Ecco la ricostruzione di come si sia arrivati ad inserire quella norma che in poche righe rischia di rimandare ancora il contratto atteso da dieci anni. Se non verrà abolita si dovrà fare infatti un nuovo accordo quadro sulle aree di contrattazione con tutto quello che ne consegue. Risultato? Niente contratto neanche per il 2019 e questo dopo il blocco che perdura ormai da dieci anni. Le Regioni dicono di non avere responsabilità ma le carte dimostrano il contrario
Il comma 687 della legge di Bilancio rappresenta una grave minaccia per il rinnovo dei contratti della dirigenza del Ssn. Il perché lo abbiamo già chiarito ma basti sottolineare che servirà un nuovo atto di indirizzo per il nuovo accordo quadro, poi il parere di Ragioneria e Corte dei conti, approvazione del Consiglio dei ministri, nuova determinazione della rappresentatività sindacale, nuovo atto di indirizzo per il contratto e quindi, per l’undicesimo anno consecutivo, niente contratto anche per il 2019.
Su chi abbia voluto e ideato quelle poche righe, che rischiano di prolungare ancora la chiusura degli accordi al palo da 10 anni, c’è la rincorsa a tirarsi indietro.
Per prime le Regioni che dichiarano di non avere nulla a che fare con quella norma che di fatto annulla i precedenti accordi quadro costringendo le parti a ridefinire le aree di contrattazione.
Ma fortunatamente le parole vanno e vengono, ma i fatti restano e anche grazie all’intelligenza artificiale sono reperibili e documentabili.
L’accordo sulle aree, tuttora in vigore, è stato stipulato il 13 luglio 2016 (allegato 1) e approvato all’unanimità da tutte le parti che lo hanno sottoscritto, vincolante anche per le Regioni e le autonomie. Tale accordo sostituiva il precedente del 1° febbraio 2008.
La collocazione della dirigenza professionale tecnica e amministrativa in area distinta da quella sanitarie era una precisa richiesta delle Regioni inoltrata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (allegato 2) e approvata da un accordo della Conferenza Stato Regioni (allegato 3) e recepita da ARAN e dalle Confederazioni sindacali nel contratto quadro.
Affermavano all’epoca le Regioni: Si propone il seguente emendamento: “All’articolo 40, comma 2, del d.lgs.165, dopo le parole” cui corrispondono non più di quattro aree per la dirigenza” aggiungere le seguenti parole: “fatto salvo per il comparto Regioni-Sanità per il quale sono previste due aree di cui una per il ruolo del SSN per gli effetti di cui all’art.15 d.lgs.502/92 e successive modificazioni”.
In pratica un’area per i dirigenti sanitari ex art.15 della 502/92 e un’area per la restante dirigenza del SSN. Convincente anche la motivazione: la nuova formulazione dei comparti di contrattazione e la nuova composizione dei comitati di settore pongono problemi applicativi relativamente alla rappresentanza di alcune aree contrattuali, in particolare per quel che riguarda la dirigenza medica e amministrativa del comparto Regioni-Sanità.
I successivi interventi di senso opposto, a distanza di anni, delle Regioni risulteranno incredibili e sconcertanti.
Quindi le Regioni dopo aver sollecitato l’istituzione di due aree distinte per la dirigenza sanitaria e PTA e aver avuto piena soddisfazione nell’accordo quadro del 13 luglio 2016, che tra l’altro inseriva tutta la dirigenza amministrativa in unica area consentendo di assorbire eventuali esuberi legati alla soppressione delle Province, improvvisamente cambiano idea.
Sconcertante la delibera della Conferenza delle Regioni del 9 novembre 2017 (allegato 4): “Fermo restando le aree di contrattazione collettiva per la dirigenza previste dall’articolo 7 del CCNQ del 13.07.2016 i dirigenti amministrativi e tecnici e professionali delle amministrazioni del servizio sanitario nazionale confluiscono in apposita sezione dell’area dirigenziale del comparto sanità”
Quindi non più due aree ma una sola.
Le motivazioni addotte erano le seguenti: l’emendamento prevede il passaggio dei dirigenti professionali, tecnici e amministrativi del sistema sanitario nazionale nell’area di contrattazione della Sanità.
Il passaggio si rende necessario a seguito del mancato esercizio della delega prevista dall’articolo 11 della legge 7 agosto 2015, n. 124, ed in particolare al comma 1, lettera b, punto 2 che prevedeva il passaggio della dirigenza professionale tecnica e amministrativa degli enti del sistema sanitario nazionale nel ruolo della dirigenza regionale. Il CCNQ del 13/7/2016 sulla base della previsione normativa di cui sopra aveva previsto l’inserimento dei dirigenti professionali, tecnici e amministrativi del sistema sanitario nazionale nell’area dirigenziale delle funzioni locali.
In occasione della discussione della legge di bilancio per il 2018 (quella del governo Gentiloni),spunta un emendamento da parte della Senatrice Comaroli (senatrice lombarda della Lega Nord) che recita: “Fermo restando le aree di contrattazione collettiva per la dirigenza previste dall’articolo 7 del CCNQ del 13.07.2016 i dirigenti amministrativi e tecnici e professionali delle amministrazioni del servizio sanitario nazionale confluiscono in apposita sezione dell’area dirigenziale del comparto sanità”, (allegato 5).
Sono le medesime parole della delibera della Conferenza delle Regioni di cui sopra sin troppo evidente l’origine dell’emendamento a meno che non si voglia invocare un suggeritore occulto di origine divina.
L’emendamento Comaroli venne giustamente giudicato inammissibile dalle commissioni parlamentari, si tratta infatti di norma regolamentare avulsa dalla natura finanziaria della legge di bilancio
Nel corso della legge di bilancio per il 2019 invece compare e viene inserito nel maxiemendamento e approvato senza parere diammissibilità per mancanza di tempo l’emendamento 1.2123 proposto dai Senatori Romeo, Rivolta, Ferrero, Zuliani e Solinas del gruppo Lega (allegato 6) che diventerà legge 145 del 30 dicembre 2018 art.1 comma 687:
“La dirigenza amministrativa, professionale e tecnica del Servizio sanitario nazionale, in considerazione della mancata attuazione nei termini previsti della delega di cui all’articolo 11 comma 1, lettera b), della legge 124 del 7 agosto 2015, rimane nei ruoli del personale del Servizio sanitario nazionale. Con apposito Accordo, ai sensi dell’articolo 40, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, tra Aran e Confederazioni sindacali si provvede alla modifica del Contratto collettivo quadro per la definizione delle aree e dei comparti di contrattazione per il triennio 2016-2018 del 13 luglio 2016”.
Si noti la totale assonanza con il deliberato della Conferenza delle Regioni anche con riferimento al mancato esercizio della delega.
Anche la relazione di accompagnamento è sostanzialmente identica:
“Articolo 1, comma 687 (Norme in materia di dirigenza del SSN).
Le norme, introdotte dal Senato, prevedono la permanenza nei ruoli del Servizio sanitario nazionale della dirigenza amministrativa, professionale e tecnica in considerazione della mancata attuazione della delega di cui all’articolo 11, comma1, lettera b), della legge n. 124 del 7 agosto 2015, riguardante l’istituzione del ruolo unico dei dirigenti regionali e l’inclusione in detto ruolo della predetta dirigenza del SSN. La norma dispone altresì che con apposito Accordo tra Aran e OO.SS. si provvede alla modifica del CCNQ 13 luglio 2016 che, anteriormente alla scadenza della predetta delega, aveva collocato la dirigenza in parola nell’Area delle funzioni locali, al fine di ricondurre la stessa nell’Area della sanità. Il prospetto riepilogativo non ascrive alle norme effetti sui saldi di finanza pubblica. La relazione tecnica ribadisce il contenuto delle norme e afferma che la modifica del CCNQ 13 luglio 2016 non interviene sul numero dei comparti e delle aree di contrattazione e non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.”
Dunque nessuno cada dal pero è evidente che non solo l’ispirazione ma anche l’estensione della norma origina dal dettato del deliberato della Conferenza delle Regioni a cui va ascritta la piena responsabilità del provvedimento recepito sollecitamente dal Governo.
Non sappiamo se tali atteggiamenti siano il frutto di iniziative tecniche o politiche ma certamente le fonti sono chiare. Probabilmente non tutti gli attori attuali sono edotti delle puntate precedenti.
È indispensabile sapere che l’accordo sulle aree è un adempimento preliminare indispensabile per l’avvio di tutti i tavoli contrattuali: esso infatti disciplina non solo il numero dei contratti ma anche l’inquadramento di tutte le categorie del pubblico impiego nei singoli contratti nonché le rappresentanze sindacali e datoriali legittimate a partecipare alla trattativa.
Se come avvenuto con il comma 687 della recente legge di bilancio si manomette tale accordo salta tutto l’impianto e se passa l’interpretazione che la norma è retroattiva allora per 150.000 medici e dirigenti del SSN e degli Enti locali dopo dieci anni di blocco si riparte da zero, con un infinità di adempimenti: nuovo atto di indirizzo per accordo quadro, ipotesi accordo quadro con parere di Ragioneria e Corte conti, approvazione Consiglio dei ministri, nuova determinazione rappresentatività sindacale , nuovo atto di indirizzo per il contratto e quindi per l’undicesimo anno consecutivo niente contratto anche per il 2019.
Peraltro non uguale riscontro e diligente applicazione trova un altro deliberato della Conferenza delle Regioni sulla RIA,emendamento fatto proprio dalle Organizzazioni sindacali e dalla scrivente Confederazione.
Proprio nella citata delibera della Conferenza delle regioni del 13 novembre 2017 (allegato 4) si afferma:
“Retribuzione individuale di anzianità. 1. Le risorse della retribuzione individuale di anzianità del personale cessato con decorrenza 1° gennaio 2017 implementano i fondi per la contrattazione decentrata integrativa e non rilevano ai fini dell’applicazione del comma 2 dell’art.23.
2. Per gli Enti del Servizio Sanitario Nazionale, il contratto collettivo nazionale può disciplinare le modalità di attribuzione favorendo la tendenziale perequazione tra aziende diverse della stessa Regione.”
Condivisibile anche il razionale: “Occorre incrementare i fondi per la contrattazione decentrata integrativa con la retribuzione individuale di anzianità”.
Esattamente quanto chiedono da tempo le organizzazioni sindacali e che dovrebbe coincidere con la volontà espressa dalle Regioni, se le parole hanno ancora un senso.
Quello della RIA è il principale ostacolo alla sottoscrizione del contratto apparentemente condiviso anche negli atti deliberativi da tutte le parti in causa.
Per questo a parole il contratto dovrebbe essere cosa fatta a meno che i fatti contraddicano clamorosamente le parole, in tal caso occorre una seria riflessione politica e una chiara assunzione di responsabilità.
Nel frattempo l’abrogazione immediata del comma 687 è urgente e indifferibile sin dal prossimo provvedimento legislativo in calendario.
Dott. Giorgio Cavallero
Segretario generale Cosmed
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Allegato 1
Allegato 2
Allegato 3
Allegato 4
Allegato 5
Allegato 6