Oltre a Iva e spese indifferibili, sui conti iniziali della manovra d’autunno pesa la frenata della crescita e l’aumento dei rendimenti dei titoli di Stato. La base di partenza, prima di mettere mano a riforma fiscale, reddito di cittadinanza, pensioni, sanità o rinnovi del contratto del pubblico impiego, è quindi una partita da 22 miliardi di euro divisi fra Iva (12,4 miliardi), spese obbligatorie (almeno 3,5), spesa aggiuntiva per interessi (4 miliardi)?e ricadute sul deficit della minore crescita (2,5 miliardi). Si tratta di 1,2 punti di Pil, che senza contromisure potrerebbero quindi il deficit 2019 al 2%. Non è questa l’intenzione di Tria, che ha avviato il confronto con la Ue per ottenere un obiettivo che non peggiori l’indebitamento strutturale ma non imponga misure giudicate troppo dure per un’economia già in rallentamento. Al centro del confronto ci sono quindi spazi fiscali intorno agli 11 miliardi, per dimezzare lo sforzo di partenza.
Riempite le caselle degli incarichi più pesanti e messe in strada le regole su lavoro e credito cooperativo, entra finalmente nel vivo la preparazione della manovra d’autunno, la partita chiave per il governo giallo-verde. La collocazione di Alessandro Rivera alla direzione generale del Tesoro e la conferma di Daniele Franco al vertice della Ragioneria hanno definito la squadra. Ma prima di decidere le strategie di gioco bisogna tracciare i confini del campo. E i numeri che prendono forma disegnano gli spazi reali a disposizione di riforma fiscale, reddito di cittadinanza, pensioni, incentivi al lavoro, spesa sanitaria e di tutti gli altri capitoli che premono alle porte del fortino dei conti.
Riassunto:?solo per sminare le clausole Iva (12,4 miliardi), finanziare le spese obbligatorie (3,5) ed evitare che interessi sul debito (4) e minore crescita (2,5) gonfino il deficit servono 22,4 miliardi. A meno di non caricare tutto il conto sull’indebitamento netto portandolo al 2% dallo 0,8% programmato.
Ma non è questa l’intenzione di Tria, che mercoledì in Parlamento ha ricordato di aver già avviato il «dialogo» con Bruxelles per individuare un percorso di correzione non troppo pesante per un’economia in frenata. L’obiettivo dichiarato è quello di «non peggiorare» l’indebitamento netto fissato per quest’anno (1% lo strutturale), con uno sconto da sei decimali di Pil:?si tratta di 11 miliardi, che al netto delle ricadute della complicata (e per ora impossibile da cifrare con precisione)?contabilità europea sulla crescita potenziale, dimezzerebbero quindi lo sforzo iniziale. Su questa base, oltre all’avvio di tassa piatta, reddito di cittadinanza e pensioni preme anche la ripresa della spesa sanitaria, che secondo il contratto di governo dovrebbe ricominciare a salire rispetto al Pil e non solo in termini nominali. Senza contare il rinnovo dei contratti del pubblico impiego (quelli appena firmati scadono il 31 dicembre), che avrebbe bisogno di un nuovo stanziamento (diretto per gli statali, a carico degli enti territoriali per gli altri) dopo i circa cinque miliardi dell’ultima tornata . La ministra della Pa Giulia Bongiorno ha promesso venerdì ai sindacati di «spingere» in questa direzione. Ma in ogni caso serviranno almeno i soldi per pagare le indennità di vacanza contrattuale.
Il Sole 24 ore
29 luglio 2018