Il governo apre su alcune richieste della minoranza del Pd e disinnesca la possibile alleanza in commissione tra dissidenti, Sel e 5stelle contro il tetto del contante a 3000 euro. Ma c’è un nuovo fronte nella maggioranza perché 4 senatori del Nuovo centrodestra annunciano il loro no alla legge di stabilità. Sono le prove generali di un ritorno da Berlusconi.
Il sostanziale via libera alla manovra venuto da Pier Luigi Bersani permette a Palazzo Chigi di concentrarsi sulle perdite dell’Ncd per capire quanto male possono fare all’esecutivo. Gaetano Quagliariello, insieme con Andrea Augello, Luigi Compagna e Carlo Giovanardi, attacca: «Il Provvedimento è scritto con la mano sinistra. Più deficit, più debito e nessun taglio alla spesa». I numeri sono piccoli, ma visto che il primo passaggio è al Senato hanno un peso per il quorum risicato di Renzi. Nell’accelerazione sulla candidatura di Giuseppe Sala a sindaco di Milano, si può leggere allora anche un messaggio ad Angelino Alfano e ai lealisti dell’Ncd. Sala è gradito alla compagnia ciellina di quel partito (da Formigoni a Lupi) ed è un candidato che s’inserisce nella logica di uno spostamento al centro dell’asse governativo. Un segnale, anche se solo a parole, ma in grado di fermare le uscite da Ncd nel momento delicatissimo del voto sulla legge di stabilità.
La minoranza del Pd invece è sempre sul piede di guerra per il tetto dei contanti, ma riceve e incassa alcune aperture che non lasciano pensare a un bis del braccio di ferro sulle riforme. Enrico Morando dirige in questi giorni il lavoro in commissione Bilancio e promette emendamenti correttivi del governo. Non sui 3000 euro, numero simbolico dell’intera manovra, ma sulla tracciabilità sì. Tornerà per il pagamento degli affitti, per gli autotrasportatori e verranno confermati i 1000 euro di limite per i money transfer come ha annunciato lo stesso presidente della commissione Bilancio del Senato Giorgio Tonini. Il simbolo dei 3000 euro certo vale anche i bersaniani, ma senza alzare le barricate. Federico Fornaro per il momento sottolinea i passi avanti del governo. Parla di «apertura positiva » sui finanziamenti alle province e sottolinea che la battaglia del contante è in fondo al provvedimento, articolo 46. Significa che non è detto che sarà mai votato in commissione. E in aula? Molti danno per scontata la fiducia che potrebbe essere messa venerdì 20. A quel punto, salterebbe definitivamente l’asse con Sel e 5stelle perché i dissidenti hanno già detto in tutte le salse che non faranno cadere il governo sulla legge di bilancio.
Sono semmai gli equilibri politici e non quelli numeri a finire sotto esame a Palazzo Madama. Il debutto di Sinistra Italiana con i vendoliani, il voto ancora incerto di Verdini e dei suoi che aspettano fino all’ultimo per verificare il loro peso eventuale e non hanno ancora sciolto la riserva sul possibile voto di fiducia. Le manovre a destra con le difficoltà di Ncd. Tutti fattori che potrebbero unirsi. E infatti l’esecutivo annuncia novità con i suoi emendamenti che ieri non erano ancora arrivati in commissione. Oggi si muove anche il presidente della commissione Bilancio della Camera Francesco Boccia. Incontrerà De Vincenti poi i capigruppo Pd. Punta, al pari della minoranza Pd, ad accendere un faro sul Sud. La proposta è confermare la decontribuzione per le assunzioni e stabilire ora che durerà fino al 2020 per il Mezzogiorno. «Le coperture ci sono e si trovano nei fondi che sono già del meridione, non verranno sottratti ad altri capitoli di spesa. Il punto – dice Boccia – è che stavolta quei soldi non siano dirottati altrove».
Repubblica – 11 novembre 2015