Conferenza delle Regioni.
Contestazione completa del ministro Lorenzin da parte del coordinatore degli assessori al Bilancio e assessore in Lombardia, il leghista Massimo Garavaglia: «Delle due l’una: o il ministro Lorenzin non ha partecipato al Consiglio dei ministri quando è stata approvata la legge di stabilità – critica l’assessore – oppure non ha letto gli articoli di sua competenza». Ricorda Garavaglia al ministro che «nell’articolo che riguarda i tagli alle regioni nelle 5 ultime righe è scritto chiaramente che i tagli vanno anche sul Fondo sanitario nazionale di parte corrente. Cioè il Governo ha già deciso e messo nella legge di stabilità che taglia il fondo sanitario nazionale». Infine, sottolinea l’esponente lombardo, «il consigliere economico di Renzi, Filippo Taddei proprio ieri in una trasmissione ha dichiarato che si taglia il fondo sanitario di 2 miliardi. Evidentemente il ministro alla Salute non conosce la legge di stabilità e non è a conoscenza di come la pensa il suo premier». Le Regioni, che hanno messo a punto una serie di proposte per ridurre l’impatto dei 4 miliardi di tagli previsti dall’ultima legge di stabilità (a cui si sommano 1,7 miliardi previsti dai governi Monti e Letta) vorrebbero infatti discuterne con il Governo «ma ad oggi non abbiamo alcuna notizia di convocazioni», fa sapere l’assessore Garavaglia.
La risposta del ministro al governatore Rossi «manager essenziali, va fatta riforma sulle selezioni».
La proposta del governatore della Toscana, Enrico Rossi, di abolire i premi per i manager pubblici non entusiasma il governo. O almeno, non nasconde i suoi dubbi il Beatrice Lorenzin. «Ho delle perplessità», ammette il ministro, che preferisce puntare a una rivoluzione completa del sistema. «Bisogna cambiare tutto il modello – afferma- ho presentato anche una legge su questo. In sanità in particolare sono i manager che fanno la differenza- afferma il ministro- se un’azienda funziona o no dipende dal management. Se un’azienda provoca milioni e milioni di euro di disavanzo, e spesso anche grandissima non qualità, dipende da un cattivo management che qualcuno ha nominato, e cioè la politica».
L’idea del ministro è un «modello diverso di selezione dei manager, con un albo nazionale e grossi criteri di entrata, riaggiornabile ogni due anni, e con l’introduzione di criteri davvero aziendali: io ti pago in merito anche gli obiettivi che raggiungi, stabiliti dalle regioni insieme al ministero della salute». Funzionerebbe così: se il target viene raggiunto, si ha lo stipendio di base; se si supera, si ha qualcosa in più; se non si raggiunge l’obiettivo, «ti mando via. E credo che questo possa far funzionare molto meglio il sistema», sostiene il ministro. Tagliare i premi ai manager, invece, «va bene in una fase in cui tutti stanno riducendo i propri compensi, perché c’è un grande problema economico. Invece, superata la fase di emergenza, bisogna cambiare tutto il modello», ribadisce Lorenzin. (Il Sole 24 Ore sanità)
15 novembre 2014